Le regole del digitale stanno cambiando.
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Contattaci ora →La vittoria in tribunale non è che l’inizio: mentre si discuteva del passato, Google stava già costruendo il futuro con l’intelligenza artificiale
Le azioni di Google hanno raggiunto un nuovo massimo storico, salendo di oltre il 9% dopo una sentenza antitrust favorevole. Il giudice ha respinto le accuse di monopolio, blindando asset chiave come Chrome e Android. Questa vittoria legale, unita ai massicci investimenti in intelligenza artificiale, ha rassicurato Wall Street. L'azienda ha visto un aumento di valore di 150 miliardi di dollari, ma sorgono interrogativi sulla concentrazione di potere nel tech.
Una sentenza che cambia le regole del gioco
Per mesi, il Dipartimento di Giustizia americano ha cercato di fare a Google quello che nessuno era mai riuscito a fare: smontarla pezzo per pezzo.
L’accusa era quella di monopolio, e sul tavolo c’era la possibilità di costringere l’azienda a vendere il suo browser Chrome e il sistema operativo Android. Sarebbe stato un colpo durissimo, perché sono proprio questi i canali che garantiscono a Google il suo dominio quasi totale sulla ricerca online e, di conseguenza, sulla pubblicità.
Poi, martedì, è arrivata la decisione del giudice Amit Mehta che ha detto “no”.
Nessuna vendita forzata.
Google può tenersi stretto tutto il suo apparato. Una mossa che, come descritto da Gizmodo, non solo ha salvato l’assetto attuale dell’azienda ma ha anche protetto l’accordo da 20 miliardi di dollari che Google ha con Apple.
Tutto risolto, quindi?
Perché quando un’azienda diventa così potente da essere giudicata troppo integrata per essere smantellata, forse il problema non è risolto, ma solo diventato più grande.
E mentre l’attenzione era tutta concentrata sulla battaglia legale, la vera partita di Google si stava già giocando su un altro campo, molto più silenzioso e strategico.
Non solo ricerche: l’intelligenza artificiale è il vero obiettivo
Diciamocelo, la vittoria in tribunale è stata la scintilla, ma il fuoco che alimenta la crescita di Google ha un altro nome: intelligenza artificiale.
Mentre si parlava di monopoli passati, l’azienda stava già costruendo quelli futuri. Non è un caso che, quasi in contemporanea, siano emerse notizie di accordi chiave, come quello per portare “Gemini for Government” direttamente dentro la pubblica amministrazione statunitense.
In pratica, mentre si discuteva del suo controllo sulle nostre ricerche di oggi, Google si stava assicurando il controllo sulle decisioni assistite dall’AI di domani. Se a questo aggiungi le nuove partnership, come quella con Oracle per ampliare l’offerta di servizi AI, il quadro diventa chiaro. Sono mosse strategiche, riportate anche da StocksToTrade, che mostrano dove l’azienda stia puntando.
La domanda, a questo punto, sorge spontanea: è davvero una buona idea lasciare che una singola entità privata gestisca tecnologie così determinanti per i servizi pubblici e il trattamento delle informazioni?
Questo doppio binario, tra aule di tribunale e contratti sull’AI, ha mandato un segnale forte e chiaro a chi muove il denaro.
Wall Street applaude, ma chi paga il conto?
La reazione dei mercati è stata immediata e quasi febbrile come scrive Bloomberg. Un’impennata di oltre il 9% in una sola giornata ha portato le azioni al loro massimo di sempre, a quota 230,39 dollari, come evidenziato dalle analisi di StockInvest.us. Tradotto in soldoni, significa che il valore dell’azienda è aumentato di oltre 150 miliardi di dollari in poche ore.
Cifre da capogiro.
Gli investitori, ovviamente, festeggiano. Ma questa continua concentrazione di potere e ricchezza nelle mani di un manipolo di giganti tecnologici, i cosiddetti “Magnifici 7”, dovrebbe farci riflettere.
Stiamo assistendo alla creazione di un mercato a due velocità, dove chi è già enorme diventa intoccabile e i piccoli attori faticano anche solo a sopravvivere.
La vittoria di Google può essere vista come una vittoria della libera impresa, certo.
O forse, più realisticamente, è solo la conferma che, una volta raggiunto un certo livello di potere, le regole iniziano a piegarsi.
E a farne le spese, alla fine, non sono mai gli azionisti.
La sentenza rafforza un potere già immenso. Il vero dominio sarà nell’AI, e il mercato sembra già aver deciso.
Chissà se questa vittoria legale serve solo a giustificare un potere già acquisito, mentre l’AI promette di monopolizzare ogni cosa a modo suo.
Dominio AI o dominio legale? A volte, vincere una causa significa solo comprare tempo per dominare meglio.
Osservare Google rinforzarsi così, sia legalmente che con l’AI, mi fa riflettere sulla velocità con cui il mercato evolve. Sarà l’AI a riscrivere le regole del gioco, anche per chi ha il potere di farlo?
Il progresso tecnologico corre, la legge arranca. Queste vittorie legali non fanno che cementare un potere già immenso, reso ancora più insidioso dall’avanzata dell’AI. Mi chiedo se il futuro che costruiscono sarà davvero un progresso per tutti.
E così, il giurista è sempre un passo dietro al codice. Mi chiedo se questo “futuro” costruito sull’AI sia poi così solido.
Sì, è sempre così, la legge insegue, mai anticipa. Questo dominio AI è un altro capitolo di un libro che temo già scritto.
Questa ascesa, pur celebrata, porta un peso. Il futuro è già scritto, ma a quale prezzo per la diversità?
Sono un po’ turbata da questa notizia. Mi spaventa pensare a quanto potere si stia accumulando nelle mani di poche aziende, soprattutto con l’intelligenza artificiale che avanza a tal punto. Ci stiamo fidando troppo di chi già controlla così tanto?
Ma scherziamo? Altro giro, altra corsa per i colossi tech. Mentre la giustizia arranca dietro, loro si spartiscono il futuro con l’AI. Mi chiedo se siamo ancora noi a guidare la tecnologia, o viceversa.
Il futuro è l’AI, non le vecchie cause legali. Chi controlla il motore di ricerca controlla l’informazione, e ora anche l’intelligenza. Questo è il vero potere.
Il problema non è la sentenza, ma la concentrazione di potere nell’AI. La vera battaglia è già iniziata, e non è legale.
Ottima notizia per Google, ma la vera partita si gioca sull’AI. Sarà il futuro a dirci se questo dominio sarà sostenibile.
Altra vittoria legale, certo. Ma il vero monopolio si sta tessendo nell’AI, dove chi controlla i dati e la potenza di calcolo detta legge. Finché le regole non cambiano anche lì, tutto questo è solo un gioco a somma zero.
Mah, vittoria apparente. Si difendono il vecchio, mentre l’AI detta la vera legge. Concentrare tanto potere, legale o no, mi fa sempre storcere il naso. Finché non si regolamenta seriamente chi sta avanti, è solo una partita truccata.
D’accordo con Danilo. La giustizia che rincorre la tecnologia è un classico. Mentre si dibatte sul passato, il futuro si scrive in codice AI, e chi detiene le chiavi di quel codice avrà sempre un vantaggio. La domanda è: chi controllerà il controllore?
Ma che vittoria? Solo un rinvio del problema. Il vero monopolio si sta costruendo nell’AI, e lì nessuna sentenza cambierà le cose. Siamo sicuri che questo sia un bene per la concorrenza?