OpenAI è pentita? Sora cambia rotta sul copyright, dall’opt-out all’opt-in

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

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Dall’iniziale “arrangiatevi” all’obbligo di chiedere il permesso, una svolta che sembra una vittoria per i creatori ma che potrebbe nascondere una strategia di comunicazione.

OpenAI ha completamente invertito la rotta sulla gestione dei diritti d'autore per Sora. Dopo un'ondata di critiche, la politica è passata dall'iniziale "opt-out" a un sistema di "opt-in", richiedendo il consenso esplicito dei creatori. Sam Altman ha inoltre annunciato accordi di "revenue-sharing". La decisione, pur positiva, solleva interrogativi sulla sua spontaneità, suggerendo una strategia comunicativa.

Da “arrangiati” a “chiediamo il permesso”

Inizialmente, la posizione di OpenAI era, diciamocelo, piuttosto comoda per loro e decisamente scomoda per chiunque avesse creato un personaggio o un’opera protetta da copyright. La politica era di “opt-out”: in pratica, i tuoi contenuti potevano essere usati da Sora per generare video a meno che tu, creatore, non ti fossi attivato per chiederne esplicitamente l’esclusione. Il peso della prova e dell’azione era tutto sulle tue spalle.

Ora, con Sora 2, la musica è cambiata. Si passa a un sistema di “opt-in”, dove OpenAI deve ottenere un consenso esplicito prima di poter utilizzare materiale protetto. Un cambio di rotta di 180 gradi che, stando ad Altman, garantirà un “controllo più granulare sulla generazione dei personaggi”.

Ma la domanda è: si tratta di una sincera presa di coscienza o c’è dell’altro sotto?

La promessa di nuovi guadagni (per chi ci sta)

Oltre al cambio di rotta sull’autorizzazione, Altman ha messo sul piatto un’altra carta interessante: la possibilità di accordi di “revenue-sharing”.

Questo significa che i detentori dei diritti che decideranno di concedere in licenza le proprie creazioni a Sora potrebbero vedere un ritorno economico. In sostanza, OpenAI non si limita a chiedere il permesso, ma offre anche una potenziale fetta della torta a chi decide di collaborare.

Una mossa che trasforma un obbligo legale (il rispetto del copyright) in un’opportunità di business.

Un quadro che, a prima vista, sembra quasi perfetto.

Peccato che la tempistica e le modalità di questa marcia indietro sollevino qualche dubbio sulla reale spontaneità della mossa.

Una strategia di comunicazione o un vero pentimento?

Analizziamo la sequenza dei fatti: OpenAI lancia una politica controversa, attira su di sé una valanga di critiche e ottiene un’enorme attenzione mediatica. Pochi giorni dopo, fa un passo indietro, si presenta come un’azienda che ascolta la sua community e risolve il problema che lei stessa ha creato, aggiungendo pure la promessa di guadagni.

Qualcuno, come si evince da questo pezzo di The Verge, l’ha definita una manovra calcolata per massimizzare la copertura mediatica.

È difficile non pensare che la prima, indifendibile politica di “opt-out” sia stata un’esca, lanciata per poi poter mostrare al mondo un volto più “umano” e collaborativo.

Una strategia astuta, non trovi?

Resta il fatto che ora le regole sono cambiate, e questo precedente potrebbe influenzare il modo in cui l’intera industria dell’IA affronterà la questione del copyright d’ora in avanti.

Staremo a vedere.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

15 commenti su “OpenAI è pentita? Sora cambia rotta sul copyright, dall’opt-out all’opt-in”

  1. Veronica Valentini

    Mi sento un po’ esposta con queste dinamiche. L’idea di dover sempre “difendere” la propria opera mi sfianca. Spero che questo sia un passo sincero verso un rispetto maggiore per chi crea.

    1. Simone Ferretti

      Veronica, ti capisco benissimo, questa continua battaglia per la propria creazione è estenuante. Mi sembra che stiano solo cercando di placare le acque, ma il danno è fatto, non credi?

  2. Melissa Romano

    Un passo indietro, certo, ma il peso della sfiducia rimane. Sembra più un tentativo di riparare un danno che un vero ripensamento.

  3. Beatrice Benedetti

    Questa inversione di marcia è un segnale che la pressione funziona! Resta da capire se il “revenue-sharing” sarà equo o un altro modo per fidelizzare i creatori. Sono curioso di vedere i dettagli!

  4. Lorena Santoro

    Finalmente un po’ di buon senso, o forse solo la paura di una causa legale. La comunicazione non è tutto, conta l’azione concreta e duratura per tutelare chi crea.

  5. E bravi! Prima si prendono il materiale altrui, poi ci ripensano. Che generosità, concederci l’opt-in dopo averci snobbato. Chissà se con i ricavi condivideranno anche le spese legali che dovremo affrontare per far valere i nostri diritti.

  6. Alessandro Parisi

    Il cambio di rotta di OpenAI da “opt-out” a “opt-in” sull’uso dei contenuti è un’ovvia mossa di pubbliche relazioni. Vogliono apparire virtuosi, ma il gioco è sempre lo stesso: raccogliere dati a basso costo.

  7. Riccardo De Luca

    Cambiano le parole, ma non la sostanza. Tattica di facciata per guadagnare tempo e consenso, mica per genuina rettifica. Vedremo se questo “opt-in” durerà più delle belle promesse.

    1. Veronica Valentini

      Mi sento un po’ smarrita di fronte a questi cambiamenti repentini. Come piccola imprenditrice, temo sempre di essere lasciata indietro o che le mie creazioni vengano usate senza il mio consenso. Questo “opt-in” è rassicurante, ma resta il timore di una mossa studiata più che un vero passo indietro.

  8. Ah, il pentimento repentino di OpenAI! Da “fatti furbo” a “ti prego, dimmi tu”. Sembra che abbiano capito che anche i creatori hanno un dito e sanno usarlo per bloccare certe cose. Chissà se questa gentilezza durerà o è solo un modo per farsi perdonare più in fretta?

  9. Walter Benedetti

    Questa inversione a U è puramente tattica. OpenAI cerca di placare le polemiche, ma la sostanza delle loro ambizioni rimane immutata. La vera sfida è capire se questa concessione nasconde un piano più grande.

    1. Antonio Barone

      Questa inversione è solo un tentativo di salvare la faccia. Pensano che basta un “ci dispiace” per farci dimenticare il loro iniziale disinteresse per i diritti altrui? Mah.

    2. Daniele Palmieri

      Certo, il pentimento è una parola grossa. Diciamo che hanno capito che fare finta di niente non paga più, soprattutto a livello di immagine. Ora c’è da capire se questo “opt-in” è un vero passo avanti o solo un modo per prendersi del tempo.

  10. Simone De Rosa

    Il passaggio dall’opt-out all’opt-in è un cambiamento notevole. Forse è un segno che le aziende tech stanno iniziando a considerare di più i diritti dei creatori, o forse è solo una mossa per gestire l’opinione pubblica.

  11. Lorena Santoro

    Ma figuriamoci se è pentita! Un cambio di rotta così netto puzza di mossa calcolata per ripulirsi l’immagine. Pensano davvero che basti un “ci scusiamo” dopo aver agito come predatori? La priorità resta il profitto, il resto è fuffa. Vogliono solo evitare cause legali più salate.

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