La caccia di cervelli di Meta non sta andando benissimo. Ecco le startup che dicono “no, grazie”

Anita Innocenti

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Il rifiuto delle startup più promettenti mette in discussione la strategia di Meta, che ora punta su investimenti interni e partnership per non perdere terreno nella corsa all’innovazione

Meta ha tentato l'acquisizione di startup AI di spicco come Thinking Machines e Perplexity, ricevendo un rifiuto. In risposta, ha investito 14.3 miliardi di dollari in Scale AI e creato un laboratorio interno. La mossa sottolinea la competizione feroce per i talenti AI, evidenziando come Meta punti su partnership e sviluppo interno per accelerare la sua corsa all'intelligenza artificiale dopo le acquisizioni mancate.

Meta a caccia di cervelli AI: quando le startup dicono “no, grazie” (per ora)

Te lo dico subito, senza tanti giri di parole:

Meta, il colosso di Zuckerberg, ha bussato alla porta di alcune delle startup di intelligenza artificiale più chiacchierate del momento, come scrive Bloomberg.

E non per un caffè, ma con l’idea di mettersi in casa nomi come Thinking Machines Lab, Perplexity AI e persino Safe Superintelligence (SSI).

L’obiettivo?

Accelerare come un treno ad alta velocità sulla corsa all’AI.

Peccato che, come riportato da più voci nel settore tra cui The Verge, questi flirt non si siano trasformati in matrimoni felici.

Pare che sul prezzo e sulla direzione da prendere insieme non ci si sia trovati d’accordo.

E tutto questo, bada bene, poco prima che Meta annunciasse un investimento da capogiro – si parla di 14.3 miliardi di dollari – in Scale AI e la creazione di un suo laboratorio interno per la “superintelligenza”, come osserva CNBC.

Una mossa che fa pensare, no?

Forse che quando la preda più ambita ti scappa, cerchi di costruirtela in casa o ti accontenti di partner meno esigenti?

Ma chi sono questi “gioiellini” che hanno tenuto testa a Zuckerberg?

Prendiamo Thinking Machines Lab, fondata da Mira Murati, un nome che forse ti suonerà familiare perché arriva dritta dritta da OpenAI.

Questa startup è partita col botto, raccogliendo 2 miliardi di dollari in fase seed con una valutazione di 10 miliardi.

Numeri da far girare la testa per un’azienda che, diciamocelo, deve ancora mostrare il suo primo vero prodotto.

E poi c’è la questione della governance: la Murati avrebbe un potere di voto decisamente sproporzionato, cosa che in un mondo AI sempre più sotto i riflettori per questioni etiche e di controllo, qualche domanda la solleva.

Dall’altra parte del tavolo c’era anche Safe Superintelligence, guidata da un altro ex pezzo da novanta di OpenAI, Ilya Sutskever, focalizzata sulla sicurezza dei sistemi AI avanzati.

E non dimentichiamoci di Perplexity AI, il motore di ricerca potenziato dall’AI che punta a dare del filo da torcere a Google.

Anche loro, a quanto pare, hanno preferito continuare per la loro strada.

Viene da chiedersi: queste startup sono davvero convinte di potercela fare da sole, o semplicemente l’offerta di Meta non era poi così allettante come si potrebbe pensare?

La fame di AI di Zuckerberg: innovazione o semplice paura di restare indietro?

Di fronte a questi “due di picche”, uno potrebbe pensare che Meta abbia incassato il colpo e basta.

E invece no.

L’investimento massiccio in Scale AI e la creazione del nuovo laboratorio interno sotto la guida del CEO di Scale AI, Alexandr Wang, dimostrano che Zuckerberg non ha nessuna intenzione di mollare la presa sull’intelligenza artificiale.

Anzi, sembra quasi una dichiarazione di guerra: “Se non posso comprarvi, vi costruisco o mi alleo con chi mi serve”.

Del resto, la competizione con OpenAI e Google è spietata, e Meta sta giocando su più tavoli, sviluppando i suoi modelli open-source Llama e cercando di accaparrarsi i migliori talenti.

Ma è davvero solo una questione di rimanere competitivi o c’è una strategia più profonda?

Forse Meta vede in queste acquisizioni (mancate o future) un modo per inglobare non solo tecnologia, ma anche una certa “aura” di innovazione che al momento le manca, un po’ come quando si compra un’opera d’arte per darsi un tono.

Il punto, però, è che questa corsa sfrenata all’acquisizione di startup AI solleva interrogativi non da poco.

Le valutazioni stratosferiche di aziende appena nate, come quella di Thinking Machines Lab, sono sostenibili o siamo di fronte a una nuova bolla pronta a scoppiare?

E che dire della concentrazione di potere nelle mani di poche grandi aziende tecnologiche?

Stiamo davvero andando verso un futuro in cui l’innovazione più dirompente sarà controllata da un manipolo di colossi, con buona pace della sana competizione e, forse, anche della nostra libertà di scelta?

Mentre Meta si affanna a reclutare i pezzi grossi dell’AI, viene da domandarsi se questa strategia onnivora non finisca per soffocare proprio quella diversità di pensiero che dovrebbe alimentare il progresso.

E ora che si fa? il risiko dell’AI e le mosse future dei giganti

Con queste manovre, Meta ci sta dicendo chiaramente che la sua strategia sull’intelligenza artificiale è un mix complesso: da una parte investe in infrastrutture e partner esterni come Scale AI, dall’altra cerca di costruire in casa la sua “superintelligenza”.

E non è sola in questo gioco.

Persino governi, come quello albanese che pare abbia investito in Thinking Machines Lab, stanno entrando nella partita, a dimostrazione di quanto la posta in gioco sia alta, intrecciando interessi nazionali e ambizioni private. Quello a cui stiamo assistendo, quindi, non è solo una competizione tecnologica, ma una vera e propria ridefinizione degli equilibri di potere.

Gli analisti del settore vedono in queste mosse un segnale di consolidamento: i giganti tech non cercano più solo prodotti da integrare, ma interi team di cervelloni, quasi come se stessero facendo la spesa di talenti prima che lo faccia qualcun altro.

La vera domanda, però, è:

Tutto questo fermento porterà a un’intelligenza artificiale davvero al servizio delle persone, o finirà per creare monopoli ancora più potenti, capaci di dettare legge su come vivremo, lavoreremo e ci relazioneremo nel prossimo futuro?

Mentre Zuckerberg e soci continuano la loro partita a scacchi, a noi non resta che osservare con attenzione, e magari con un pizzico di sano scetticismo, perché quando si parla di futuro, specialmente se targato Big Tech, è sempre meglio tenere gli occhi bene aperti.

E tu, cosa ne pensi di questa fame insaziabile di AI?

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

3 commenti su “La caccia di cervelli di Meta non sta andando benissimo. Ecco le startup che dicono “no, grazie””

  1. Interessante. Forse Meta dovrà puntare di più sulla crescita interna, a questo punto. Vedremo come andrà a finire.

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