Meta tenta il colpaccio: 100 milioni per talenti OpenAI

Anita Innocenti

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Meta offre cifre astronomiche per strappare talenti a OpenAI, ma la fedeltà alla missione e l’accesso alle risorse potrebbero rivelarsi più importanti del denaro.

Meta avrebbe cercato di reclutare i migliori ricercatori di OpenAI offrendo bonus d'ingresso fino a 100 milioni di dollari. Secondo Sam Altman, molti talenti avrebbero rifiutato le offerte, preferendo la missione di OpenAI sullo sviluppo dell'Intelligenza Artificiale Generale. La vicenda sottolinea la crescente e costosa guerra per accaparrarsi i migliori cervelli nel campo dell'IA.

Meta tenta il colpaccio: $100 milioni per i talenti di OpenAI. Ma è andata davvero così?

Hai presente quelle notizie che sembrano uscite da un film di spionaggio industriale, ma in salsa tech?

Beh, tieniti forte, perché Sam Altman, il gran capo di OpenAI (sì, quelli di ChatGPT, per intenderci), ha sganciato una bella bomba: pare che Meta, il colosso di Zuckerberg, abbia cercato di “scippargli” i migliori ricercatori offrendo bonus d’ingresso da capogiro, fino a 100 milioni di dollari, lo rivela il New York Times.

Cento milioni!

Solo per firmare un contratto.

Ora, la domanda sorge spontanea: tu, davanti a una cifra del genere, cosa faresti?

Ma la vera questione, quella che ci interessa come imprenditori e osservatori attenti, è un’altra: perché Meta è arrivata a tanto, e soprattutto, com’è possibile che, stando ad Altman, i suoi “pezzi da novanta” abbiano rispedito l’offerta al mittente?

Guerra di talenti nell’IA: Meta tenta il colpo grosso, OpenAI resiste (per ora)

Da una parte abbiamo Sam Altman, un personaggio che ha una storia di innovazione che parte dalla sua startup Loopt fino alla guida di Y Combinator, per poi approdare a OpenAI con la missione quasi messianica di sviluppare l’Intelligenza Artificiale Generale (AGI) “a beneficio dell’umanità”.

Dall’altra, Mark Zuckerberg, che con Meta sta cercando disperatamente di recuperare terreno nel campo dell’IA, tanto da aver creato un team dedicato alla “superintelligenza” che non bada a spese, investendo cifre astronomiche come i 15 miliardi di dollari in Scale AI per potenziare le sue infrastrutture dati.

La strategia di Meta sembra chiara:

se non puoi crearli abbastanza in fretta, i talenti, comprali.

Peccato che, secondo Altman, questo approccio non abbia funzionato con le sue punte di diamante, come riportato su TechCrunch

Figure come Noam Brown di OpenAI e Koray Kavukcuoglu di Google DeepMind avrebbero declinato le generose proposte, lo scrive anche Bloomberg.

Ma è davvero solo una questione di fedeltà alla “missione” o c’è dell’altro che bolle sotto questa guerra fredda per accaparrarsi i migliori cervelli del pianeta?

Soldi contro missione: cosa scelgono davvero i cervelli dell’IA?

Altman non le manda a dire e critica apertamente la strategia di Meta, definendola troppo focalizzata sul compenso economico immediato piuttosto che sulla visione a lungo termine o sulla cultura aziendale. “La gente crede che abbiamo maggiori possibilità di raggiungere l’AGI… e di diventare l’azienda di maggior valore nel lungo periodo”, ha affermato.

In pratica, secondo lui, i ricercatori di OpenAI non si lasciano abbagliare solo dai soldi, ma sono spinti da un ideale più grande. Certo, qualche pezzo pregiato Meta è riuscita a portarlo a casa, come Jack Rae da DeepMind, ma l’impressione è che il nucleo duro di OpenAI per ora tenga.

Aravind Srinivas, CEO di Perplexity AI, ha sottolineato un aspetto interessante: i talenti dell’IA oggi non chiedono solo stipendi faraonici, ma anche accesso immediato a risorse computazionali imponenti, come “10.000 GPU H100”.

Viene da chiedersi: queste maxi-offerte di Meta sono solo un tentativo, per quanto goffo, di costruire un team stellare, o nascondono una strategia più cinica per indebolire un concorrente che, nonostante una valutazione di “soli” 300 miliardi di dollari (contro il trilione e passa di Meta), sta dettando il ritmo dell’innovazione?

E quanto può durare questa resistenza basata sulla “missione” quando le tentazioni economiche diventano così pressanti?

Il futuro dell’intelligenza artificiale: scontro tra titani o corsa verso il progresso?

Questa battaglia per i talenti, che ricorda un po’ la storica acquisizione di DeepMind da parte di Google nel 2015 non è solo una scaramuccia tra miliardari della Silicon Valley.

Tocca nervi scoperti che riguardano il futuro stesso dell’intelligenza artificiale.

Da un lato, OpenAI con la sua (dichiarata) filosofia “nonprofit-first” – anche se ora opera con una struttura a profitto limitato – che punta a uno sviluppo più “etico” e aperto dell’AGI. Dall’altro, un colosso come Meta che, con investimenti previsti di 30 miliardi all’anno in infrastrutture IA, sembra voler dominare il campo con la sua immensa potenza di fuoco finanziaria.

Helen Toner, ex membro del consiglio di OpenAI, ha sollevato un punto cruciale: non si tratta solo di chi ha i talenti migliori, ma di “quale visione della governance dell’IA prevarrà”.

Stiamo assistendo a una sana competizione che accelererà il progresso, o rischiamo una concentrazione di potere e conoscenza nelle mani di pochi, con motivazioni non sempre trasparenti?

La partita è apertissima e, che tu sia un semplice utente o un imprenditore che guarda all’IA per il proprio business, le mosse di questi giganti avranno un impatto diretto su di noi.

La domanda è: siamo pronti a capirne le implicazioni?

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

2 commenti su “Meta tenta il colpaccio: 100 milioni per talenti OpenAI”

  1. 100 milioni? Roba da pazzi. Però capisco chi resta in OpenAI, lì si respira aria di futuro, non solo di soldi. Vedremo chi avrà avuto ragione.

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