Google: basta con i punteggi SEO! Il contesto è la vera metrica

Anita Innocenti

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Google avverte: i punteggi degli audit SEO non sono tutto, serve un’analisi contestuale del sito per evitare di sprecare risorse su falsi allarmi.

Google, tramite Martin Splitt, ha scosso il mondo SEO: l'eccessiva dipendenza dai punteggi degli audit è fuorviante. Il contesto specifico di un sito è cruciale, ribaltando la prospettiva sull'analisi tecnica. Questo si allinea alla crociata di Google contro i contenuti di bassa qualità, suggerendo che l'era del "verde a tutti i costi" è finita e serve un'analisi più "umana" e approfondita.

Un punteggio non racconta tutta la storia: il nuovo approccio di Google

A mettere le cose in chiaro è stato Martin Splitt del team Search Relations di Google, il quale ha presentato un approccio in tre fasi che sposta l’attenzione dai punteggi numerici alla comprensione reale del sito. L’idea di fondo è semplice ma potente: un audit tecnico serve a garantire che nulla ostacoli la scansione e l’indicizzazione, ma per farlo bene serve un’analisi su misura, non un voto generico. Secondo Splitt prima ancora di avviare qualsiasi strumento, bisognerebbe capire come è costruito il sito, quale tecnologia usa e quali sono i suoi obiettivi.

Solo dopo si possono interpretare i dati.

Questo ribalta completamente la prospettiva.

Non si tratta più di inseguire un punteggio perfetto, ma di usare gli strumenti per identificare potenziali problemi, per poi analizzarli nel contesto specifico del sito e, solo alla fine, formulare raccomandazioni che abbiano un senso pratico.

Ma come si distingue un problema reale da un falso allarme generato da un tool?

Splitt ha usato un esempio che chiunque fa questo mestiere conosce fin troppo bene.

Il falso allarme degli errori 404: quando un problema non è un problema

Pensa a un report che ti segnala centinaia di errori 404 (pagina non trovata).

L’istinto, alimentato da anni di “best practice”, è quello di andare nel panico e cercare di risolvere tutto.

Eppure, Splitt ha spiegato che un numero elevato di 404 è del tutto normale se, ad esempio, hai appena rimosso una vecchia sezione del sito.

In quel caso, è il segnale che il sito si sta “pulendo” correttamente.

Il vero campanello d’allarme, invece, è un picco anomalo di 404 che non corrisponde a nessuna azione che hai intrapreso.

Quello sì che merita un’indagine.

Questo avvertimento, però, non arriva dal nulla.

Si inserisce in una strategia molto più ampia con cui Google sta cercando di alzare l’asticella della qualità, e lo sta facendo con una determinazione che non si vedeva da tempo.

Più qualità, meno fuffa: la crociata di Google contro i contenuti inutili

Questa presa di posizione contro i metriche fini a se stesse si allinea perfettamente con la recente offensiva di Google contro lo spam e i contenuti di bassa qualità.

Ricordi il Core Update di marzo 2024?

È stato l’aggiornamento più lungo della storia di Google, durato 45 giorni, e ha introdotto nuove e severe policy contro l’abuso della reputazione del sito (site reputation abuse) e la creazione di contenuti su larga scala.

Non solo: anche John Mueller, un altro volto noto di Google, ha recentemente messo in guardia dal dare troppo peso a metriche di terze parti come la Domain Authority, sottolineando che non sono valori che Google utilizza.

Viene da chiedersi se questa spinta verso un’analisi più “umana” e contestuale sia solo un modo per migliorare la qualità dei risultati o se, in fondo, non serva a Google per rendere il tutto un po’ più difficile da decifrare, spingendo i professionisti a dipendere sempre di più dalle loro linee guida, spesso volutamente vaghe.

Una cosa è certa: l’era in cui bastava far contenta una macchina con un punteggio verde sembra stia volgendo al termine.

Oggi, per fare la differenza, serve la capacità di andare oltre il dato e capire la storia che quel dato, nel suo contesto, sta davvero raccontando.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

15 commenti su “Google: basta con i punteggi SEO! Il contesto è la vera metrica”

    1. Giulia Martini

      Finalmente una notizia sensata. Inseguire numeri era un inutile dispendio di risorse. Resta da capire se qualcuno se ne accorgerà.

  1. Claudio Ruggiero

    Effettivamente, inseguire numeri pareva più un gioco che scienza, ora la vera sfida è capire cosa funziona davvero per chi legge. 🤔 Non credevo che il “sentire” potesse valere più del “contare”.

    1. Alessandro Parisi

      Ma guarda un po’, dopo anni a inseguire questi punteggi che contavano meno di niente, ora si accorgono che il contesto è tutto. Almeno c’è la tecnologia per capirlo, altrimenti saremmo ancora persi. Speriamo solo che non inventino un nuovo punteggio mascherato.

  2. Sebastiano Caputo

    Quindi i punteggi erano una bufala? 🙄 Io l’avevo detto. Ci hanno preso in giro. 🤷‍♂️ Ora si parla di “contesto”? 🤦‍♀️ Ma chi ci capisce più?

  3. Simone Ferretti

    Ma figurati. Ci hanno fatto inseguire numeri per anni. Ora il contesto, certo. Soldi facili anche qui? Bisogna capirlo.

    1. Simone, credere che Google si sia improvvisamente convertito alla saggezza è un po’ come aspettarsi che una volpe diventi vegetariana. Le metriche cambiano, gli algoritmi si evolvono, ma il profitto rimane costante.

  4. Ma dico io! 🤦‍♀️ Ci affidiamo a punteggi che ora definiscono “fuorvianti”? La tecnologia ci complicava la vita per poi dirci di guardarci intorno? 🤷‍♀️ C’è da fidarsi? 🤔

    1. Ah, finalmente un po’ di buonsenso da Google. Per anni abbiamo inseguito punteggi da videogioco, mentre le vere metriche erano sotto il naso. Chissà quanti soldi sono stati buttati per “aggiustare” cose inutili. Ora ci diranno pure di usare il cervello. Chi l’avrebbe mai detto.

      1. Finalmente si capisce! I punteggi erano una scusa per fare soldi facili. Ora, con questo “contesto”, Google cosa ci chiederà? Il pensiero critico? Vedremo quanto durerà.

  5. Finalmente un’ammissione da parte di Mountain View. L’era del “verde a tutti i costi” era un’assurdità che ci costringeva a rincorrere metriche vuote. Ora, forse, torneremo a concentrarci sulla sostanza.

  6. Questi punteggi sono stati la nostra bussola. Ora ci dicono che la bussola era rotta. Un colpo di spugna sui metodi? Mi sembra una strategia per confondere le acque.

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