Google Search Console e l’AI mode: i dati finalmente saranno tracciabili?

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

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Tra promesse di trasparenza e timori di manipolazione, i professionisti SEO si interrogano sull’impatto reale dell’AI Mode e delle sue nuove metriche sulla visibilità online.

Google ha annunciato l'integrazione dei dati della sua nuova AI Mode (lanciata all'I/O 2025) in Search Console. Saranno resi disponibili report su click, impressioni, citazioni e catene di query conversazionali. La novità, che emerge in un contesto competitivo con Perplexity e OpenAI, genera incertezza sulla reale trasparenza per gli editori e sulle sfide che pone alle consolidate strategie SEO.

Google search console si prepara all’AI mode: più trasparenza o più fumo negli occhi?

Allora, pare proprio che Google stia per calare un altro asso, o almeno così ce la raccontano. Dopo averci inondato di annunci sull’AI Mode, lanciato in pompa magna durante l’evento I/O 2025, ora la notizia è che presto vedremo i dati di questa “rivoluzione” direttamente in Google Search Console. Bello, no? Finalmente potremo capire che diavolo succede quando gli utenti interagiscono con queste risposte generate dall’intelligenza artificiale. Peccato che, come al solito quando si parla di Big G, la faccenda sia un tantino più complessa di un semplice annuncio.

Questa mossa, guarda caso, arriva in un momento in cui Google sente il fiato sul collo di concorrenti agguerriti come Perplexity e OpenAI, che TechCrunch descrive come sempre più aggressivi nel campo della ricerca AI. E mentre ci promettono mari e monti con questa AI Mode, che dovrebbe permettere ricerche più approfondite e persino fare comparazioni per lo shopping, la domanda sorge spontanea:

Ci daranno davvero gli strumenti per capire o solo un’altra dashboard piena di numeri difficili da interpretare a nostro vantaggio?

Staremo a vedere.

Cosa ci faranno vedere esattamente?

Si parla di tracciare click e impressioni derivanti dall’AI Mode, le fonti usate come citazioni nelle risposte AI – che, diciamocelo, è un punto cruciale per capire se il nostro sudato contenuto serve ancora a qualcosa – e persino le catene di query successive, quelle che nascono dalle ricerche conversazionali.

Interessante, soprattutto perché, come sottolinea l’esperto Glenn Gabe su GSQi, tracciare queste conversazioni multi-step sarà una bella gatta da pelare, ben diversa dalla vecchia analisi per singola keyword.

Qui si parla di monitorare come e quanto veniamo citati, un paradigma tutto nuovo.

E come se non bastasse, c’è già stato il primo inciampo: un bug con i dati referrer che, a detta di Google, impediva una corretta attribuzione del traffico.

“Non intenzionale”, dicono da Mountain View, e promettono una soluzione.

Sarà, ma intanto il dubbio che queste nuove metriche possano essere un po’ opache, o peggio, manipolabili, rimane.

E se questa AI Mode è l’evoluzione delle tanto discusse AI Overviews del 2024 – quelle che, nonostante gli svarioni iniziali (ricordi la pizza con la colla?), hanno comunque raggiunto 1,5 miliardi di utenti mensili – allora c’è da aspettarsi una bella complessità.

Dal singolo input di una volta, ora si passa a conversazioni che si diramano, grazie anche alla potenza del nuovo modello Gemini 2.5 Custom, come descritto sul blog ufficiale di Google.

Un bel salto, ma chi ci garantisce che questa “evoluzione” non sia solo un modo per Google di rendere ancora più intricato il gioco della visibilità online?

Query a raffica e citazioni contese: cosa cambia davvero per chi fa business online?

La verità è che questo approccio, che VirtualizationReview chiama “Query Fan-Out” – dove una singola ricerca scatena centinaia di sotto-query – rischia di mandare all’aria molte delle strategie SEO consolidate.

Se da un lato può premiare contenuti davvero completi e capaci di rispondere a più sfaccettature di una domanda, dall’altro potrebbe penalizzare chi si è sempre concentrato sull’ottimizzazione per singole parole chiave, magari quelle più di nicchia.

E non è un caso che, secondo quanto riportato da Search Engine Roundtable, ben il 43% dei professionisti SEO stia già guardando con interesse a piattaforme di ricerca AI alternative.

Forse perché iniziano a sentire puzza di bruciato?

Google, dal canto suo, non sta certo a guardare e punta a blindare la sua posizione dominante promettendo, entro l’estate 2025, un’integrazione ancora più profonda dell’AI Mode con le app personali come calendario ed email, come dettagliato da CNET.

Immagina un po’: Google che sa tutto di te per darti risposte AI “su misura”.

Conveniente? Forse. Ma a quale prezzo per la nostra privacy e per la libera concorrenza?

La sensazione è che, ancora una volta, ci troviamo di fronte a un gigante che detta le regole del gioco, e a noi non resta che cercare di capire come non farci travolgere.

E mentre aspettiamo questi fantomatici report in Search Console, la domanda che tutti ci poniamo è: saremo in grado di navigare queste nuove acque, o finiremo per essere solo un’altra citazione anonima nel grande mare dell’AI di Google?

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

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