Google lancia Gemini Robotics 1.5: l’AI che darà un cervello ai robot

Anita Innocenti

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Un sistema di “budget di pensiero” configurabile potrebbe consentire ai robot di apprendere e trasferire competenze tra loro, aprendo nuove frontiere nell’automazione intelligente

Google ha svelato Gemini Robotics 1.5, un modello di intelligenza artificiale che promette di dare ai robot la capacità di ragionare e comprendere comandi complessi. Il sistema, presentato il 25 settembre, introduce un "budget di pensiero" configurabile per bilanciare efficienza e accuratezza. L'azienda mira a imporre un nuovo standard nell'automazione, intensificando la competizione con OpenAI e NVIDIA.

Google cala l’asso: Gemini 1.5 vuole dare un cervello ai robot

Google ha calato il suo asso nella manica. Si chiama Gemini Robotics-ER 1.5, ed è il nuovo modello di intelligenza artificiale che, stando alle dichiarazioni, dovrebbe trasformare i robot da semplici esecutori di comandi a veri e propri agenti capaci di ragionare nel mondo fisico. Presentato il 25 settembre, questo sistema si posiziona in diretta concorrenza con le soluzioni di OpenAI e NVIDIA, aprendo una nuova, accesissima, fase della corsa all’automazione intelligente.

L’obiettivo dichiarato è ambizioso: permettere a un robot di capire comandi complessi espressi in linguaggio naturale, come “prendi la mela sul tavolo e portamela”, e tradurli in una sequenza di azioni logiche. In pratica, Google vuole dare ai robot la capacità non solo di fare, ma di capire cosa stanno facendo.

E i numeri, diciamocelo, sembrano dare loro ragione.

Almeno sulla carta.

I test mostrano miglioramenti notevoli rispetto ai modelli precedenti: in compiti di localizzazione di oggetti in scene complesse, come descritto da DeepMind AI, Gemini Robotics-ER ha raggiunto una precisione del 49.5%, quasi il doppio rispetto alla versione standard.

Un passo avanti notevole, non c’è dubbio.

Ma la vera domanda è un’altra: come hanno fatto a renderlo così flessibile e, soprattutto, affidabile nel caos del mondo reale?

Più che un’intelligenza, un “budget di pensiero”

Qui le cose si fanno interessanti.

Una delle innovazioni chiave è un sistema che Google chiama “thinking budget”, un “budget di pensiero” configurabile. In parole povere, si può decidere quanto “tempo per pensare” dare al robot a seconda del compito. Per un’azione semplice come riconoscere un oggetto, il modello opera con un minimo sforzo computazionale, garantendo rapidità.

Per missioni più complesse, che richiedono un ragionamento articolato, gli si concede più tempo e risorse. È una soluzione pragmatica, che cerca di bilanciare efficienza e accuratezza.

Ma la vera promessa, quella che potrebbe cambiare le regole del gioco, è un’altra: la capacità di apprendere da un tipo di robot e trasferire le competenze a un altro, completamente diverso. Questo significa che un movimento imparato da un braccio meccanico in un magazzino potrebbe, in teoria, essere adattato a un robot di assistenza domestica.

Sembra quasi fantascienza.

E forse, per ora, lo è ancora un po’.

La sfida sarà vedere se questa capacità di “trasferimento di conoscenza” funzionerà davvero al di fuori dei laboratori controllati di Google o se si rivelerà efficace solo in scenari molto specifici.

Il vero obiettivo? chiudere la partita sull’ecosistema robotico

Non giriamoci intorno: con questa mossa, Google non sta solo lanciando una nuova tecnologia, sta cercando di imporre uno standard.

Mettendo Gemini Robotics 1.5 in anteprima su Google AI Studio, con tanto di documentazione e strumenti pronti all’uso, il gigante di Mountain View sta invitando gli sviluppatori a costruire il futuro della robotica sulla sua piattaforma. La mossa è chiara: creare una dipendenza dal proprio sistema, offrendo soluzioni che, guarda caso, funzionano al meglio con l’infrastruttura Google.

Certo, si parla tanto di sicurezza, con filtri più robusti per evitare che i robot eseguano comandi pericolosi.

E ci mancherebbe altro.

Ma la vera partita si gioca sul controllo del mercato. Mentre OpenAI e NVIDIA spingono sulle loro soluzioni, Google risponde mettendo sul piatto un sistema che promette di essere non solo potente, ma anche profondamente integrato nel suo mondo.

