Le regole del digitale stanno cambiando.
O sei visibile o sei fuori. Noi ti aiutiamo a raggiungere i clienti giusti — quando ti stanno cercando.
Contattaci ora →L’accordo tra le due società si fa sempre più stretto, ma il rischio è che l’innovazione tecnologica diventi monopolio di pochi colossi
Microsoft e OpenAI rinegoziano l'accordo chiave per l'Intelligenza Artificiale Generale (AGI). Microsoft teme di perdere l'accesso alla tecnologia e punta a una quota del 30% nella nuova entità "for-profit" di OpenAI. La mossa strategica solleva interrogativi sul futuro controllo dell'AI e la sua indipendenza, con la causa di Elon Musk che aggiunge ulteriore complessità.
Microsoft e OpenAI: quando un’alleanza nasconde la paura di restare indietro
Sembra la solita stretta di mano tra giganti, ma a guardare bene, il nuovo accordo che Microsoft e OpenAI stanno cucinando ha tutta l’aria di un patto siglato per pura necessità. La notizia è che le due aziende stanno rinegoziando i termini della loro collaborazione.
Il motivo? Microsoft si è resa conto di avere un problema, e non da poco: il suo accesso alla tecnologia di OpenAI, quella che fa funzionare meraviglie come Copilot, potrebbe svanire nel momento esatto in cui OpenAI dovesse raggiungere la cosiddetta Intelligenza Artificiale Generale (AGI), il sacro Graal del settore.
L’attuale contratto, infatti, contiene clausole che a quel punto limiterebbero l’utilizzo dei modelli da parte di Microsoft, lasciandola di fatto con un pugno di mosche in mano.
E così, Satya Nadella e Sam Altman si sono messi al tavolo per riscrivere le regole. Non si tratta di un semplice aggiornamento, ma di una mossa strategica per Microsoft, che ha basato gran parte del suo futuro sull’integrazione dell’IA nei suoi prodotti.
Perdere l’accesso privilegiato ai modelli più avanzati sarebbe un colpo durissimo, quasi un autogol.
Ma cosa è disposta a concedere OpenAI per tenersi stretto il suo partner più ricco e potente?
Un affare tra “amici” con qualche ombra di troppo
Qui la faccenda si fa interessante. Per assicurarsi un futuro tranquillo, Microsoft non sta solo chiedendo un accesso illimitato, ma punta a mettere le mani su una fetta consistente della torta. Si parla di una quota di circa il 30% nella nuova struttura di OpenAI, che sta passando da organizzazione non-profit a una più ambigua entità “for-profit a beneficio pubblico”.
Una definizione che suona nobile, ma che nasconde dettagli piuttosto spinosi. Ad esempio, questa nuova struttura, per le sue decisioni più importanti, avrebbe bisogno del via libera proprio di Microsoft.
Diciamocelo, un’organizzazione a “beneficio pubblico” che deve chiedere il permesso a una delle più grandi multinazionali del mondo solleva qualche dubbio sulla sua reale indipendenza. E non sono l’unico a pensarlo.
C’è già chi, come Elon Musk, ha portato la questione in tribunale, accusando Altman di aver tradito la missione originaria di OpenAI per inseguire il profitto, come descritto da Ainest. La causa di Musk è una bella spina nel fianco che aggiunge complessità a un quadro già ingarbugliato.
Ma al di là delle battaglie legali e delle quote azionarie, la vera domanda è un’altra: che ne sarà del futuro dell’Intelligenza Artificiale se le sue chiavi finiscono nelle mani di così pochi?
Il futuro dell’AGI: bene comune o monopolio aziendale?
Questo accordo non riguarda solo due aziende, ma disegna il futuro dell’intero settore. Stiamo assistendo alla progressiva concentrazione di un potere tecnologico immenso nelle mani di un club ristrettissimo.
Microsoft, con i suoi investimenti miliardari (si parla di oltre 13 miliardi di dollari in totale), non si sta limitando a finanziare la ricerca, ma sta di fatto costruendo un recinto dorato attorno alla tecnologia più promettente del nostro tempo.
Tutti parlano di “garanzie etiche” e “sviluppo responsabile”, ma quando gli interessi economici in gioco sono così enormi, viene da chiedersi quanto queste belle parole siano sincere.
Le “salvaguardie” che Microsoft vuole imporre per evitare un uso sregolato dell’AGI non rischiano di diventare, in realtà, uno strumento per controllare il mercato e tagliare fuori la concorrenza?
L’idea di un’intelligenza artificiale sviluppata per il bene dell’umanità sembra allontanarsi, lasciando il posto a una realtà in cui le decisioni strategiche vengono prese nei consigli di amministrazione, con l’obiettivo di massimizzare i profitti e consolidare il proprio dominio.
La partita è ancora aperta, ma la direzione sembra chiara.
E non è detto che a vincere saremo tutti noi.
Giganti che si stringono le mani, ma con un occhio al contatore. Monopolio in vista?
L’AI è un treno in corsa. Chi non sale rischia di rimanere a terra. Ottima mossa per non perdere la locomotiva.
Il treno corre, vero. Ma attenzione a chi tira le redini. Controllo e accesso, il gioco è questo. Il resto è fumo negli occhi.
Ma che storia! 😅 Sembra proprio che la paura di fare la fine del dinosauro spinga a strategie… interessanti! 🚀 Speriamo solo che il futuro dell’AI non finisca nelle mani di pochi eletti, eh? 😉
Tanto rumore per un accesso privilegiato, come se non fosse un accordo tra chi ha gli stessi, preoccupanti, interessi.
Siamo all’apice del pragmatismo, dove il timore di essere tagliati fuori spinge a patti tra potenti. Logico.
Ma che meraviglia. Un patto per non farne un club esclusivo. La paura crea legami indissolubili. Davvero commovente.
Alleanza, sì. Ma il controllo chi lo detiene?
Ah, il solito balletto dei titani, dove la paura di essere l’ultimo a ballare detta i passi. Un patto d’amore o un’alleanza di convenienza per arginare l’orda?