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Contattaci ora →La nuova funzione suggerisce le domande da porre, rafforzando il controllo di Google sull’esperienza di ricerca e sollevando interrogativi sul futuro del web aperto.
Google AI Mode introduce la funzione "People Also Search For", suggerendo domande agli utenti. Questa mossa rafforza il controllo di Google sulla ricerca, trasformandola da semplice indice a conversazione guidata. Sorgono dubbi sull'autonomia degli utenti e sulla visibilità dei contenuti, con Google che gestisce non solo le risposte, ma anche i quesiti, mutando profondamente il panorama web.
Google AI Mode: non più solo risposte, ora ti suggerisce anche le domande
Google ha aggiunto un altro tassello al suo nuovo modo di intendere la ricerca. All’interno della sua AI Mode, la modalità di ricerca conversazionale che sta lentamente prendendo piede negli Stati Uniti, è spuntata la funzione “People Also Search For”.
Diciamocelo, a prima vista sembra una piccola aggiunta, quasi banale.
Ma siamo sicuri che sia solo questo?
Potrebbe essere, in realtà, un indizio molto più grande su dove Google vuole portarci tutti, controllando non solo le risposte che riceviamo, ma anche le domande che ci vengono in mente.
La mossa, riportata da Search Engine Roundtable, va a inserirsi in un sistema che già di per sé sta riscrivendo le regole del gioco. L’AI Mode, infatti, non è una semplice evoluzione della ricerca a cui sei abituato.
È un’esperienza che trasforma la ricerca “da una lista statica di link a una conversazione intelligente e orientata al compito”.
Ma dietro questa facciata quasi futuristica, si nasconde un meccanismo che solleva qualche interrogativo.
Il trucco dietro al sipario: come funziona davvero l’AI Mode
Per fornirti la sua risposta “unica”, l’AI Mode di Google usa una tecnica che l’azienda chiama “query fan-out“. In pratica, prende la tua domanda, la scompone, e va a pescare informazioni da decine di siti web diversi.
L’esperta SEO Marie Haynes ha documentato un caso in cui il sistema ha consultato ben 59 siti per generare una singola risposta, per poi però mostrarne solo quattro in evidenza.
Questo significa che Google sta di fatto riassumendo, e in un certo senso appropriandosi, del lavoro di decine di creatori di contenuti, per poi presentarlo come farina del suo sacco, dando visibilità solo a una manciata di fortunati.
Questa logica cambia tutto.
Non si tratta più di posizionarsi al primo posto, ma di sperare di essere scelti dall’algoritmo come una delle fonti “degne” di essere incluse nel suo collage di informazioni.
E il bello è che, al momento, Google non fornisce dati chiari in Search Console su questo tipo di traffico. Lascia i proprietari di siti e le aziende senza la minima idea di cosa stia funzionando e cosa no.
Il dubbio che non sia un caso, ma una scelta strategica per mantenere il controllo, è più che lecito.
“È per il bene degli utenti”: la narrativa di Google contro la realtà dei fatti
Sul suo blog per sviluppatori, Google rassicura tutti, affermando che “l’unica cosa prevedibile nella Ricerca è che si evolve sempre, perché le esigenze delle persone sono in continua evoluzione”. Presentano l’AI Mode come la naturale conseguenza di questo processo.
La realtà, però, sembra un po’ diversa.
Non è solo un’evoluzione, è un cambio di potere.
Google sta passando dall’essere un indice che ti indirizza verso le informazioni, a diventare l’unica fonte di cui hai bisogno, l’oracolo che non solo ti dà la risposta, ma che ora, con la funzione “People Also Search For”, ti suggerisce anche la prossima domanda da porre.
Questo nuovo tassello, per quanto piccolo possa sembrare, rafforza un percorso ben preciso: creare un ambiente chiuso dove l’utente viene guidato, passo dopo passo, all’interno della bolla di Google.
Il rischio è che un web aperto e diversificato, dove ognuno poteva trovare la sua nicchia e la sua visibilità, venga lentamente sostituito da un monologo gestito da un’unica, gigantesca entità.
E questo, forse, dovrebbe preoccuparci un po’ di più della comodità di una risposta immediata.
Dunque, Google decide cosa chiediamo, oltre a cosa leggiamo. Affascinante la gestione del flusso informativo, anche se la nostra parte nel dialogo diventa un po’ ridondante.
La conversazione è ora un monologo guidato, utile per chi non sa cosa chiedere.
Google ora guida anche la curiosità. Un navigatore che non solo indica la rotta, ma sceglie anche le destinazioni. Un po’ come avere un maggiordomo che decide cosa desideri.
Ah, il solito copione: prima ti danno la pappa pronta, poi ti suggeriscono pure che fame avere. Praticamente, decidono loro pure se hai bisogno di un caffè o di un pisolino.
È un’evoluzione prevedibile, questa mossa. Google non si limita più a fornire risposte, ma plasma attivamente la nostra ricerca. Interessante vedere come la curiosità venga ora “guidata” verso percorsi predefiniti, una prospettiva alquanto selettiva sul futuro del web.