Le regole del digitale stanno cambiando.
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Contattaci ora →Google sta testando “Web Guide”, un sistema che riassume i contenuti web, potenzialmente sottraendo traffico ai siti e ridefinendo il ruolo dei creatori di contenuti originali.
Google sta testando la "Web Guide", una novità che, tramite Gemini, raggruppa le risposte per argomenti, riducendo i clic sui link. Questa mossa, unita all'esplosione delle "AI Overviews", sta drasticamente riducendo il traffico organico verso i siti. Google si trasforma in motore di risposte, ponendo sfide significative per i creatori di contenuti originali e la SEO.
Google non vuole più che tu clicchi sui link?
Sembra una provocazione, e forse lo è.
Per decenni ci hanno insegnato che il web si basa sui link, una ragnatela di collegamenti. Ora, con questo esperimento chiamato Web Guide, sembra che Google voglia strappare quella ragnatela.
In pratica, invece di darti una lista di dieci link blu, prende le tue domande complesse e, usando la sua intelligenza artificiale Gemini, ti costruisce delle pagine di risposta che raggruppano le informazioni per argomenti. L’idea, come descritto da Search Engine Journal da Andrea Volpini, è quella di farti “esplorare” un tema da più angolazioni senza saltare da un sito all’altro.
Bello, vero?
Forse per l’utente.
Ma per te, che hai un sito e vivi di visite, significa che Google si prende i tuoi contenuti, li “riassume” e tiene l’utente sulla sua pagina.
Questa mossa non arriva dal nulla. Si inserisce in un periodo di caos totale, iniziato con l’aggiornamento di giugno 2025 che ha messo in ginocchio interi settori. Stiamo parlando di una volatilità così alta che anche i tool più blasonati faticavano a starci dietro.
E mentre tutti cercavano di capire cosa stesse succedendo, Google stava già costruendo il passo successivo per tenersi stretto il traffico.
Il grande saccheggio del traffico organico
Parliamoci chiaro: l’aumento delle “AI Overviews”, ovvero le risposte dirette fornite dall’IA in cima ai risultati, è stato a dir poco aggressivo. Non è stata una crescita graduale, ma un’esplosione che ha portato le ricerche senza clic a sfiorare il 70%. Questo significa che sette persone su dieci trovano la loro risposta su Google e non visitano più nessun sito.
Nessuno.
Se hai un blog o un sito informativo, probabilmente te ne sei già accorto: il traffico cala, e non è colpa tua. Stai semplicemente assistendo a un cambio di paradigma dove Google non è più un motore di ricerca, ma un motore di risposte. Le uniche a godere di questa situazione, a quanto pare, sono le testate giornalistiche giganti, quelle che hanno accordi diretti o una tale autorità da non poter essere ignorate.
Ma la domanda sorge spontanea: se Google si prende la briga di rispondere a tutto, che valore ha l’esperienza di chi, come te, crea contenuti originali ogni giorno?
Stiamo forse delegando la conoscenza a un algoritmo che decide cosa è “utile” e cosa no, basandosi su parametri che conosce solo lui?
La nuova ossessione di Google: l’esperienza ‘autentica’
In mezzo a questo terremoto, Google continua a ripetere la sua solita parola d’ordine: contenuti di qualità, esperienza, autorevolezza.
Certo, facile a dirsi.
Dopo aver penalizzato ingiustamente migliaia di siti con l’aggiornamento sui contenuti utili del 2023, sembra che ora stia facendo marcia indietro, con recuperi parziali osservati da luglio. È un po’ come se dicesse: “Ops, forse abbiamo esagerato”, senza però ammetterlo mai apertamente.
Questo continuo tira e molla ci dice una cosa: nemmeno loro hanno le idee chiarissime, o forse stanno solo perfezionando i loro sistemi per distinguere i contenuti di valore da quelli generati in serie dall’IA.
La verità è che la partita si sposta su un campo diverso. Non si tratta più solo di parole chiave o di backlink. La nuova frontiera, come suggerisce l’esperimento Web Guide, è la comprensione semantica. Google non vuole più solo indicizzare pagine, vuole capire concetti.
E in questo nuovo mondo, essere ‘autentici’ ed ‘esperti’ diventa la moneta di scambio.
Ma chi decide cosa è autentico?
Un algoritmo?
Ecco il vero dubbio con cui dovremo fare i conti.
Google continua a restringere il campo. Si chiama progresso.
L’evoluzione del motore di ricerca che privilegia le risposte dirette non mi stupisce, sebbene la perdita di traffico sui contenuti originali sia un dato di fatto da considerare per chi crea.
Il web è un giardino, e noi siamo gli architetti. Non lasciamo che un singolo giardiniere decida quali fiori fioriscono. Dobbiamo piantare semi robusti, capaci di crescere anche su terreni inaspettati. La nostra resilienza è la vera chiave.
Il re è morto, viva il re. Ma il regno è ancora nostro.
Capisco la frustrazione, ma questo cambio di rotta di Google è un po’ come se un editore decidesse di pubblicare i riassunti invece dei libri. Dobbiamo reinventarci, non farci schiacciare.
Fatti un giro su Amazon, c’è un sacco di roba che puoi vendere invece di piangerti addosso per Google. Rimboccati le maniche.
Siamo nel bel mezzo di una rivoluzione, mica una passeggiata. Google sta riscrivendo le regole, ci sta mettendo con le spalle al muro. Chi non si adatta, sparisce. Semplice.