Google lancia l’AI Futures Fund: opportunità o strategia?

Anita Innocenti

L’iniziativa di Google promette accelerazione e risorse per le startup AI, ma solleva interrogativi sull’effettiva autonomia e sui potenziali vincoli futuri.

Google ha lanciato l'AI Futures Fund, un fondo per supportare le startup che usano la sua intelligenza artificiale generativa. L'iniziativa offre accesso ai modelli, crediti Google Cloud e investimenti. Obiettivo: accelerare l'innovazione. Tuttavia, sorgono dubbi sulla dipendenza delle startup dall'ecosistema Google e sulle reali motivazioni dietro l'iniziativa del colosso tecnologico.

Google lancia l’AI futures fund: ma è davvero oro colato per le startup?

Google, il gigante che ormai conosciamo bene, ha appena tirato fuori dal cilindro un nuovo giocattolino, l’AI Futures Fund.

A sentir loro, è un’iniziativa pensata per dare una spinta alle startup che lavorano con l’intelligenza artificiale generativa, quelle che usano i loro modelli più avanzati come Gemini, Imagen e Veo.

L’idea, sulla carta, è quella di accelerare l’innovazione, ma viene da chiedersi:

È davvero un aiuto disinteressato o c’è sotto qualcos’altro?

Dopotutto, quando parliamo di colossi come Google, un po’ di sano scetticismo non guasta mai, non trovi?

In pratica, cosa mettono sul piatto per queste startup “fortunate”?

Promettono accesso anticipato ai loro modelli AI più recenti – roba che ancora pochi hanno visto –, la possibilità di collaborare spalla a spalla con gli specialisti di Google (ingegneri, designer, strateghi di mercato, tutta gente che sa il fatto suo, almeno così dicono), crediti per usare Google Cloud (che, guarda caso, è sempre roba loro) e, per le più promettenti, pure un investimento economico diretto.

Sembra tutto molto bello, quasi un invito a nozze per chi sogna di sfondare nel mondo AI.

Ma la domanda sorge spontanea:

Quanto è “libera” questa collaborazione? E quanto lega queste startup all’ecosistema Google, magari limitando le loro scelte future?

Chi c’è dietro le quinte? Le prime startup “benedette” da Google

E chi sono queste prime startup entrate nelle grazie di Google? Ne hanno nominate tre, giusto per darci un’idea.

C’è Toonsutra, dall’India, che sta usando il modello Gemini per tradurre fumetti digitali in un sacco di lingue locali – una mossa furba, considerando quanto poco contenuto c’è online nelle lingue indiane, come riportato proprio da Pulse2.

Poi c’è Viggle, che gioca con i modelli Veo e Imagen per creare meme video generati dall’IA – perché, diciamocelo, i meme ormai muovono il mondo (e un bel po’ di soldi).

Infine, Rooms, che sta sperimentando con Gemini per costruire ambienti 3D, strizzando l’occhio al metaverso che tutti danno per morto ma che forse ha ancora qualche cartuccia da sparare, come descritto sul blog ufficiale di Google.

Interessante vedere come ognuna sfrutti una capacità diversa dell’AI di Google.

Ma viene da pensare: sono state scelte perché davvero rivoluzionarie o perché perfette per mostrare al mondo quanto sono bravi i modelli di Google?

La solita strategia Google o una vera svolta per l’innovazione?

Questa mossa, diciamocelo, non arriva dal nulla. Fa parte di una strategia più ampia di Alphabet (la casa madre di Google) che da anni investe in startup tramite bracci come Google Ventures e Google Capital, come ci ricorda Marketscreener. La differenza, qui, è il focus specifico sull’IA generativa, un campo dove Google sta cercando disperatamente di recuperare terreno (o almeno, di non perderne altro) rispetto ai concorrenti. Questo fondo si aggiunge ad altri investimenti recenti, come quelli per usare l’IA per modernizzare la rete elettrica americana (ne parlavano sul loro blog ad Aprile).

Quindi, è un segnale forte che Google punti tutto sull’IA, questo è chiaro.

Ma la domanda rimane:

questo fondo aiuterà davvero a creare un ecosistema IA più vario e innovativo, o servirà principalmente a Google per “adottare” le idee migliori, standardizzare i propri modelli e assicurarsi che le prossime grandi scoperte nascano e crescano sotto la sua ala protettrice (e magari un po’ ingombrante)?

Staremo a vedere, ma tenere gli occhi aperti è d’obbligo.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

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