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Contattaci ora →Google integra i dati di AI Mode in Search Console, ma la trasparenza è ancora un miraggio: un’analisi tra dati aggregati e strategie SEO
Google ha integrato dati (click, impression) dall'AI Mode in Search Console. Sebbene offra un po' di visibilità, l'aggregazione con dati di ricerca tradizionali rende difficile l'analisi specifica dell'AI. La comunità SEO è frustrata dalla mancanza di filtri e si interroga sull'utilità reale di questo approccio opaco.
Dati AI in Search Console: un regalo a metà?
Allora, la novità è che, come confermato da Google e rimbalzato su diverse testate come Search Engine Journal, i numeri relativi all’AI mode – pensiamo a click sui link presenti nelle risposte dell’IA o alle impression quando il tuo sito spunta in quelle sintesi – ora confluiscono nei report di Search Console.
Questo è successo in concomitanza con l’attivazione più ampia di AI mode negli Stati uniti, un dettaglio significativo che ci fa capire come Google stia spingendo sull’acceleratore.
Peccato però che, nella sua proverbiale “trasparenza”, Google abbia pensato bene di mescolare queste nuove metriche con quelle della ricerca tradizionale.
Esatto, hai capito bene: niente filtri dedicati, niente report separati.
Un bel calderone di dati dove distinguere l’impatto reale dell’AI mode diventa un’impresa da veri detective.
Come sottolineato da Search Engine Journal, anche se vengono tracciati click e impression in modo specifico per l’AI (ad esempio, un click su un link in un AI Overview conta come un click, un’impression quando un URL appare nell’AIO conta come un’impression), la loro analisi è tutt’altro che semplice.
E questo ci porta dritti al nocciolo della questione:
con dati così aggregati, come facciamo a capire davvero cosa funziona e cosa no nel nuovo paradigma AI?
Tra applausi timidi e malumori diffusi: la comunità SEO si interroga
Di fronte a questa mossa, il mondo SEO si è, prevedibilmente, diviso.
Da un lato, c’è chi, come alcuni analisti citati su Hire A Writer US, vede il bicchiere mezzo pieno:
Meglio questi dati aggregati che il buio pesto di prima.
D’altronde, prima di questa integrazione si navigava a vista.
Esperti come Brodie Clark, che ha condotto esperimenti dedicati, avevano già iniziato a tracciare correlazioni,
Ma ora c’è una (parziale) conferma ufficiale.
Dall’altro lato, però, la frustrazione è tangibile.
Molti professionisti, come evidenziato anche da Search Engine Land, lamentano che questa soluzione “tutto compreso” rende quasi impossibile capire le performance specifiche dell’AI Mode e adattare le strategie di conseguenza.
Si ha la netta sensazione che Google stia concedendo informazioni con il contagocce, mantenendo per sé il quadro completo.
E mentre Google parla di “visione olistica”, in molti si chiedono se non sia piuttosto un modo per rendere ancora più opaco un cambiamento che sta già ridisegnando le SERP.
Ma se questi dati sono così difficili da interpretare, quale strategia ci resta?
Strategie incerto e futuro opaco: cosa ci riserva Google?
Con questa mossa, Google ci lancia un osso, ma è uno di quelli che ti lasciano più affamato di prima.
Il punto è che, senza la possibilità di isolare chiaramente i dati di AI Mode, ogni analisi rischia di trasformarsi in un esercizio di equilibrismo, un tentativo di decifrare segnali volutamente ambigui.
Certo, sapere che i click e le impression dell’AI sono lì dentro è un passettino avanti rispetto al vuoto pneumatico a cui eravamo abituati, ma siamo ancora lontanissimi da quella trasparenza che permetterebbe a chi crea contenuti e fa SEO di prendere decisioni basate su dati solidi, non su pure congetture.
Forse non resta che rassegnarsi a incrociare dati su dati, sperimentare quasi alla cieca e monitorare con la lente d’ingrandimento ogni minima fluttuazione, sperando di cogliere quei flebili segnali dell’influenza dell’AI.
Resta il forte sospetto, però, che questa ennesima mossa di Google sia più un contentino che una vera apertura, lasciandoci ancora una volta a interrogarci su quanto controllo ci venga realmente concesso sulle dinamiche che decidono la nostra visibilità online, in un gioco dove le regole sembrano cambiarle sempre e solo loro.
Era ora che Google facesse qualcosa! Peccato che i dati siano mischiati, così è difficile capire cosa funziona davvero con l’AI.
Un passo avanti, ma non risolutivo. Unire i dati è un casino per chi fa SEO. Speriamo che Google aggiunga presto dei filtri specifici, altrimenti l’utilità di questa integrazione è limitata.