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Un update che stravolge le regole del gioco, con effetti immediati e una durata di implementazione estesa, mettendo nel mirino contenuti di bassa qualità e lasciando spazio a dubbi sulle strategie future di Google
Google ha lanciato l'August 2025 Spam Update, sconvolgendo le SERP con effetti immediati e drastici cali di traffico. L'aggiornamento, dal roll-out insolitamente lungo, mira a contenuti di bassa qualità e spam generato industrialmente. Google offre indicazioni generiche e tempi di recupero di mesi, generando incertezza tra i proprietari di siti web colpiti.
Google preme il pulsante: l’August 2025 spam update stravolge le SERP
Dopo otto mesi di silenzio sul fronte dello spam, Google è tornata a farsi sentire, e lo ha fatto con un’entrata a gamba tesa. Il 26 agosto è partito ufficialmente l’August 2025 Spam Update, un aggiornamento che, a differenza dei precedenti, ha mostrato i suoi effetti quasi in tempo reale.
Molti proprietari di siti si sono svegliati la mattina dopo con cali di traffico verticali, scoprendo che la bonifica di Google era già passata dalle loro parti senza preavviso. Una mossa che rompe gli schemi a cui eravamo abituati, dove gli effetti di un update si manifestavano gradualmente.
Questa volta, la scure è calata in meno di 24 ore.
Ma la vera anomalia non è la velocità con cui ha colpito.
Un aggiornamento anomalo: impatto immediato e tempi biblici
La stranezza di questo update sta tutta nella sua doppia natura: un impatto fulmineo seguito da una durata di roll-out che Google stessa ha definito di “diverse settimane”.
Una contraddizione bella e buona.
Se ci pensi, il precedente spam update di dicembre 2024 si era concluso in appena sette giorni, come riportato su Search Engine Roundtable.
Perché questa volta, pur avendo già colpito duro fin da subito, il processo dovrebbe durare così a lungo?
La domanda è lecita.
Google ci sta dicendo che la fase iniziale è stata solo l’antipasto e che il suo sistema di intelligenza artificiale, SpamBrain, continuerà a setacciare il web per settimane.
Questo significa che la volatilità nelle classifiche non è finita e che altri siti potrebbero essere colpiti a ondate successive.
Una situazione che lascia tutti con il fiato sospeso, perché se la prima ondata è stata così violenta, cosa dobbiamo aspettarci dalle prossime?
Ma il vero punto non è solo il “quando” o il “quanto”, ma soprattutto il “cosa”.
E anche qui, Google ha deciso di sparigliare le carte.
Nel mirino non c’è quello che pensi
Quando si parla di spam update, la mente corre subito ai link tossici o a pratiche come il site reputation abuse.
E invece no.
Google ha messo nero su bianco che questo aggiornamento non si concentra su questi due aspetti. Il suo obiettivo è molto più ampio e, se vuoi, più subdolo: colpire tutte quelle violazioni delle policy sullo spam che rendono l’esperienza dell’utente un vero e proprio incubo.
Stiamo parlando di siti zeppi di contenuti programmatici, pagine doorway create solo per intercettare una query, e articoli “spun” (riscritti in automatico) che dicono tutto e niente.
In pratica, tutta quella fuffa generata in serie che non offre alcun valore reale.
L’analisi di alcuni esperti del settore ha già evidenziato come a crollare siano stati proprio siti con queste caratteristiche. La pulizia, quindi, sembra mirata a eliminare dal web la spazzatura digitale prodotta industrialmente.
Resta però un dubbio di fondo: se Google dichiara di voler colpire i contenuti di bassa qualità , perché escludere esplicitamente pratiche manipolative altrettanto dannose come il link spam?
La sensazione è che questa sia solo una battaglia di una guerra più grande, con il gigante di Mountain View che sceglie con cura su quale fronte concentrare le sue truppe, lasciando scoperte altre aree altrettanto critiche.
E la sua “soluzione” per chi viene colpito non fa che aumentare questo scetticismo.
La solita ricetta di Google: “siate bravi” e aspettate
Di fronte a siti letteralmente “schiacciati” dall’aggiornamento, la guida offerta da Google suona quasi come una beffa. La risposta ufficiale, come al solito, è tanto semplice quanto disarmante: “rivedete le nostre policy sullo spam”.
Nessuna indicazione specifica, nessuno strumento per capire quale pagina o quale pratica abbia attivato l’allarme di SpamBrain. Ti dicono solo di rileggere le regole del gioco e sperare di aver capito dove hai sbagliato.
Ma il colpo di grazia è la tempistica per un’eventuale ripresa. Google ammette che, anche dopo aver sistemato tutto, potrebbero volerci “mesi” prima che i suoi sistemi automatici si accorgano del cambiamento e decidano di restituirti visibilità .
Mesi.
Un’eternità per qualunque business che vive di visibilità online.
Viene da chiedersi se questo processo sia davvero un “apprendimento” dell’algoritmo o, più semplicemente, un modo per mettere le aziende in un angolo, costringendole ad attendere i comodi di un sistema opaco e insindacabile.
In pratica, Google si riserva il diritto di penalizzarti in un istante, ma per concederti il perdono se lo prende con tutta la calma del mondo. Un meccanismo che evidenzia, ancora una volta, lo squilibrio di potere tra chi detta le regole e chi, per sopravvivere, non può fare altro che seguirle.
Alla cieca.