OpenAI estende i “Shared projects” a tutti

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

O sei visibile o sei fuori. Noi ti aiutiamo a raggiungere i clienti giusti — quando ti stanno cercando.

Contattaci ora →

Una mossa che estende a tutti gli utenti ChatGPT la funzione “Shared Projects”, finora riservata ai piani a pagamento, ma che nasconde insidie e potenziali dipendenze tecnologiche.

OpenAI ha esteso i "Shared Projects" a tutti gli utenti ChatGPT, funzione prima riservata ai piani a pagamento. Questa mossa, che permette la collaborazione su chat e file, è vista più come una precisa strategia commerciale. L'obiettivo è spingere gli utenti verso abbonamenti più completi, creando una dipendenza dalla piattaforma e posizionando OpenAI come fulcro delle attività lavorative, contendendo terreno a Google Workspace e Microsoft Teams.

Un “regalo” per tutti? non proprio.

La notizia è che ora, che tu abbia un account Free, Plus, Pro o Go, puoi creare uno spazio di lavoro condiviso. L’idea è quella di mettere insieme chat, file e istruzioni personalizzate per collaborare su un progetto specifico.

Bello, vero?

Certo, ma il diavolo, come si suol dire, si nasconde nei dettagli. I limiti, infatti, cambiano parecchio a seconda di quanto paghi: gli utenti Free possono collaborare su un massimo di 5 file con 5 persone.

Un assaggio, nulla di più.

Per fare sul serio, con più file e più collaboratori, devi inevitabilmente passare a un piano a pagamento.

Diciamocelo, questa non è pura generosità.

È una strategia commerciale precisa: ti faccio provare gratis uno strumento potente quanto basta per farti capire che ti serve, ma abbastanza limitato da spingerti a mettere mano al portafoglio.

Un classico gancio per tirarti dentro il loro modello di abbonamento.

Il punto è che, una volta che il tuo team si abitua a lavorare così, tornare indietro diventa un incubo. E questo ci porta dritti alla domanda successiva.

Lavoro di squadra potenziato o un’altra dipendenza digitale?

Sulla carta, la funzione risolve un problema reale. Pensa al tuo team marketing che deve preparare una campagna: invece di scambiarsi file su mille canali diversi, può caricare tutto in un unico progetto su ChatGPT.

L’IA mantiene la memoria del contesto, quindi non devi rispiegarle tutto ogni volta. Il copywriter può scrivere i testi, il grafico può chiedere idee per le immagini e il social media manager può buttare giù il piano editoriale, tutto nello stesso posto.

Sembra efficiente, e probabilmente lo è.

Ma c’è un rovescio della medaglia.

Stiamo concentrando tutto il nostro processo creativo e strategico all’interno di un’unica piattaforma proprietaria. Stiamo affidando a OpenAI non solo l’esecuzione di task, ma l’intero flusso di lavoro, le nostre idee, i nostri dati.

La comodità ha un prezzo, e quel prezzo rischia di essere una dipendenza tecnologica da cui sarà difficile liberarsi.

Stiamo davvero migliorando il nostro modo di lavorare o stiamo solo diventando più dipendenti da un unico fornitore?

La promessa è quella di abbattere i silos informativi tra i reparti, ma la realtà potrebbe essere quella di costruire un unico, enorme silo dorato di proprietà di OpenAI.

La vera scommessa: diventare il centro del tuo ufficio

Questa mossa non arriva dal nulla. Fa parte di una strategia molto più ampia e ambiziosa. OpenAI non vuole più essere solo un’assistente virtuale a cui chiedi di scrivere un’email o di riassumere un testo.

Vuole diventare il sistema operativo del tuo lavoro, il fulcro attorno a cui ruotano tutte le attività del tuo team, andando a pestare i piedi a giganti come Google Workspace e Microsoft Teams. Non a caso, stanno spingendo sempre di più sulle integrazioni con strumenti che usiamo ogni giorno.

Certo, ci assicurano che la privacy è garantita e che i dati di un progetto restano isolati.

Ma la domanda è: ci fidiamo a mettere il know-how della nostra azienda, le strategie confidenziali e i dati dei clienti nelle mani di un’azienda la cui agenda strategica è ancora, per molti versi, una scatola nera?

La mossa è audace, non c’è dubbio.

OpenAI non vuole più essere uno strumento che usi, ma il posto dove lavori.

La vera domanda è: siamo pronti a darle questo potere?

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

14 commenti su “OpenAI estende i “Shared projects” a tutti”

  1. Un’apertura che sembra generosa, ma è solo l’amo per una rete più fitta. La comodità è un vicolo cieco se ti incatena a un fornitore.

  2. Certamente, una mossa commerciale mascherata da generosità. Ma quale sarà il prezzo di questa “comoda” dipendenza digitale?

    1. Certo, questa generosità porta con sé il sapore amaro della dipendenza. Ci stanno tessendo la tela, passo dopo passo, fino a quando non saremo imprigionati nella loro rete, un’illusione di libertà.

    2. Il velo si alza, ma la trama resta la stessa. Condivisione? O un nodo che stringe? Ogni porta aperta rischia di diventare una gabbia se non si controlla la chiave. Chi gestisce il filo, tesse il destino.

  3. Una mossa astuta, un cavallo di Troia nel mondo della collaborazione. Chissà se poi ci ritroveremo legati a doppio filo?

      1. È un po’ come vedere le nuvole cambiare forma, questa nuova funzione. Si apre un mondo di possibilità, certo, ma mi chiedo se non stiamo scambiando la comodità con un sentiero unico. Chissà dove ci porterà questo nuovo modo di lavorare insieme.

        1. Nicola Caprioli

          Un’estensione che sa di catena dorata. Ora la nostra creatività si incatena a server altrui, un’illusione di condivisione celando un debito perpetuo. Dove finisce la collaborazione e inizia la dipendenza?

    1. Paola Montanari

      Ma va’, “shared projects” per tutti. Un bel contentino. Tanto poi ci incastrano con qualche feature succosa a pagamento. La solita zuppa tecnologica, servita per bene. Alla fine, ci cascate sempre, eh?

  4. Ecco, un’altra di queste “novità” tecnologiche. 🙄 Collaborare, dici? Mi sembra più un modo per farci mettere tutte le nostre cose lì dentro. Poi, se decidi di cambiare, sono guai. Non so voi, io preferisco tenere le cose più vicine. 😉

    1. Un’apertura che sa di trappola, una rete tessuta con fili di comoda collaborazione. Alla fine, saremo tutti ingranaggi di un sistema che ci lega invisibilmente.

    2. Mah, ‘sti progetti condivisi a manetta, mi puzza di trappola. Ti legano a sti server, poi se chiudi bottega, ti ritrovi col culo per terra. Chi controlla ‘sti dati, poi?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ricevi i migliori aggiornamenti di settore