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Contattaci ora →Tra specifiche tecniche all’avanguardia e dubbi sulla protezione dei dati personali, l’innovazione di Meta solleva interrogativi sull’equilibrio tra progresso tecnologico e sicurezza individuale
Meta ha lanciato i Ray-Ban smart con display integrato e AI, alimentati dal chip AR1 Gen 1. Con fotocamera da 12MP e 32GB di memoria, offrono traduzioni e informazioni contestuali. L'annuncio accende la sfida con Apple, che starebbe accelerando i propri progetti. Tuttavia, persistono seri dubbi sull'accettazione sociale e la privacy, le vere sfide di questa tecnologia.
Gli occhiali smart di Meta sono qui. Ma ci servono davvero?
Meta ha svelato i suoi nuovi Ray-Ban, questa volta con un display integrato e un’intelligenza artificiale potenziata. L’annuncio, fatto durante il Connect 2025, ha subito acceso i riflettori sulla perenne sfida con Apple, che a quanto pare sta accelerando i tempi per non restare indietro.
La domanda, però, sorge spontanea: al di là della gara tra colossi, questa tecnologia è davvero la svolta che ci aspettavamo o l’ennesimo gadget in cerca di un vero scopo?
Diciamocelo, l’idea di avere informazioni proiettate direttamente sulle lenti e un assistente AI sempre attivo fa un certo effetto.
Ma basta questo a giustificare un nuovo dispositivo da indossare costantemente?
Meta cala l’asso: specifiche da urlo, ma la privacy?
I nuovi Ray-Ban di Meta non sono un semplice aggiornamento. Dentro c’è il nuovo processore AR1 Gen 1 di Qualcomm, che permette all’intelligenza artificiale di funzionare direttamente sugli occhiali, senza dipendere in tutto e per tutto dallo smartphone.
Le specifiche sono state pompate a dovere: fotocamera da 12MP, memoria interna ottuplicata a 32GB e una resistenza all’acqua che prima mancava. In pratica, puoi registrare video e scattare foto di qualità superiore, con più spazio per conservarle.
Zuckerberg ha mostrato traduzioni in tempo reale e informazioni contestuali che appaiono sulla lente.
Bello, senza dubbio.
Ma il punto è un altro.
Meta stessa ammette che ci sono “problemi di privacy intrinseci” in un dispositivo del genere. Hanno messo un LED più grande per segnalare quando si registra, ma siamo onesti: basta una lucina per sentirci al sicuro in un mondo dove chiunque potrebbe filmarci in qualsiasi momento?
Il dubbio è più che legittimo, come si evince da questo pezzo di The Verge.
E mentre Meta cerca di convincerci che il futuro è sul nostro naso, dall’altra parte della barricata qualcuno si sta muovendo, e pure in fretta.
La rincorsa di Apple: strategia o semplice reazione?
A Cupertino non devono aver preso benissimo la mossa di Meta. Subito dopo l’annuncio, sono emerse voci, secondo cui Apple starebbe spingendo sull’acceleratore per lanciare un proprio dispositivo concorrente prima del previsto.
Una mossa che sa tanto di reazione, più che di strategia pianificata.
Finora Apple si era concentrata sul suo Vision Pro, un visore di realtà mista potente ma ingombrante e, diciamocelo, per pochi.
Questa presunta accelerazione suggerisce un cambio di rotta: puntare a un prodotto più leggero, accessibile e da uso quotidiano, proprio come i Ray-Ban di Meta.
La sfida si sposta quindi dal “chi ha la tecnologia più potente” al “chi riesce a rendere la sua tecnologia invisibile e socialmente accettabile”.
Un conto è indossare un visore in salotto, un altro è portare occhiali con una telecamera integrata a una cena tra amici.
La tecnologia è solo una parte della storia.
La vera partita si gioca su un campo completamente diverso, un campo dove i fallimenti passati pesano come macigni.
La vera partita non è tecnologica, è culturale
Ti ricordi i Google Glass? O gli Spectacles di Snap? Progetti ambiziosi finiti nel dimenticatoio perché, semplicemente, la gente non era pronta a indossarli. E non solo per una questione estetica.
Il problema principale era, e rimane, l’accettazione sociale.
Meta ha giocato d’astuzia alleandosi con EssilorLuxottica, trasformando un gadget tecnologico in un accessorio di moda firmato Ray-Ban. Una mossa intelligente per sdoganare l’oggetto.
Ma il nodo cruciale resta irrisolto.
Siamo disposti a normalizzare una sorveglianza potenzialmente continua in cambio della comodità di avere le notifiche sulle lenti?
La battaglia tra Meta e Apple non si vincerà con megapixel o potenza di calcolo. La vincerà chi riuscirà a convincerci che i benefici superano i rischi, chi saprà rispondere in modo credibile ai dubbi sulla privacy e chi, soprattutto, riuscirà a trasformare un paio di occhiali “smart” da oggetto di diffidenza a status symbol desiderabile.
E, al momento, la strada sembra ancora tutta in salita.
Tecnicamente impressionanti, certo. Ma vendere l’idea di avere un computer negli occhi, con tutta la sorveglianza che comporta, mi pare una mossa da venditore di pentole che promette il miracolo. Speriamo solo che la gente capisca cosa sta comprando.
Altra diavoleria per spiare. Spero che la gente non si venda per un po’ di “progresso”.
Ma sì, certo, un altro aggeggio per farsi notare mentre si filma tutto. Ci mancava proprio. Chissà se si possono disattivare le telecamere, ma ne dubito.
Meta gioca d’anticipo, ma il vero banco di prova è l’utente. Se il prezzo della comodità è la nostra privacy, forse è meglio tornare a guardare il mondo con i nostri occhi.
Non sono convinta di questa faccenda degli occhiali con display. Che poi, chi li guarderà? Sembra un po’ una cosa che non mi tocca. Non so, mi preoccupa un po’ tutto questo tracciare.
Soliti proclami. Altra tecnologia per raccogliere dati, mascherata da comodità. Vedremo se la gente si lascerà abbagliare dalle luci o se capirà il prezzo reale.
Ancora gadget invadenti che promettono chissà cosa. Altra roba per spiare la gente, alla fine. Ci siamo già passati.
Ah, la privacy. Sembra che alcuni non capiscano che il progresso tecnologico non si ferma per le loro paranoie. Meta sta solo offrendo strumenti, la scelta di usarli resta a noi. O siamo davvero così disposti a rinunciare a tutto per un po’ di sicurezza illusoria?
Ma che si inventano ora ‘sti geni? Display negli occhiali, AI che ti spia. Il progresso è bello, ma a quale prezzo?
Non so, a me sembrano un po’ inutili. Tante funzioni, ma alla fine se devo guardare uno schermo, uso il telefono. La protezione dei dati poi, è un discorso che lascia il tempo che trova.
Le potenzialità sono notevoli, ma la sorveglianza mi spaventa. Non so se sarei in grado di accettare di essere sempre “osservato”.
L’integrazione dell’AI negli occhiali smart apre scenari inediti per l’interazione quotidiana. Rimane da valutare l’accettazione del pubblico e la gestione delle implicazioni sulla privacy.
Bella sfida per Meta, ma la privacy resta un nodo da sciogliere per l’utente. Ci fidiamo?
La tecnologia è già qui. La vera questione è se la gente li vorrà veramente usare.