Google sfodera l’AI anti-truffa: protezione reale o tentativo velleitario?

Anita Innocenti

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Tra annunci roboanti e dati contrastanti, l’IA di Google alza un muro contro le truffe online, ma la strada per la sicurezza digitale appare ancora disseminata di insidie e interrogativi

Google ha presentato le sue nuove difese basate sull'Intelligenza Artificiale per contrastare le truffe online sempre più sofisticate. Vengono potenziati Chrome, Android e messaggi con l'IA Gemini Nano. Nonostante i successi dichiarati, dati recenti mostrano un aumento delle truffe generate dall'AI e dubbi sull'efficacia totale, sollevando interrogativi sul reale impatto.

Google sfodera l’IA anti-truffa: ma siamo davvero più protetti o è solo fumo negli occhi?

Google è uscita con il suo ultimo bollettino su frodi e truffe, quello di maggio 2025, annunciando in pompa magna nuove difese basate sull’Intelligenza Artificiale. L’idea, ci dicono, è contrastare i malintenzionati che ormai usano l’IA generativa per creare raggiri sempre più sofisticati, come pagine di phishing che vedono come finti testimonial perfino attori di Hollywood.

Belle promesse, certo.

Google ci spiega che ha potenziato Chrome, Android e persino i messaggi per tenerci (in teoria) più al sicuro. Ad esempio, il colosso di Mountain View sbandiera la sua IA Gemini Nano, ora integrata in Chrome (nella modalità Protezione Avanzata), che dovrebbe scovare le pagine truffa “camuffate” in tempo reale. Parlano di bloccare un numero di siti fraudolenti 20 volte superiore rispetto ai sistemi del 2022, come riportato da PYMNTS.com. Un bel passo avanti, sulla carta, soprattutto contro quei cyber-criminali che mostrano una facciata innocua ai motori di ricerca per poi colpirti quando meno te lo aspetti.

E non finisce qui:

l’IA, a quanto pare, ora mastica 48 lingue per scovare reti di truffatori internazionali, specialmente quelli che clonano i siti dei servizi governativi. Pure il tuo smartphone Android dovrebbe suonare l’allarme se qualche app si comporta in modo sospetto con le notifiche.

Tutto questo suona quasi troppo bello per essere vero, vero? Ma al di là degli annunci roboanti, cosa dicono i numeri reali e chi con queste truffe ci lavora ogni santo giorno?

Luci ed ombre: tra esperti plaudenti e dati che fanno riflettere

C’è chi, come il Dr. Martin Kraemer, la cui opinione è stata riportata su Galactic Advisors, vede il bicchiere mezzo pieno e loda l’approccio di Google, sostenendo che questi miglioramenti costringono i truffatori a faticare di più, alzando i “costi” del loro sporco mestiere.

Bene, fa piacere sentirlo.

Però, poi arriva Security Magazine e ti sbatte in faccia un dato che, diciamocelo, fa un po’ cascare le braccia: il 63% delle app bancarie clonate, quelle fatte apposta per ripulirti il conto, riescono ancora a eludere i controlli tradizionali degli app store.

Capisci bene che forse la coperta è un po’ corta.

Google, dal canto suo, ci ricorda i suoi sforzi passati, come il blocco di 5,5 miliardi di annunci malevoli nel 2023 e la riduzione del 70% del traffico verso finti siti governativi, come descritto sul blog di Google.

Numeri che impressionano, non c’è dubbio.

Peccato che la stessa Google, nel suo recente report sulla trasparenza (Q1 2025), ammetta candidamente che le truffe generate proprio con l’Intelligenza Artificiale sono aumentate del 41% rispetto all’anno precedente, soprattutto quelle legate a finti investimenti in criptovalute.

Un momento: ma l’IA non doveva essere la nostra paladina? O forse stiamo assistendo a un gioco in cui chi crea il “mostro” poi si propone anche come l’unico in grado di domarlo?

Insomma, tra dichiarazioni trionfalistiche e cifre che lasciano più di un dubbio, la strada per dormire sonni tranquilli sembra ancora lunga.

E sorge spontanea una domanda: qual è il vero ruolo di questi colossi tecnologici che sembrano avere in mano sia il veleno che l’antidoto?

Il grande gioco dell’IA: protezione reale o strategia di immagine?

Mentre Google ci assicura che la sua nuova IA lavora direttamente sui nostri dispositivi per tutelare la privacy – gesto apprezzabile, non c’è che dire – organizzazioni per i diritti digitali come la Electronic Frontier Foundation (EFF) non sembrano bersele tutte.

Anzi, chiedono a gran voce più trasparenza e, soprattutto, più controllo per noi utenti su queste “funzionalità di monitoraggio AI”.

Già, perché fidarsi è bene, ma capire cosa fanno davvero questi algoritmi con i nostri dati è decisamente meglio.

Nel frattempo, il dibattito su come regolamentare gli strumenti di IA generativa, quelli che i truffatori usano con disinvoltura per imitare voci di manager o falsificare documenti ufficiali, è più acceso che mai, ma di soluzioni concrete se ne vedono poche.

È un po’ come dare una pistola carica in mano a chiunque e poi stupirsi se qualcuno la usa per fare danni.

E mentre si discute, l’INTERPOL con la sua “Operation Hive” cerca di smantellare i call center della truffa sparsi per il mondo, segno che, forse, una qualche collaborazione tra le big tech e le forze dell’ordine sta prendendo (lentamente) forma.

Google, ovviamente, non perde occasione per lucidarsi l’immagine, annunciando l’aggiornamento del suo Phishing Quiz per la formazione dei dipendenti e sbandierando partnership con la Global Anti-Scam Alliance.

Tutto molto lodevole, per carità.

Ma il dubbio resta, ed è lecito chiederselo:

queste iniziative sono il frutto di un impegno genuino per arginare un problema che, in parte, proprio la corsa sfrenata alla tecnologia più avanzata ha contribuito a creare?

O si tratta piuttosto di ben orchestrate operazioni di marketing, utili a mantenere calma l’opinione pubblica mentre il business dell’IA continua a macinare profitti, con tutti i rischi che ne conseguono?

Ai posteri, come si suol dire, l’ardua sentenza.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

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