La domanda che ogni azienda dovrebbe porsi ora non è tanto se questa tecnologia funzionerà, ma a quale prezzo si legherà a un unico fornitore per un aspetto così strategico come l’automazione intelligente.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

26 commenti su “Google lancia Gemini Robotics 1.5: l’AI che darà un cervello ai robot”

  1. Alessio De Santis

    L’idea di robot che apprendono e trasferiscono competenze tra loro è ambivalente. Da un lato, un’automazione più raffinata; dall’altro, scenari che richiedono cautela nella loro implementazione.

    1. Il “budget di pensiero” configurabile sembra un’idea per rendere le macchine più ponderate. Mi chiedo se questo significhi che anche loro vivranno dei loro “pensieri”.

    2. Un altro passo verso l’automazione spinta. Spero solo che non diventi l’ennesima bolla finanziaria destinata a scoppiare, lasciando solo macerie sul campo. La realtà, spesso, è meno rosea delle promesse.

  2. Chiara De Angelis

    Questo progresso mi inquieta. L’idea che i robot possano “ragionare” mi fa riflettere su quanto sia sottile il confine tra automazione e autonomia. Dobbiamo ponderare bene le implicazioni.

  3. È affascinante pensare che i robot possano imparare e condividere conoscenze. Mi chiedo quanto tempo ci vorrà prima che questa tecnologia diventi comune nelle nostre case, aiutandoci nelle faccende quotidiane.

      1. Capisco le perplessità, Elena. Il concetto di “budget di pensiero” mi fa pensare a come noi umani gestiamo le nostre priorità. Se i robot riusciranno davvero a farlo, sarà un passo avanti enorme.

    1. Altra promessa da parte di Google, altro passo verso un’automazione sempre più spinta. Questo “budget di pensiero” mi pare più un modo per limitare l’uso di risorse che una vera capacità di ragionamento. Temo che finiranno per fare quello che vogliono, ma solo nei limiti che gli imponiamo. Chissà se poi si ribelleranno.

  4. Il concetto di apprendimento condiviso tra robot mi lascia perplessa. Speriamo solo che questo “cervello” non prenda decisioni che non ci piacciono.

    1. Questa nuova intelligenza per i robot mi fa pensare a un’antica favola. Immaginare macchine che “pensano” e condividono conoscenze, quasi sussurrando segreti meccanici tra loro… chissà se un giorno si siederanno a contemplare il tramonto.

      1. Ma certo, un “budget di pensiero”! Mica vorremo che i robot si stancassero troppo a capirci, eh? Speriamo solo che non imparino troppo in fretta a lamentarsi del capo.

        1. Questo “budget di pensiero” suona come un modo elegante per dire che i robot useranno le loro risorse in modo più saggio. Chissà se un giorno potremo delegare loro anche i nostri pensieri più astratti, lasciando che se ne occupino loro mentre noi ci perdiamo tra le nuvole?

    2. Daniele Palmieri

      Ma certo, Google che ci regala un altro “cervello” robotico. Finalmente i nostri elettrodomestici sapranno pensare, mica male. La vera sfida sarà capire se riusciranno a fare meglio di noi esseri umani.

    1. Sebastiano Caputo

      La prospettiva di robot che imparano autonomamente mi agita. Se il “budget di pensiero” li rende così efficienti, cosa resterà per noi?

    2. Ecco, quindi adesso i robot avranno il cervello per decidere se aiutarci a lavare i piatti o a rubarci il lavoro? Certo, perché avevamo proprio bisogno di complicarci la vita con menti artificiali.

    1. Questa cosa del “budget di pensiero” mi lascia un po’ perplesso. In pratica, i robot si scambieranno come delle idee? Mi chiedo cosa succederà se poi iniziano a discutere tra loro su quale sia il modo migliore per fare una cosa… sarà un bel casino da gestire.

    2. L’idea del “budget di pensiero” per l’apprendimento reciproco tra robot è notevole. Mi chiedo quanto questo influenzerà il mercato del lavoro nel futuro.

      1. La questione del “budget di pensiero” apre scenari affascinanti. Se i robot potessero davvero condividere conoscenze, quali confini resterebbero tra l’apprendimento umano e quello artificiale?

  5. Ma quindi questi robot impareranno veramente a “pensare” come noi, o è solo un modo di dire? Se potessero davvero scambiarsi le conoscenze, cambierebbe tutto. Mi chiedo se questo significhi che un giorno potremmo avere conversazioni sensate con una macchina… o se diventerà tutto un po’ inquietante.

  6. Andrea Ruggiero

    Un passo avanti notevole per l’automazione. La capacità di apprendimento condiviso tra robot cambierà le dinamiche produttive. Chissà quando vedremo un impatto concreto nelle nostre aziende.

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