La faida Musk-Altman: una tempesta perfetta che minaccia i giochi di potere di Trump?

Anita Innocenti

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Tra faide personali, mire politiche e interessi economici, la guerra tra i due colossi tecnologici rischia di destabilizzare gli equilibri in Medio Oriente e di favorire l’ascesa della Cina nel settore dell’intelligenza artificiale.

La profonda rivalità tra i titani dell'AI Elon Musk e Sam Altman ha ripercussioni sulla geopolitica globale, complicando i piani di Donald Trump in Medio Oriente. Le divergenti visioni sull'AI e le dispute legali creano incertezza per i partner internazionali, favorendo potenzialmente concorrenti come la Cina.

La faida Musk-Altman: una tempesta perfetta che minaccia Trump

Te lo dico subito, schietto come sempre: la telenovela tra Elon Musk e Sam Altman, i due pesi massimi dell’intelligenza artificiale, sta diventando molto più di una semplice lite tra miliardari.

Qui la faccenda si fa seria e rischia di mandare all’aria i delicati equilibri che l’ex presidente Donald Trump sta cercando, o dice di cercare, di costruire in Medio Oriente.

Eh sì, perché quando due figure così ingombranti, con le mani in pasta nell’AI, iniziano a farsi la guerra, le onde d’urto arrivano ovunque, persino negli uffici dove si decidono le sorti della geopolitica.

Ma andiamo con ordine, perché qui c’è ciccia da analizzare.

Sai, la storia tra Musk – quello di Tesla, SpaceX e ora anche xAI – e Altman, il boss di OpenAI (sì, proprio quelli di ChatGPT), è un classico copione da Silicon Valley: prima amici e soci fondatori di OpenAI nel lontano 2015, poi nemici giurati per colpa di visioni che più diverse non si può.

Musk, che ha sbattuto la porta di OpenAI nel 2018, non ha perso tempo e ha fatto causa all’azienda, accusandola, come riportato dal Los Angeles Times, di aver tradito la sua missione originaria no-profit per inseguire il vil denaro.

E come se non bastasse, nel 2025 ha calato l’asso (o la bomba, dipende dai punti di vista): un’offerta da ben 97,4 miliardi di dollari per comprarsi tutta la baracca for-profit di OpenAI.

Un tentativo, dicono i maligni ma forse non troppo, di mettere i bastoni tra le ruote ad Altman.

E qui entra in gioco la politica, quella con la P maiuscola.

Perché, vedi, Musk sembra avere un filo diretto con Trump, tanto che l’ex presidente pare chiedergli consiglio sull’AI.

Dall’altra parte, Altman non ha mai nascosto la sua avversione per la linea trumpiana, anzi, si è pure guadagnato pacche sulle spalle dalla Silicon Valley per il suo impegno a “sconfiggere Trump”.

Capisci bene che con queste premesse, la loro faida personale diventa un campo di battaglia dove si gioca anche il futuro indirizzo tecnologico e politico degli Stati Uniti.

E la domanda sorge spontanea:

questa guerra intestina tra geni dell’AI è davvero solo frutto di divergenze ideologiche o c’è sotto qualcosa di molto più grande che rischia di sfuggirci di mano, trascinando con sé anche le ambizioni diplomatiche?

Scacchiere mediorientale: quando le bizze dei miliardari tech complicano i piani di Trump

E infatti, le conseguenze di questa “guerra dei Roses” in salsa tech si stanno già vedendo, e pesano come macigni sulle trattative di Trump con i Paesi del Golfo, tipo l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti.

Nazioni che, non dimentichiamolo, stanno investendo cifre da capogiro per diventare protagoniste nell’intelligenza artificiale.

E tu capisci che, in un contesto del genere, avere due “campioni” americani dell’AI che si tirano gli stracci addosso non è proprio il massimo per chi cerca partner affidabili e una linea strategica chiara.

Immagina la scena: da una parte hai Musk con la sua xAI che, stando a quanto si legge su OpenTools, predica un approccio cauto e regolamentato allo sviluppo dell’AI, magari più allineato agli interessi di sicurezza nazionale USA – o almeno, così dice lui.

Dall’altra, c’è Altman con OpenAI che spinge per una diffusione rapida degli strumenti di AI, puntando sull’accessibilità globale, come emerge dalle analisi di YourStory.

