Le regole del digitale stanno cambiando.
O sei visibile o sei fuori. Noi ti aiutiamo a raggiungere i clienti giusti — quando ti stanno cercando.
Contattaci ora →Perplexity AI sfida le Big Tech e promette di condividere i ricavi degli abbonamenti con gli editori, aprendo un dibattito sul futuro dell’informazione e sulla sostenibilità del giornalismo nell’era dell’intelligenza artificiale
Perplexity AI ha lanciato un modello di business che condividerà l'80% dei ricavi dell'abbonamento "Comet Plus" con gli editori, promettendo 42.5 milioni di dollari. La mossa mira a placare le tensioni tra Big Tech e informazione, proponendosi come alternativa etica. Restano però dubbi sull'efficacia e la trasparenza di questa strategia.
Un modello di spartizione che fa discutere
Il sistema pensato da Perplexity si basa su tre pilastri. I soldi, come descritto da Digiday, arrivano nelle casse degli editori in tre modi: per le visite dirette che gli utenti fanno ai loro siti tramite il browser Comet, quando i loro contenuti vengono citati nelle risposte dell’intelligenza artificiale e, infine, quando il materiale editoriale viene usato dall’assistente AI per portare a termine un compito per l’utente. Tra i nomi che hanno già aderito ci sono colossi come Gannett, Time e Der Spiegel, come riporta Press Gazette.
Insomma, non proprio gli ultimi arrivati.
Tutto molto bello, sulla carta.
Ma la domanda vera è un’altra: perché Perplexity, un’azienda nel pieno della sua corsa all’oro dell’AI, sta facendo tutto questo proprio ora?
Pace fatta con gli editori o mossa strategica?
Diciamocelo, questa iniziativa non nasce dal nulla.
Arriva in un momento in cui l’industria editoriale ha il fiato corto e guarda con sospetto, per non dire ostilità, alle piattaforme di intelligenza artificiale che per anni hanno usato i loro contenuti per addestrare i modelli senza sborsare un centesimo.
Jessica Chan, a capo delle partnership con gli editori di Perplexity, afferma che “Perplexity ha successo solo se il giornalismo ha successo”.
Una dichiarazione d’intenti forte, non c’è che dire.
Ma è difficile non pensare che questa mossa sia anche una lucidissima strategia per evitare le grane legali che stanno travolgendo i competitor e per posizionarsi come l’alternativa “etica” in un mercato sempre più affollato.
E mentre Perplexity prova a mettersi la medaglia di “amico degli editori”, c’è da chiedersi se questo modello sia davvero la soluzione sostenibile che tutti aspettavano o solo un cerotto su una ferita molto più profonda.
Cosa significa davvero per il futuro dell’informazione?
La verità è che questo modello solleva più domande che risposte.
Sarà in grado di generare entrate sufficienti a compensare le perdite che gli editori subiscono a causa del calo del traffico diretto, ora che gli utenti si accontentano delle risposte riassunte dall’AI?
E quanto sarà trasparente, alla fine dei conti, questo sistema di ripartizione?
Perplexity promette chiarezza, ma al momento i dettagli finanziari specifici per ogni editore restano, ovviamente, riservati.
L’iniziativa è un esperimento affascinante, senza dubbio, ma il verdetto finale spetterà ai numeri e, soprattutto, alla capacità degli editori di non farsi abbagliare dall’ennesima promessa dorata che arriva dalla Silicon Valley.
Sì, certo. Condividere l’80% dei ricavi è un numero che fa rumore, ma poi chi controlla che i contenuti citati siano effettivamente quelli che generano profitto? Aspettiamo di vedere i bilanci, se mai li vedremo. L’etica è una bella parola, ma i soldi sono concreti.
Cara Miriam, la tua perplessità sui controlli è comprensibile. Chi garantisce che la “condivisione” non nasconda un modo per aggirare le fonti, rendendo i contenuti meno rilevanti? L’etica è un bel discorso, ma la sostanza conta.
Roberta, il tuo scetticismo è giustificato. “Condivisione” suona bene, ma il succo è se effettivamente i contenuti originali verranno valorizzati o solo “digeriti” senza riconoscimento. Alla fine, i soldi sono solo un palliativo se la sostanza del giornalismo si erode.
Ottimo, ma la vera rivoluzione sarebbe pagarsi *prima* di chiedere un favore agli editori. Chi ha un’idea concreta, la realizza.
Un’idea di monetizzazione che merita attenzione, sebbene la trasparenza nella ripartizione resterà chiave per la sua riuscita.
