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Contattaci ora →L’IA di Google diventa un lusso per pochi negli USA, offrendo funzionalità avanzate a chi sottoscrive un abbonamento premium, aprendo un dibattito sull’equità di accesso all’informazione
Google ha lanciato nuove funzionalità AI, Gemini 2.5 Pro e Deep Search, esclusivamente per gli abbonati premium americani. Questa mossa crea una ricerca a "due velocità", offrendo strumenti avanzati e la capacità dell'IA di interagire con le attività commerciali. La strategia mira a monetizzare l'intelligenza artificiale, sollevando interrogativi sull'intermediazione e l'impatto futuro per le imprese.
Google alza un muro: le funzioni premium che dividono gli utenti
Non si tratta di una semplice rifinitura. L’integrazione di Gemini 2.5 Pro nella cosiddetta “AI Mode” di Google Search promette un salto di qualità notevole nell’analisi di problemi complessi, nella scrittura di codice e nella risoluzione di quesiti matematici. In pratica, per le ricerche più ardue, puoi chiedere al motore di ricerca di “pensare” con un cervello più potente.
E poi c’è il pezzo da novanta: Deep Search. Questa funzione, attivabile manualmente, non si limita a darti una lista di link, ma analizza centinaia di fonti contemporaneamente per costruire un report dettagliato e citato su argomenti che richiedono una ricerca approfondita, come un piano finanziario o una tesi accademica.
Bello, vero?
Forse.
Ma questa potenza ha un costo, e non parlo solo dei 10 o 20 dollari al mese.
Il vero cambiamento, infatti, non è tanto nella tecnologia, quanto nell’impatto che avrà sul nostro modo di interagire con il mondo digitale e, soprattutto, con le aziende reali.
L’IA al telefono: comodità o un nuovo intermediario?
La novità che forse fa più discutere è la capacità, per ora limitata ad alcuni settori, dell’intelligenza artificiale di Google di contattare direttamente le attività commerciali. Immagina di cercare un servizio, come la toelettatura per il tuo cane, e di poter delegare a Google il compito di telefonare per chiedere prezzi e disponibilità. L’assistente IA fa la chiamata per te e ti restituisce le risposte direttamente nei risultati di ricerca.
Comodo, senza dubbio.
Ma qui sorge una domanda, e non è da poco: stiamo davvero guadagnando in comodità o stiamo solo permettendo a Google di diventare l’intermediario definitivo tra i clienti e le piccole imprese?
Per un’attività locale, essere raggiungibile e trasparente con i propri clienti è tutto. Cosa succede quando tra te e il tuo potenziale cliente si inserisce un automa gestito da una multinazionale, che decide come e quali informazioni riportare?
Come evidenziato da Search Engine Journal, gli esperti di marketing digitale già faticano a decifrare le logiche opache con cui l’IA seleziona le informazioni, e questa nuova funzione non fa che aggiungere un ulteriore strato di complessità e, diciamocelo, di dipendenza.
E questa mossa non è affatto casuale, ma si inserisce in una strategia ben più ampia, che sta diventando ogni giorno più palese.
La strategia è chiara: monetizzare l’intelligenza artificiale
Diciamolo senza troppi giri di parole: Google sta costruendo un futuro della ricerca a due velocità. Da una parte, una versione gratuita che continuerà a funzionare come sempre; dall’altra, una versione “potenziata” e a pagamento che non si limita a trovare informazioni, ma agisce per conto dell’utente.
Questo rollout, per ora confinato agli Stati Uniti e ai piani a pagamento, ha tutto il sapore di un test su larga scala per capire fino a che punto gli utenti sono disposti a pagare per avere un assistente personale integrato nella ricerca.
In pratica, Google sta creando una sorta di “corsia preferenziale” che non solo offre risposte migliori, ma anche servizi attivi.
Il rischio, per chi fa business online, è che rimanere nella “corsia standard” possa significare, nel lungo periodo, diventare invisibili a quella fetta di utenti disposti a pagare per un’esperienza di navigazione più efficiente.
La ricerca, così come la conoscevamo, sta cambiando pelle.
E la domanda che dovremmo porci non è tanto “cosa possono fare questi nuovi strumenti?”, ma piuttosto “in che tipo di web ci stanno portando?”.
Ah, quindi la magia ora è a pagamento. Benissimo.
Ecco che il progresso si trasforma in un privilegio, un sipario dorato che nasconde le luci della ribalta a chi non può permetterselo. Un vero e proprio “show” a due velocità.
Ah, quindi il cervello potenziato di Google ha un costo. Come se non bastasse pagare per la connessione, ora pure per il pensiero di qualità. La parità di accesso all’informazione è un concetto così… 2023.
Ovvio, il progresso è riservato agli USA. Il resto del mondo continua a usare la versione base, immagino.
L’IA che pensa? Certo, solo se hai il portafoglio gonfio. Che genialata.
Il “cervello” di Google ha un prezzo. Chi paga di più, pensa di più? Ironico.
Il progresso ha prezzo. Chi può, paga. Gli altri? Restano a guardare, che novità.
L’accesso all’intelligenza si paga. Un gatekeeper, non un passo avanti. Il progresso ha un cartellino.
Certo, ecco il commento:
“Era ovvio. L’intelligenza artificiale, come ogni altra cosa, finirà per essere un prodotto per chi può permettersi di pagare. Niente di nuovo sotto il sole, solo un altro modo per dividere il mondo.