Ora, mettiti nei panni di un emiro o di un principe saudita: a chi dai retta?

A chi affidi i tuoi miliardi e il futuro tecnologico del tuo Paese?

Non è una scelta facile, soprattutto se i due litiganti offrono visioni così divergenti, quasi a voler frammentare il fronte occidentale.

Ma non è solo una questione di visioni contrapposte.

Le continue beghe legali e gli attacchi pubblici di Musk a OpenAI, diciamocelo, distraggono e non poco.

Pensa che, secondo Axios, la sua clamorosa offerta da quasi 100 miliardi di dollari per OpenAI è arrivata proprio mentre Trump cercava di chiudere un accordo per una partnership sull’AI con l’Arabia Saudita.

Risultato?

L’eco dell’offerta ha quasi messo in ombra l’iniziativa diplomatica.

E qui viene da chiedersi: pura coincidenza o una mossa calcolata per sabotare, magari involontariamente, gli sforzi altrui?

Adam Elan, un esperto legale citato sempre dal Los Angeles Times, è piuttosto pessimista: la via del compromesso sembra sbarrata, perché né Musk né Altman paiono disposti a fare un passo indietro.

E questo stallo, avverte, rischia di minare una politica USA coerente sull’AI.

Come se non bastasse, c’è chi, come gli analisti di Semafor, sussurra che tutta questa zuffa interna non faccia altro che il gioco della Cina, che ringrazia e continua la sua corsa indisturbata nell’AI.

Insomma, un bel pasticcio.

Ma siamo sicuri che i veri interessi in gioco siano solo quelli dichiarati, o stiamo assistendo a una partita molto più sporca che coinvolge poteri economici e influenze che vanno ben oltre la semplice innovazione tecnologica?

Dietro le quinte della Silicon Valley: geni incompresi, filantropi mancati o abili burattinai?

Per capire bene questa matassa, bisogna fare un passo indietro.

OpenAI, te lo ricordo, era partita come una specie di missione no-profit, con la nobile intenzione di democratizzare l’intelligenza artificiale, come raccontano su Marketing4Ecommerce. Poi, però, qualcosa è cambiato. Altman ha virato verso un modello più orientato al profitto e qui sono iniziate le vere scintille con Musk. Lui, che temeva (o dice di temere) che la commercializzazione spinta avrebbe messo i soldi davanti alla sicurezza, ha deciso di portare la questione in tribunale.

Una mossa da paladino della giustizia o un modo per rientrare dalla finestra in un gioco da cui si sentiva escluso?

Lascio a te la riflessione.

Di recente, c’è stato pure un timido tentativo di riappacificazione via social: Altman ha teso la mano a Musk con un tweet che suonava più o meno come “l’intelligenza artificiale generale è troppo importante per farcela rovinare da una piccola lite”, come riportato ancora dal Business Standard. E questo silenzio la dice lunga su quanto profonda sia la frattura.

Risposta di Musk?

Silenzio stampa, almeno per ora.

Ma è solo orgoglio ferito o c’è una strategia precisa dietro questo muro contro muro?

Alla fine della fiera, quello che sta succedendo tra Musk e Altman è molto più di un pettegolezzo da corridoi della Silicon Valley. E mentre questi due “titani” si scornano, Trump si ritrova a dover gestire accordi internazionali delicatissimi in Medio Oriente, con la Cina e la Russia che, zitte zitte, avanzano a grandi passi nel campo dell’AI, pronte a riempire ogni vuoto lasciato dagli USA.

Ci sbatte in faccia una domanda enorme, quasi filosofica:

L’AI deve svilupparsi con il freno a mano tirato, privilegiando la cautela come vorrebbe Musk, o deve correre veloce verso l’innovazione, come spinge Altman?

Viene da chiedersi se queste grandi aziende tech, con il loro potere quasi smisurato, stiano davvero lavorando per il “bene comune” o se, dietro le belle parole sull’innovazione e il progresso, non ci siano agende personali e giochi di potere che rischiano di costare cari a tutti.

E noi, da spettatori, cosa dovremmo pensare di questi personaggi che sembrano usciti da un film, a metà tra geni visionari e capricciosi imperatori digitali?

La partita è apertissima, e il finale, te lo assicuro, è tutt’altro che scontato.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

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