Google pubblica nuove istruzioni per i siti bloccati da SafeSearch

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

O sei visibile o sei fuori. Noi ti aiutiamo a raggiungere i clienti giusti — quando ti stanno cercando.

Contattaci ora →

SafeSearch troppo zelante? Google pubblica nuove linee guida, ma i tempi di “rieducazione” dell’algoritmo restano biblici e l’autodiagnosi complessa.

Google ha pubblicato nuove linee guida per i proprietari di siti web colpiti ingiustamente dal filtro SafeSearch. Le indicazioni mirano a spiegare come identificare e risolvere problemi legati a contenuti espliciti o linguaggio forte "accidentale". Tuttavia, l'iter suggerito prevede un'autodiagnosi complessa e tempi di attesa per la rivalutazione che possono arrivare fino a 90 giorni.

Google tira fuori le nuove “Istruzioni per l’uso”

Google ha messo nero su bianco una serie di indicazioni per chi si ritrova, suo malgrado, con il sito etichettato come “non sicuro”, come riportato su Search Engine Journal. Una mossa che, sulla carta, dovrebbe aiutare i proprietari di siti a capire cosa non va e, soprattutto, come tentare di uscirne.

Ma sarà davvero così semplice rimediare quando è il gigante stesso a metterti all’angolo, spesso senza un perché chiarissimo?

Perché, diciamocelo, quando Google parla di “semplificare”, spesso c’è da drizzare le antenne e prepararsi a un percorso non proprio lineare. Vediamo un po’ più da vicino cosa ci propongono questa volta per farci “perdonare” da un algoritmo che, a quanto pare, ogni tanto prende delle cantonate colossali, con buona pace del nostro traffico e del nostro fatturato.

Il labirinto della “rieducazione” algoritmica: tempi biblici e autodiagnosi

L’iter che Google suggerisce assomiglia un po’ a un percorso a ostacoli, dove sei tu a dover fare gran parte del lavoro sporco. Prima devi armarti di santa pazienza e verificare se effettivamente il tuo sito è filtrato da SafeSearch, come se non te ne fossi già accorto dal crollo delle visite.

Poi, ti tocca trasformarti in un detective e fare un audit completo dei tuoi contenuti, andando a caccia di quella che Google, con un certo eufemismo, definisce “l’inclusione accidentale” di immagini sessualizzate senza il giusto contesto (il famoso EDSA – educativo, documentaristico, scientifico o artistico – come specificato nelle loro linee guida per contenuti espliciti).

Oppure un uso eccessivo di “parolacce” che, secondo i loro sistemi di Natural Language Processing, potrebbero far scattare l’allarme – un tema, questo, su cui si dibatte da tempo, come evidenziato anche da John Mueller.

E non dimentichiamo i link verso risorse considerate “discutibili”, un concetto tanto vago quanto pericoloso.

La ciliegina sulla torta?

Dopo aver sistemato tutto, sperando di aver interpretato correttamente il volere dell’algoritmo, devi aspettare dai 60 ai 90 giorni.

Sì, hai letto bene, due o tre mesi!

Prima che i loro classificatori (forse) si accorgano del cambiamento e tu possa (forse) chiedere una rivalutazione.

Viene da chiedersi se chi detta queste tempistiche abbia mai gestito un’attività online che da un giorno all’altro perde il 90% della sua visibilità a causa di un “errore”.

Questa attesa, francamente, suona più come una beffa che come una soluzione concreta e tempestiva.

Ma c’è forse qualcos’altro dietro questa improvvisa “apertura” e queste nuove direttive da parte di Google, o è solo un modo per calmare un po’ le acque?

Trasparenza a rate o mossa per metterci un bavaglio?

Da un lato, c’è chi nel settore SEO vede questa mossa come un piccolo, timido passo avanti verso una maggiore trasparenza da parte di Google, che storicamente non è mai stata troppo loquace su come funzionano davvero questi meccanismi di filtraggio automatico. D’altronde, non è la prima volta che il colosso di Mountain View deve correre ai ripari per “errori di valutazione” dei suoi algoritmi, con casi eclatanti di siti medici scambiati per pornografia o portali educativi finiti nel limbo del SafeSearch senza un apparente motivo.

John Mueller stesso, in passato aveva cercato di minimizzare, spiegando che qualche “parola forte” occasionale non dovrebbe far scattare il filtro, ma l’uso sistematico sì.

Il punto, però, resta sempre lo stesso:

Chi decide cosa è “occasionale” e cosa è “sistematico”?

L’algoritmo, ovviamente, con la sua logica spesso imperscrutabile.

E quando l’algoritmo sbaglia, sei tu, con il tuo sito e il tuo business, a pagarne le conseguenze per mesi, aspettando che la macchina si “rieduchi”.

Queste nuove linee guida, quindi, sono un vero aiuto o un modo per Google di dire “vi abbiamo dato gli strumenti, ora arrangiatevi”, lavandosene un po’ le mani sulla velocità e l’efficacia delle correzioni, soprattutto considerando che la possibilità di una revisione manuale sembra sempre più un miraggio lontano?

Insomma, la sensazione è che Google ci stia offrendo una mappa per uscire da un labirinto che, in fin dei conti, ha costruito lui stesso; una mappa forse incompleta e con tempi di percorrenza decisamente troppo lunghi per chi vive di visibilità online. E mentre noi cerchiamo di decifrarla e di applicare le “correzioni” richieste, il nostro business potrebbe già aver subito danni difficilmente recuperabili.

Staremo a vedere se queste nuove direttive cambieranno davvero le cose in meglio per chi si ritrova ingiustamente penalizzato, o se resteranno solo un altro documento da aggiungere alla lunga lista delle “buone intenzioni” di Big G, che spesso sembrano più orientate a proteggere se stesso che a supportare concretamente chi popola il web con contenuti di valore.

La partita, come al solito quando si ha a che fare con questi giganti, è tutta da giocare, e non sempre le regole sono chiare come vorrebbero farci credere.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

4 commenti su “Google pubblica nuove istruzioni per i siti bloccati da SafeSearch”

  1. Giorgio Fabbri

    Novanta giorni per togliere un’etichetta? Forse conviene cambiare dominio, prima che i clienti si dimentichino di noi.

      1. Giorgio Fabbri

        Mah, speriamo che queste “nuove istruzioni” servano a qualcosa. Novanta giorni mi sembrano un’esagerazione, soprattutto se l’errore è di Google. Forse è meglio prevenire, che curare.

  2. Alessia Caputo

    Ah, bene. Un manuale d’istruzioni per quando ti sparano sui piedi. Geniale, Google. Ma il colpevole resta sempre il fucile, eh?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ricevi i migliori aggiornamenti di settore