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L’interesse di Meta per Scale AI solleva interrogativi sul controllo dei dati e sull’indipendenza delle infrastrutture dell’intelligenza artificiale.
Meta starebbe esplorando un investimento di oltre 10 miliardi di dollari in Scale AI, azienda cruciale per l'etichettatura dei dati che addestrano modelli AI come Llama. L'operazione, la più grande di Meta nel settore esterno AI, mira ad accelerare lo sviluppo, ma solleva preoccupazioni sulla concentrazione del potere e sul controllo dell'infrastruttura dati fondamentale per l'intelligenza artificiale.
Meta e Scale AI: matrimonio d’interesse o strategia più ampia?
Allora, mettiamola così: Meta, che di solito i suoi giocattoli tecnologici se li costruisce in casa con il suo esercito di ingegneri, ora starebbe guardando con parecchio interesse a Scale AI secondo Bloomberg.
Perché?
Semplice, o quasi.
Scale AI è una di quelle aziende che fanno il lavoro “sporco” ma fondamentale per l’intelligenza artificiale: etichettano montagne di dati, quelli che servono per addestrare modelli come Llama, il cervellone artificiale di Meta. Come descritto da Inc.com, parliamo di una forza lavoro di oltre 9.000 persone sparse per il mondo. Un investimento del genere, il più grande di Meta in un’azienda AI esterna, farebbe gola per accelerare lo sviluppo e, diciamocelo, per cercare di tenere il passo con la concorrenza.
Ma la domanda sorge spontanea: è solo una questione di efficienza e velocità, o Meta sta cercando di assicurarsi un controllo su un pezzo vitale della filiera dell’AI? Se un gigante come Meta inizia a investire pesantemente in chi fornisce i “mattoni” per l’AI, cosa succede all’indipendenza di queste infrastrutture?
E chi ci garantisce che l’accesso a queste risorse rimarrà aperto a tutti?
Questa mossa, se confermata, non riguarda solo Meta che vuole “migliorare i suoi prodotti”.
Riguarda il controllo dei dati, la vera benzina dell’AI.
E quando un solo attore ha così tanto potere su una risorsa così strategica, qualche campanello d’allarme dovrebbe suonare.
Ma prima di saltare a conclusioni, chi c’è dietro questa Scale AI che tanto attira le attenzioni (e i potenziali miliardi) di Zuckerberg?
Scale AI: il “ragazzo prodigio” e la miniera d’oro dei dati
A guidare Scale AI c’è Alexandr Wang, un nome che forse non ti dice molto, ma che nel settore è considerato una specie di enfant prodige. Parliamo di un ragazzo che, come racconta The Brand Hopper, ha mollato il MIT per fondare questa azienda nel 2016. E ha fatto centro, trasformandola in un colosso che, secondo le ultime stime riportate da Contrary Research, valeva quasi 14 miliardi di dollari già prima di questo potenziale mega-investimento.
La sua azienda non serve solo Meta, ma ha clienti del calibro di Microsoft, OpenAI e persino il Dipartimento della Difesa americano, come evidenziato da PYMNTS.
Il loro asso nella manica?
La capacità di ridurre, a quanto dicono, i costi di addestramento dell’AI anche del 40% rispetto a chi fa tutto internamente.
Ora, tutto molto interessante, per carità.
Un giovane genio, un’azienda che cresce a dismisura, tecnologia che serve a tanti.
Però, quando vedi che un’azienda così cruciale, con legami anche con il settore militare, potrebbe finire nell’orbita di un gigante come Meta, qualche domanda te la devi porre.
Siamo sicuri che questa concentrazione di potere e dati nelle mani di pochi sia un bene?
E soprattutto, mentre i colossi si stringono la mano e si spartiscono fette di mercato sempre più grandi, cosa resta per gli altri, per le piccole realtà che cercano di farsi strada?
Il club esclusivo dell’AI: siamo tutti invitati o è una festa per pochi?
La verità è che questa possibile operazione tra Meta e Scale AI è solo l’ultimo episodio di una tendenza che dovrebbe farci riflettere.
I giganti del tech stanno stringendo la loro presa sull’intelligenza artificiale, investendo cifre astronomiche e creando partnership che, di fatto, potrebbero chiudere le porte a molti.
Non a caso, come riportato da TechCrunch, persino le autorità europee hanno iniziato a storcere il naso e ad avviare indagini preliminari su queste alleanze tra big tech e startup emergenti dell’AI.
Il punto è questo: mentre ci raccontano che l’AI porterà benefici a tutti, la realtà sembra andare in una direzione diversa, quella di un club esclusivo dove pochi attori dettano le regole e controllano le risorse.
E le piccole e medie imprese?
Rischiano di diventare semplici consumatrici di tecnologie sviluppate e gestite altrove, senza reale possibilità di innovare o competere ad armi pari.
La domanda che dobbiamo farci, e che ti invito a fare, è se questa corsa all’oro dell’AI, con questi investimenti che sembrano più mosse da Risiko che reali spinte all’innovazione diffusa, stia davvero costruendo un futuro migliore e più aperto per tutti, o se, invece, non stia semplicemente rafforzando il potere di chi già ne ha fin troppo.
Un investimento notevole. Vedremo se questa mossa porterà i risultati sperati per Meta e se sarà positiva per Scale AI.
10 miliardi? Speriamo che Zuckerberg sappia cosa fa. Altrimenti, brucerà un altro po’ di soldi e poi darà la colpa al metaverso.