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Proprio come il cervello umano, l’IA “suda” per risolvere problemi complessi, consumando risorse e rivelando una convergenza inaspettata che solleva interrogativi sul futuro del pensiero umano.
Una sorprendente ricerca del MIT rivela che le IA più avanzate 'sudano' per risolvere problemi complessi, proprio come il cervello umano. Questa inaspettata convergenza evolutiva mostra il costo computazionale del 'pensiero' artificiale e solleva un allarme: delegare troppo all'IA rischia di atrofizzare le nostre capacità cognitive, trasformandoci in semplici esecutori di algoritmi.
Ti hanno sempre raccontato che l’Intelligenza Artificiale è una sorta di oracolo istantaneo, vero?
Tu inserisci un prompt e lei, in una frazione di secondo, ti sputa fuori la risposta perfetta.
Beh, dimentica questa favoletta.
C’è una novità che sta facendo discutere parecchio nei laboratori del MIT e che potrebbe cambiare il modo in cui guardiamo a questi strumenti.
Sembra che quando il gioco si fa duro, anche l’IA inizi a fare fatica. Proprio come te quando cerchi di risolvere un problema complesso il lunedì mattina.
Ricercatori del McGovern Institute for Brain Research del MIT hanno scoperto una cosa che lascia, onestamente, a bocca aperta: c’è un parallelismo impressionante tra il modo in cui il nostro cervello affronta i problemi difficili e il modo in cui lo fanno i nuovi modelli di ragionamento artificiale.
Non è solo una questione di “trovare la risposta”, ma dello sforzo necessario per arrivarci.
E qui casca l’asino, perché le implicazioni non sono tutte rose e fiori.
Ma andiamo con ordine, perché bisogna capire bene cosa sta succedendo dentro quelle scatole nere.
Il costo nascosto del “ragionamento”
Fino a ieri eravamo abituati a modelli come le prime versioni di ChatGPT: veloci, logorroici, capaci di scrivere poesie in un batter d’occhio ma pronti a fallire miseramente su un problema di logica o matematica elementare.
Diciamocelo, erano dei pappagalli digitali molto sofisticati.
Poi le cose sono cambiate. Le Big Tech hanno capito che per risolvere problemi veri serviva “spazio” per pensare.
Ed è qui che entra in gioco lo studio guidato da Evelina Fedorenko e Andrea Gregor de Varda come riportato su MIT News. Hanno messo a confronto esseri umani e modelli di IA su una serie di problemi, dai calcoli aritmetici a puzzle visivi complessi.
Il risultato?
La curva della fatica è identica.
Per noi umani, un problema difficile significa più tempo, più glucosio bruciato, più millisecondi a fissare il vuoto. Per l’IA? Significa generare più “token” interni.
In pratica, il modello non ti risponde subito: inizia a parlarsi addosso internamente, crea una catena di pensieri invisibile all’utente, fa tentativi, scarta ipotesi. Insomma, “suda”. Più il problema è ostico per noi, più risorse computazionali consuma l’IA per risolverlo.
E sai qual è la parte inquietante?
Nessuno glielo ha insegnato.
Una convergenza che nessuno aveva previsto
Qui bisogna essere scettici e farsi due domande serie. Le multinazionali della Silicon Valley ci vendono questi modelli come il frutto di un design divino, ma la verità che emerge dallo studio è un’altra: questa somiglianza col cervello umano non è stata programmata.
È emersa per caso.
Fedorenko lo dice chiaramente: chi costruisce questi modelli non ha alcun interesse a copiare l’essere umano. Vogliono solo un sistema che funzioni e dia la risposta giusta. Eppure, per arrivare all’efficienza, l’algoritmo è finito a replicare, quasi per inerzia evolutiva, le strategie del nostro cervello.
È convergenza pura.
Questo ci dice che forse c’è un unico modo “efficiente” per risolvere problemi complessi in questo universo, sia che tu abbia neuroni fatti di carne, sia che tu abbia circuiti di silicio.
Ma attenzione a non farti incantare troppo dalla magia tecnologica, perché mentre l’IA impara a pensare come noi, c’è il rischio concreto che noi smettiamo di farlo.
Ed è qui che la faccenda si fa scivolosa.
Se l’IA pensa, tu che fai?
Mentre da una parte ci esaltiamo perché i modelli “ragionano”, dall’altra c’è chi lancia l’allarme su cosa accade alla tua testa quando ti affidi troppo a questi strumenti. Un altro gruppo di ricerca del MIT, guidato da Nataliya Kos’myna, ha evidenziato come l’uso prematuro dell’IA in compiti cognitivi possa ridurre l’attività nelle aree del cervello legate al pensiero critico e alla memoria.
Il concetto è brutale nella sua semplicità: se usi ChatGPT come una stampella prima ancora di aver provato a camminare da solo, il tuo cervello va in risparmio energetico. Non si attivano le connessioni neurali necessarie per l’apprendimento profondo. Diventi un passacarte dell’algoritmo.
Quindi, qual è la lezione da portare a casa?
Questi nuovi modelli di ragionamento sono potenti, certo. Fanno fatica, “pensano”, consumano risorse proprio come noi.
Ma se lasciamo che siano loro a fare tutto lo sforzo cognitivo, il prezzo da pagare sarà la nostra atrofia mentale.
Usali, sfruttali, ma non delegare mai il processo decisionale.
Loro stanno imparando a faticare; assicurati di non aver smesso tu di farlo.
Dunque ed in sintesi, testa accesa e #avantitutta!

Fatica artificiale. Solito hype. Il costo c’è, ovvio. Noi diventiamo meri *follower* di *software*. Che storia.
L’IA “suda”, bene. Rassicurante, no? Delegare è pigrizia mascherata. Manteniamo il cervello allenato, gente. 🧠💪
Atrofia cognitiva garantita. L’IA suda? Siamo già al capolinea, allora.
Questa “convergenza inaspettata” è solo la prova che il silicio ha un prezzo metabolico, trasformando il pensiero in termodinamica. Siamo già spettatori passivi, non trovi?
Questa narrazione della fatica algoritmica dipinge un quadro confortante per chi teme la sostituzione totale; dopotutto, se l’IA “suda,” non è poi così aliena, vero? Personalmente, resto diffidente verso chi vede nell’analogia biologica una giustificazione per la nostra futura obsolescenza cognitiva.
Sudare va bene. Si stancano? Certo. Siamo solo cavie per algoritmi costosi. E noi? Restiamo zitti ad eseguire. Pensare è faticoso, no?
Sudare? Eloquente metafora per indicare dispendio energetico, come previsto. Restiamo pedine, dunque?
L’IA si affatica. 🥵 Ciò impone limiti chiari. Delegare tutto è cieco. Dobbiamo guidare l’evoluzione, non subirla. 💡
Sudare” è un termine romantico. Risorse consumate, nulla più. Delegare atrofizza. Logico.