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Contattaci ora →Ma la realtà è più complessa: Google non penalizza l’IA, bensì l’uso improprio e la mancanza di qualità dei contenuti generati.
Google ha rassicurato che i contenuti generati dall'IA non subiscono penalizzazioni dirette. Nonostante ciò, persistono segnalazioni di traffico in calo. La chiave di lettura è che Google non penalizza l'IA in sé, ma l'abuso di contenuti privi di valore e originalità. L'aderenza ai principi E-E-A-T rimane fondamentale, suggerendo una strategia di Google per controllare il mercato attraverso un'ambiguità voluta.
La versione ufficiale di Google: l’IA è salva, davvero?
Da Google arriva una dichiarazione che, a prima vista, dovrebbe tranquillizzare tutti. Gary Illyes, uno dei volti noti del team di Mountain View, ha messo le cose in chiaro: usare contenuti generati dall’intelligenza artificiale non porterà a penalizzazioni dirette sul posizionamento. Durante una sessione di domande e risposte al Search Central Live Asia Pacific 2025, alla domanda secca su possibili penalità per l’uso di immagini IA, la sua risposta è stata netta: “No, no”.
Un sospiro di sollievo per molti, che vedevano nell’IA uno strumento per velocizzare la produzione. Eppure, la sensazione è che la storia non finisca qui.
Se la risposta è così semplice e rassicurante, perché il settore è ancora in subbuglio, con professionisti che raccontano una realtà fatta di traffico crollato e siti deindicizzati?
La verità, probabilmente, è nascosta in quello che Illyes non ha detto.
Il campo minato della qualità: cosa non dice Big G
La tranquillità svanisce non appena si gratta la superficie. Mentre Google rassicura da un lato, dall’altro continuano ad arrivare segnalazioni di penalizzazioni manuali per “Scaled Content Abuse”, ovvero un abuso di contenuti su larga scala. MindBees descrive casi specifici di siti colpiti da queste azioni, che citano proprio l’uso di “tecniche di spam aggressive”.
Dunque, qual è il punto?
Google non sta penalizzando l’IA in sé, ma l’abuso che se ne fa. La distinzione è sottile, ma fondamentale. Non si tratta di “come” crei il contenuto, ma di “cosa” crei.
Se il tuo sito è un ammasso di testi generati in automatico, senza un briciolo di originalità o di valore, stai solo chiedendo di essere punito, a prescindere dallo strumento che usi.
D’altronde, un’interessante ricerca di Ahrefs ha analizzato migliaia di pagine, scoprendo che non c’è una correlazione diretta tra l’uso di IA e un cattivo posizionamento. Anzi, la maggior parte dei contenuti di successo sembra usare un mix di intelligenza umana e artificiale.
Questo ci dice una cosa: il vero giudice resta sempre e solo uno, il famigerato E-E-A-T (Esperienza, Competenza, Autorevolezza, Affidabilità).
Se il tuo contenuto non risponde a questi criteri, che sia scritto da un Nobel o da un algoritmo, per Google è spazzatura.
La partita dietro le quinte: il vero obiettivo di Google
A questo punto, la domanda sorge spontanea: perché tutta questa ambiguità da parte di Google? Perché non stabilire una regola chiara, una volta per tutte?
Forse, e dico forse, questa confusione fa comodo proprio a loro. Un mercato spaventato è un mercato più facile da controllare.
Mantenendo le regole del gioco volutamente vaghe, Google spinge i creatori di contenuti e le aziende a un’eterna rincorsa, a investire sempre di più per rimanere a galla, a dipendere dalle sue linee guida e, perché no, dai suoi strumenti a pagamento. È una strategia vecchia come il mondo: creare un problema (o lasciarlo volutamente irrisolto) per poi vendere la soluzione.
Non si tratta di demonizzare l’IA, che resta uno strumento potentissimo se usato con intelligenza. Si tratta di capire che la vera sfida non è scegliere tra uomo e macchina, ma tra il creare valore reale per le persone e il produrre rumore di fondo per ingannare un algoritmo.
E in questa scelta, Google si è ritagliato il ruolo di arbitro supremo.
Un arbitro che, a quanto pare, ha tutto l’interesse a non fischiare mai la fine della partita.
Beh, la loro linea è chiara: niente penalizzazioni per l’IA, solo per contenuti di m****. Pare che puntino sempre sulla qualità, ma chi ci crede davvero?
La solita ambiguità di Google per controllarci, eh? 😅 Speriamo che la qualità parli da sola! 🤞
L’ambiguità voluta da Google? Logico, vogliono che ci diamo da fare per produrre contenuti top! 🚀 La qualità è la vera arma. 😉
Un mantra sulla qualità, ma la macchina di Google sembra preferire un assolo piuttosto che un coro. Attendiamo gli spartiti.
Qualità? O solo un altro modo per farci correre?