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Contattaci ora →Tra protezione dei minori e timori per la privacy, la decisione di OpenAI solleva interrogativi sulla gestione dei dati personali e sulle motivazioni reali dietro questa mossa.
OpenAI introduce la verifica dell'età su ChatGPT, potenzialmente richiedendo un documento d'identità. Ufficialmente per proteggere i minori, la decisione arriva strategicamente prima di un'audizione al Senato USA sui rischi dell'IA. Questa mossa solleva interrogativi su privacy, sicurezza e un possibile tentativo di placare le critiche con una soluzione 'pronta'.
OpenAI cambia le regole: ora ChatGPT ti chiederà la carta d’identità?
Diciamocelo, la notizia ha del clamoroso.
OpenAI ha appena annunciato che ChatGPT inizierà a “indovinare” la tua età e, in certi casi, potrebbe persino chiederti un documento d’identità per verificare che tu sia maggiorenne. Esatto, hai capito bene.
La giustificazione ufficiale è quella di proteggere i minori, creando un’esperienza d’uso più “sicura” e limitata per gli adolescenti. Una decisione che arriva dopo che l’azienda è finita nell’occhio del ciclone per alcune cause legali che collegano il chatbot a tragici casi di suicidio tra i giovani.
La faccenda è seria, non c’è dubbio.
Ma la domanda che sorge spontanea è: questa è una reale presa di coscienza o una mossa strategica per placare gli animi e, soprattutto, i tribunali?
“Sicurezza” o controllo? come funzionerà il nuovo sistema
Vediamo di capire come dovrebbe funzionare questo meccanismo. In pratica, un algoritmo di predizione dell’età cercherà di capire se sei un adulto o un adolescente. Nel dubbio, ti tratterà come un minore, applicando filtri più rigidi e limitando certi tipi di conversazione.
Sam Altman, il CEO di OpenAI, ha dichiarato che per i ragazzi la priorità è la sicurezza, anche a costo di sacrificare privacy e libertà.
Insomma, è lontano il tempo in cui il boss di OpenAI affidava il figlio a ChatGPT…
E per gli adulti?
Beh, Altman ammette che chiedere un documento d’identità è un “compromesso sulla privacy”, ma lo definisce uno “scambio vantaggioso”.
Vantaggioso per chi, verrebbe da chiedere.
Siamo sicuri che fornire i nostri dati a una delle più grandi aziende tech del mondo, solo per poter usare liberamente un servizio, sia un passo nella direzione giusta?
La linea tra protezione e controllo si fa improvvisamente molto, molto sottile.
E c’è un altro dettaglio, una coincidenza temporale che, a essere onesti, puzza un po’ di bruciato.
Una mossa strategica (e un po’ sospetta)
L’annuncio di queste nuove misure non è arrivato in un giorno qualunque. È stato fatto, guarda caso, poche ore prima di un’audizione al Senato degli Stati Uniti proprio sui rischi legati ai chatbot di intelligenza artificiale.
Viene da pensare che OpenAI stia cercando di arrivare davanti ai giudici e ai politici con i “compiti fatti”, presentando una soluzione pronta all’uso per arginare le critiche e, forse, per evitare una regolamentazione ben più severa.
Stanno davvero mettendo la sicurezza al primo posto, come dicono, o stanno solo lucidando la loro immagine pubblica nel momento del bisogno?
La verità è che, al di là delle dichiarazioni, si sta giocando una partita enorme sulla nostra pelle e sui nostri dati. Da un lato la necessità di proteggere le persone più vulnerabili, dall’altro il rischio di una sorveglianza digitale sempre più pervasiva. E in mezzo, un’azienda che deve difendere i propri interessi.
La domanda, a questo punto, non è se queste misure funzioneranno, ma a quale prezzo.
Questa verifica dell’età mi mette un po’ in ansia per la privacy. Ma proteggere i giovani è un dovere, no?
Certo, “proteggere i minori” è la scusa che usano sempre. Mi chiedo se poi i nostri documenti li useranno per crearci dei gemelli digitali. Una bella trovata per far passare il controllo per tutela.
La scusa della protezione minori è un po’ debole, mi pare più una mossa per prendere tempo prima delle udienze. Alla fine, chi ha da nascondere, troverà sempre il modo.
Io non mi fido a dare i miei documenti a un’azienda che punta a controllare le menti. C’è di più dietro questa storia, mi pare.