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Contattaci ora →Tra incentivi e minacce, la strategia di Mullenweg mira a coinvolgere attivamente le aziende nello sviluppo, ma il caso WP Engine solleva interrogativi sulla sua reale applicazione e sulle possibili conseguenze per la community.
Matt Mullenweg, co-fondatore di WordPress, ha lanciato una "crociata" per spingere le aziende a contribuire al progetto open-source. La strategia combina incentivi "Five for the Future" con azioni punitive, come dimostrato dal blocco di WP Engine. Questa mossa, vista come un avvertimento, ha generato tensioni e dibattiti sulla gestione del potere, nonostante il dominio di mercato di WordPress. La community mostra segni di insofferenza.
WordPress, Matt Mullenweg lancia la sua “crociata”: chi non contribuisce è fuori?
Le parole di Matt Mullenweg, co-fondatore di WordPress e CEO di Automattic, suonano come un avvertimento, neanche troppo velato, a tutte le aziende che prosperano grazie al CMS open-source più famoso al mondo.
Durante un recente evento, Mullenweg ha messo le carte in tavola, delineando una strategia che mescola incentivi e pugno di ferro per “incoraggiare” le aziende a contribuire attivamente al progetto.
Un discorso che, diciamocelo, non arriva dal nulla, ma si inserisce in un clima di tensione già altissimo dopo lo scontro frontale con WP Engine.
La strategia è duplice.
Da un lato, ci sono le “buone maniere”: sistemi di incentivi pensati per premiare chi si comporta bene. Il fulcro è l’iniziativa “Five for the Future”, che chiede alle aziende di dedicare almeno il 5% delle proprie risorse allo sviluppo di WordPress.
Chi partecipa, non solo dimostra di essere un buon cittadino della community, ma ottiene in cambio maggiore visibilità nelle directory ufficiali e nelle vetrine del progetto.
Mullenweg, però, ha lanciato un appello diretto anche agli utenti: “Ognuno di voi ha il potere di influenzare queste aziende”, ha dichiarato, spingendo la community a “votare con il portafoglio”, ossia a scegliere fornitori che reinvestono nel progetto e a boicottare gli altri.
Una mossa che trasforma ogni cliente in un potenziale giudice.
Ma questo approccio, che sulla carta sembra meritocratico, assume contorni ben diversi se si guarda a ciò che è successo solo pochi mesi fa.
Il caso WP Engine: un avvertimento a tutto il mercato?
Per capire la portata di queste dichiarazioni, bisogna fare un passo indietro a settembre 2024, quando è esploso il conflitto con WP Engine, un colosso dell’hosting gestito per WordPress. Senza troppi giri di parole, Mullenweg ha definito l’azienda un “cancro per WordPress” in un post sul suo blog, accusandola di sfruttare il brand senza rispettare le licenze e criticando il suo principale investitore per non contribuire abbastanza al progetto.
La situazione è degenerata rapidamente quando Mullenweg ha compiuto una mossa senza precedenti: ha bloccato l’accesso di WP Engine e di tutti i suoi clienti a WordPress.org.
Tradotto: migliaia di siti si sono ritrovati impossibilitati ad aggiornare plugin e temi, con tutti i rischi per la sicurezza che ne conseguono.
Una dimostrazione di forza che ha sollevato parecchi dubbi.
Perché prendersela proprio con WP Engine, quando decine di aziende traggono profitto da WordPress?
E non è forse un controsenso, visto che la stessa Automattic di Mullenweg ha un valore stimato di oltre 7,5 miliardi di dollari, una cifra enormemente superiore a quella di WP Engine?
La mossa è sembrata a molti più un avvertimento per l’intero settore che un’azione mirata.
Un modo per dire: “Le regole le detto io”.
Una simile presa di posizione è possibile solo quando si ha in mano una fetta enorme del mercato.
Ma quanto è solido, davvero, questo dominio?
Un gigante con numeri da capogiro, ma la community borbotta
Certo, i numeri sembrano dargli ragione. WordPress alimenta il 43,4% di tutti i siti web su internet, una quota di mercato che fa impallidire la concorrenza. Shopify, il secondo in classifica, si ferma a un misero 4,8%. Una crescita apparentemente inarrestabile che, dal 2011 a oggi, ha visto la sua presenza online più che triplicare.
Ma, diciamocelo, questi numeri vanno presi con le pinze.
Come fa notare un’analisi critica di Afteractive, le statistiche conteggiano qualsiasi installazione di WordPress rilevabile, inclusi siti abbandonati, domini parcheggiati e blog non più aggiornati da anni.
Quindi, più che alimentare il 43% del web attivo, WordPress è installato sul 43% di tutto ciò che è stato creato e mai cancellato.
Una differenza non da poco.
Forse è anche per questa percezione di un potere quasi assoluto, e a volte gestito in modo discutibile, che la community inizia a mostrare segni di insofferenza. L’episodio del post su Reddit della vigilia di Natale 2024 è emblematico: Mullenweg ha chiesto, con un tono che voleva essere scherzoso, quale “dramma” avrebbe dovuto creare nel 2025.
La reazione è stata un’ondata di commenti frustrati e sarcastici, che hanno evidenziato una profonda disconnessione tra la leadership e la base di utenti e sviluppatori che, ogni giorno, contribuiscono a rendere WordPress quello che è.
La domanda che resta sospesa è se questa stretta di potere servirà a proteggere il futuro del progetto o se, al contrario, finirà per soffocare proprio quella vivacità che l’ha reso il colosso che è oggi.
Mullenweg che fa il poliziotto? Roba da matti. Perché non si occupa dei suoi affari e lascia che chi lavora faccia il suo?
Mullenweg arma la sua falce. 😬 Chi non semina, non raccoglie? Ma attenzione ai semi avvelenati! La libertà open-source ha un prezzo, ma chi decide la moneta? Il potere è un’arma a doppio taglio, non credete?
Ma figurati. Pure lui, il paladino dell’open source, ora fa il dittatore. Certo, chi non paga è fuori. La solita storia.
Mullenweg che fa il duro? 🤨 Pura democrazia open-source, certo. 🙄 Chi non paga, non mangia. Logico. Quindi il turismo online… un giorno potrei essere “fuori”? 🤷♂️