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Contattaci ora →Tra nuove funzioni e promesse di interazioni più approfondite, si teme un ulteriore accentramento del potere nelle mani di Google, a discapito dei creatori di contenuti indipendenti.
Google sperimenta le nuove funzioni AI "Follow Up" e "Dive Deeper" nella Ricerca, basate su Gemini. Presentate come strumenti per approfondire, esperti SEO temono un ulteriore calo del traffico verso i siti esterni, con benefici quasi esclusivi per l'ecosistema Google. La qualità e neutralità delle risposte AI restano incerte.
Google e l’AI nella ricerca: nuove mosse o il solito fumo negli occhi?
Pare che a Mountain View non si dorma mai sugli allori, specialmente quando si tratta di intelligenza artificiale e del loro motore di ricerca. Stando a quanto sganciato di recente da Search Engine Roundtable, Google starebbe testando delle nuove funzionalità chiamate “Follow Up” e “Dive Deeper” all’interno della sua tanto decantata AI Mode.
Te la ricordi l’AI Mode, vero?
Quella modalità di ricerca pompata da Gemini – si parla addirittura della versione 2.5 – che dovrebbe capire le nostre domande più complesse e sfornare risposte da primo della classe. Dopo il lancio negli Stati Uniti, avvenuto, a quanto pare, intorno a maggio 2024 (come descritto da Writesonic), adesso si sperimentano questi nuovi modi per farci “dialogare” con l’AI.
L’idea, almeno sulla carta, è di rendere l’interazione più fluida e approfondita.
Ma queste nuove funzionalità sono davvero pensate per darci una mano o c’è sotto qualcos’altro, tipo tenerci ancora più incollati all’ecosistema di Google, magari facendoci dimenticare che esistono altri siti là fuori?
“Follow up” e “dive deeper”: come Google vuole (ri)educarci alla ricerca
Vediamo un po’ più da vicino queste due novità. Con “Follow Up”, Google ci promette la possibilità di fare domande successive in modo contestuale. Immagina di chiedere info sul cambiamento climatico e poi, senza dover ripetere tutto da capo, poter aggiungere: “E come impatta sulle città costiere?”.
Comodo, vero?
O forse è un modo per guidarci passo passo, facendoci formulare domande sempre più specifiche finché la risposta non è così completa da non farci sentire il bisogno di cliccare altrove?
Poi c’è “Dive Deeper”, che suona ancora più fantascientifico. Qui Google, come racconta sul suo blog, scatenerebbe una tecnica chiamata “query fan-out”, che in pratica significa lanciare centinaia di sotto-ricerche per mettere insieme rapporti super dettagliati su argomenti complessi. Pensa a ricerche mediche o alla pianificazione di viaggi multi-tappa.
Impressionante, non c’è che dire.
Peccato che, mentre ci si riempie la bocca con termini come “reasoning avanzato” e “sintesi da fonti diverse”, la domanda sorga spontanea: chi controlla la qualità, la neutralità e la provenienza di queste informazioni “sintetizzate”?
E i siti da cui questi dati vengono presi, che fine fanno se l’utente trova già tutto pronto nel comodo pacchetto offerto da Google?
Bello, bellissimo,
ma mentre Google si autocelebra per queste meraviglie tecnologiche, c’è chi, là fuori nel web reale, inizia a sentire puzza di bruciato… e non è l’arrosto della domenica.
La giostra dell’AI: chi paga il biglietto della “nuova” ricerca Google?
E infatti, le prime reazioni dal mondo SEO non si sono fatte attendere. Esperti come Lily Ray hanno già messo le mani avanti, facendo notare, come le AI Overviews siano spesso farcite di link che portano… udite udite… ad altre pagine di Google!
Te ne parlavo qui, ricordi?
E il traffico ai siti esterni?
Un miraggio per molti.
Agenzie come Ice Cube Digital, dal canto loro, già consigliano ai publisher di correre ai ripari, ottimizzando i contenuti per rispondere direttamente alle domande e usando dati strutturati a manetta. In pratica: o ti adegui, o rischi di sparire dai radar.
Certo, Google si difende dicendo che tutto questo serve ad “aiutare gli utenti a esplorare argomenti efficientemente mentre scoprono siti web rilevanti”.
Ma quali siti, se poi i dati ci dicono che, da quando queste AI Overviews hanno preso piede, alcuni settori hanno visto un calo del traffico organico anche del 15-20%? Viene da chiedersi se l’obiettivo sia davvero la “scoperta” o piuttosto il consolidamento di un monopolio informativo.
Insomma, questa evoluzione della ricerca sembra un gran bel gioco per Google, ma per chi, come te, crea contenuti di valore e vive di visibilità online, il rischio è di rimanere con il cerino in mano.
Staremo a vedere se questo “futuro della ricerca” sarà davvero un progresso per tutti, o principalmente per le casse di Mountain View.
E tu, cosa ne pensi?
Sei pronto a questa nuova era o cominci a sentire un po’ di puzza di fregatura?