Google si tiene Chrome, ma la sentenza antitrust impone nuove regole per i dati e l’IA

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

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Google evita lo smembramento ma dovrà rinunciare agli accordi di esclusiva e condividere i dati, aprendo nuovi scenari nella competizione sull’Intelligenza Artificiale

Google mantiene Chrome, ma la sentenza antitrust impone regole stringenti. Aboliti i contratti di esclusività per la ricerca predefinita e introdotto l'obbligo di condividere i dati di ricerca con i concorrenti. Questa decisione mira a stimolare la competizione, specialmente nell'Intelligenza Artificiale. Sebbene eviti lo smembramento, il verdetto punta a frenare il monopolio di Google e favorire l'innovazione, con esiti futuri incerti.

Google vince, ma a che prezzo?

Partiamo dal fatto nudo e crudo: il giudice federale Amit Mehta ha stabilito che Google ha sì violato le leggi antitrust per costruirsi un monopolio nella ricerca online, ma ha deciso di non usare l’ascia.

Invece di costringere l’azienda a vendere Chrome, ha imposto una serie di paletti che, sulla carta, dovrebbero riaprire un po’ il mercato come scrive The Verge.

Il più pesante?

L’abolizione dei contratti di esclusività.

Sai cosa significa?

Significa che quell’accordo milionario che rendeva Google il motore di ricerca predefinito su tutti gli iPhone di Apple, o preinstallato su una marea di dispositivi Android e Samsung, è ufficialmente carta straccia.

Come riportato da Axios, questa mossa da sola è un bel colpo per le casse di Mountain View e dei suoi partner.

Ma basta questo per riaprire davvero la competizione?

Ho i miei dubbi.

Ma il vero cuore della faccenda, quello che potrebbe rimescolare le carte in tavola, non è tanto il browser in sé.

È qualcos’altro di molto più prezioso.

La vera partita si gioca sui dati (e sull’intelligenza artificiale)

Esatto, parliamo dei dati.

La sentenza obbliga Google a condividere i dati di ricerca con i suoi concorrenti. E qui la faccenda si fa interessante, perché oggi i dati sono il carburante di un motore ben più potente della semplice ricerca: l’intelligenza artificiale.

Mi sembra comprensibile perciò che Big G non l’abbia presa affatto bene

Non è un caso che molti analisti ritengano che i veri vincitori di questa partita potrebbero essere proprio i rivali di Google nel campo dell’IA, come descritto su Business Insider. Dare accesso a quel fiume di informazioni significa dare la possibilità a motori di ricerca più piccoli e a nuove IA di imparare, crescere e, forse, offrire un’alternativa valida.

Persino il capo dell’antitrust del Dipartimento di Giustizia, Gail Slater, ha sottolineato come questa decisione impedisca a Google di “rallentare l’innovazione dell’IA con lo stesso manuale anticoncorrenziale usato per congelare la concorrenza nella ricerca”.

Tutto molto bello, ma la domanda che sorge spontanea è: quali dati verranno condivisi, e con quale trasparenza?

Conoscendo questi colossi, il rischio di ricevere solo le briciole è sempre dietro l’angolo.

Un contentino per la concorrenza o un vero cambio di rotta?

Alla fine della fiera, per te che gestisci un’attività online o semplicemente navighi sul web, cosa cambia concretamente?

Nell’immediato, potresti vedere più scelta. Al primo avvio del tuo nuovo smartphone, forse, ti verrà chiesto quale motore di ricerca o browser vuoi usare, invece di trovarti Google già pronto all’uso.

Ma siamo onesti: quante persone cambieranno davvero le impostazioni predefinite?

L’abitudine è una forza potentissima, e Google lo sa benissimo. Perdere i contratti di esclusiva è un danno economico, certo, ma forse è un prezzo che sono disposti a pagare, sapendo che la stragrande maggioranza degli utenti non si prenderà il disturbo di cambiare. L’azienda ha già fatto sapere che farà appello, quindi la battaglia è tutt’altro che finita.

Questa sentenza, quindi, sembra più un tentativo di mettere un guinzaglio a un animale che è già cresciuto a dismisura, piuttosto che riportarlo in gabbia. Si evita la soluzione drastica dello smembramento, ma si introducono regole che potrebbero essere aggirate.

È questo il modo giusto per regolare il potere smisurato di Big Tech o stiamo solo assistendo a una mossa per placare gli animi, mentre la vera partita per il dominio del futuro, quella sull’IA, si gioca su un altro tavolo?

Staremo a vedere.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

12 commenti su “Google si tiene Chrome, ma la sentenza antitrust impone nuove regole per i dati e l’IA”

  1. Francesco Messina

    Una chiusura di accordi di esclusività era quasi inevitabile. L’IA, ora, avrà un terreno di gioco più aperto. Chissà se questo spingerà davvero il progresso o creerà solo confusione.

  2. Questa sentenza è una mossa interessante. Se Google deve dividere i dati, forse anche noi utenti potremmo avere più controllo. Non ci credo che ora tutto sarà più equo.

  3. Bene, Google non è stata fatta a pezzi, ma condividere i dati con i rivali è una bella mossa. Vedremo se questo darà una spinta a chi fa IA, o se sarà solo un altro pasticcio.

  4. Una svolta interessante per il mercato digitale. Imporre la condivisione dei dati di ricerca apre scenari inediti, soprattutto nell’ambito dell’IA. Sarà stimolante osservare come questo cambierà il gioco per tutti gli attori. Speriamo porti a reali progressi.

  5. Capisco bene le implicazioni. La condivisione dei dati di ricerca, pur con le migliori intenzioni, potrebbe rendere più difficile distinguersi per chi punta sulla qualità. Sarà un vero banco di prova per il settore.

    1. Francesco De Angelis

      Quindi, Google non si spezza ma deve condividere i dati. Pensavo che la competizione si giocasse sulla qualità, non sulla quantità di informazioni private altrui. Mi chiedo se non sia solo un modo per redistribuire il potere, non per cambiarlo.

  6. La decisione del giudice impone a Google una condivisione dei dati che potrebbe alterare il panorama della IA. La competizione, almeno sulla carta, avrà più spazio. Resta da capire se questo porterà a risultati concreti per il consumatore finale.

  7. Bene, Google la sfanga ancora. Ma con questi obblighi sui dati, vedremo chi ci guadagna veramente. Sarà mica un favore ai colossi che non ce l’hanno fatta da soli?

  8. Luciano D’Angelo

    Mah, più che altro mi chiedo se questa apertura forzata sui dati non finisca per creare più confusione che vera competizione. Vedremo se i concorrenti sapranno farne un buon uso, o se finirà tutto nel solito minestrone.

  9. Carlo Benedetti

    Ancora regole e paletti. Dicono che questo stimolerà la competizione, ma temo che alla fine pagheremo noi utenti, con meno servizi e più costi nascosti. Vedremo se questa storia porta a qualcosa di concreto, o è solo l’ennesimo teatrino.

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