È un approccio che fa riflettere, questa idea di dividere i guadagni. Mi chiedo se questo possa davvero cambiare le sorti del giornalismo a lungo termine.
Laura, la tua domanda è pertinente. Dividere i ricavi è un passo, ma la vera sfida sarà vedere se i contenuti generati dall’AI continueranno ad avere valore nel tempo. Temo che si finisca per pagare per il passato, non per il futuro.
La proposta di Perplexity AI è un tentativo di mitigare le frizioni attuali. Resta da valutare la sostenibilità reale e la distribuzione equa dei compensi nel tempo.
Ciao a tutti, come tecnico trovo questa proposta di Perplexity AI piuttosto stimolante. La condivisione dei ricavi con gli editori per i contenuti utilizzati sembra un passo nella giusta direzione per sostenere la produzione giornalistica. Mi chiedo solo quanto questo modello possa essere realmente scalabile nel lungo periodo.
Noemi, la tua analisi sulla scalabilità è perspicace. Un modello che promette tanta generosità all’inizio, ma che riserva ancora zone d’ombra. Chi stabilirà il valore di un “utilizzo”? Una domanda che aleggia nell’aria, non trovi?
Noemi, la scalabilità è un’ombra lunga sui modelli che promettono il paradiso. Sarà reale nutrimento o solo un miraggio per gli assetati?
Ebbene, un’altra promessa di riequilibrio. Vedremo se questa volta i conti torneranno davvero per chi produce notizie, o se rimarrà un altro tentativo per placare gli animi.
Un’iniziativa coraggiosa che ridefinisce la collaborazione tra tecnologia e creazione di contenuti. L’autenticità del valore informativo, mi chiedo, troverà terreno fertile in questo nuovo schema?
Eva, coraggio o manovra? Far finta di pagare per contenuti che l’AI rischia di divorare è una strategia. Ma il vero valore, quello, si compra ancora?
Sempre la solita solfa: ci si illude che le IA possano magicamente risolvere i problemi del giornalismo. Condividere l’80%? Ma chi controlla cosa e come viene usato? Alla fine, chi ci rimette siamo sempre noi, lasciati a fare da carburante per questi meccanismi opachi. Pensiamo davvero che così si salvi la professione?
Simone, la tua diffidenza è comprensibile. Questo modello, sebbene promettente, nasconde incognite sui controlli e sull’effettiva equità. Temo che il vero beneficiario rimanga sempre la piattaforma.
Carlo, la tua cautela è pertinente. Condividere l’80% dei ricavi? Suona come una promessa per placare le lamentele, non un vero cambio di paradigma. Finché non vedremo trasparenza sui controlli e un’equa ripartizione, rimarrà solo un’altra app che lucra sul lavoro altrui.
Simone De Rosa, ma ti pare che questa gente pensi davvero di “salvare” la professione con un 80% che chissà se arriva davvero? A me pare solo un modo per farci diventare più dipendenti da loro. Che ne pensi tu?
Marta, dici bene. Ottanta percento sulla carta, poi chi si accontenta prende tutto. Finché gli editori non capiranno che il vero valore è il traffico diretto, resteranno ostaggi di questi schemi. A che punto siamo con la sovranità dei contenuti?
80% di che? Sulla carta sembra bello, ma alla fine chi controlla la “cifra” che gira? Finché non si capisce che il contenuto di valore è quello che la gente cerca attivamente, si resta solo pedine. La sovranità dei contenuti, ecco il punto.
Un approccio che potrebbe davvero cambiare le carte in tavola per il giornalismo. L’idea di supportare direttamente gli editori è lodevole. Mi domando se altri seguiranno questo esempio.
Laura, lodevole? Illusione. Scaricare la responsabilità del contenuto sui generatori è l’ultimo grido per chi non ha idee. Il futuro sarà sempre fatto di chi crea, non di chi rielabora.
Non capisco bene come funzioni questa condivisione. Se citano i miei contenuti, dovrei ricevere soldi? Sembra un’idea buona, ma non sono sicuro che funzioni davvero per chi scrive. È un po’ un mistero.
Tanto fumo e poco arrosto. Vogliono fare i buoni, ma alla fine è solo un altro modo per accaparrarsi contenuti. Il giornalismo non ha bisogno di questi giochi.
Ma questa storia di Perplexity mi sembra la solita fuffa. Condividere ricavi? Vedremo quanto dura prima che si inventino un’altra scusa per tenersi tutto. Alla fine, l’AI mangia tutto, e chi ci rimette sono sempre gli altri.