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Il Regno Unito investe massicciamente nell’IA con un piano da 130 milioni di sterline, puntando a diventare leader nel settore, ma esperti si interrogano sull’efficacia di questa strategia per la sovranità tecnologica.
Il governo del Regno Unito lancia "Growth Catalyst", un piano da 130 milioni di sterline per acquistare direttamente hardware da startup IA, agendo da cliente per sbloccare il mercato. L'obiettivo è la sovranità tecnologica, ma il rischio è favorire i colossi USA. La vera sfida non sono i fondi, ma trovare i talenti per guidare questa rivoluzione.
Hai presente quando si dice “fatti, non parole”?
Ecco, sembra che il governo britannico abbia deciso di prendere questo detto alla lettera, stanco di guardare gli altri correre mentre l’Europa arranca.
Non stiamo parlando dei soliti convegni o di pacche sulle spalle istituzionali, ma di una mossa che definirei quantomeno concreta: Londra ha deciso di diventare il “cliente numero uno” delle startup tecnologiche.
La notizia fresca, che dovresti assolutamente segnarti se lavori in questo settore, è il lancio di un’iniziativa da 130 milioni di sterline chiamata “Growth Catalyst”.
L’idea di fondo, come scrive il Financial Times, è semplice ma potente: invece di limitarsi a dare sussidi a pioggia che spesso finiscono nel nulla, lo Stato userà il suo potere d’acquisto per stimolare il mercato.
Come spiegato dettagliatamente nel comunicato ufficiale su GOV.UK, una fetta enorme di questa torta – circa 100 milioni – sarà destinata ai cosiddetti “impegni anticipati di mercato”.
In pratica?
Il governo garantisce di comprare i chip e l’hardware IA dalle aziende innovative ancora prima che queste abbiano trovato altri clienti.
Capisci la differenza?
Non è beneficenza, è business.
Si assicurano entrate certe per chi sviluppa tecnologie di punta ma non ha ancora la forza commerciale per imporsi.
È una mossa intelligente per sbloccare quel famoso problema dell’uovo e della gallina che uccide tante startup: ho il prodotto, ma non ho i soldi per produrlo perché non ho ancora i clienti.
Risolto questo, però, c’è un altro elefante nella stanza che va affrontato, perché i soldi da soli non costruiscono un ecosistema.
Quando lo stato gioca a fare il venture capitalist
Questa iniezione di liquidità non è un gesto isolato, ma va letta come parte di un disegno molto più ampio – e costoso – che vede sul piatto ben 2 miliardi di sterline spalmati su più anni.
Liz Kendall, Segretario di Stato per la Scienza, non ha usato mezzi termini dichiarando al Financial Times che l’obiettivo è afferrare opportunità di crescita in ogni angolo del paese.
L’ambizione è chiara: non vogliono solo partecipare alla gara dell’IA, vogliono dettare il ritmo.
Ma qui mi sorge un dubbio, e credo che dovrebbe venire anche a te:
stiamo parlando di sovranità tecnologica o stiamo stendendo il tappeto rosso ai soliti giganti?
Perché se guardiamo i dati, vediamo che ci sono le cosiddette “AI Growth Zones”, aree speciali dove i data center spuntano come funghi grazie a permessi facilitati.
E indovina chi ci sta investendo? Microsoft, Vantage Data Centers e altri colossi che hanno promesso miliardi.
Certo, la promessa è creare 5.000 posti di lavoro e va benissimo, ma il rischio è sempre lo stesso: diventare una colonia digitale di lusso per le multinazionali americane.
Il governo prova a bilanciare la cosa con la sua “Sovereign AI Unit”, ma la vera sfida non è costruire capannoni pieni di server, è capire chi diavolo saprà farli funzionare questi sistemi.
Il vero collo di bottiglia: macchine potenti, ma chi le guida?
Ed è qui che la situazione si fa interessante e, lasciamelo dire, critica.
Puoi comprare tutti i chip che vuoi con i tuoi 100 milioni, ma se non hai le teste pensanti, hai solo dei fermacarte molto costosi.
Il piano britannico sembra averlo intuito, lanciando programmi per attrarre talenti d’élite (con le borse di studio Turing AI) e un progetto faraonico per formare 7,5 milioni di lavoratori.
L’approccio che stanno spingendo si basa sul framework “scan – pilot – scale”.
Scansionano le opportunità nel settore pubblico, lanciano progetti pilota rapidi e, se funzionano, scalano.
Niente cattedrali nel deserto, o almeno così dicono.
È un metodo che dovremmo copiare anche noi nelle nostre aziende: testare veloce, fallire veloce se necessario, e mettere i soldi solo su ciò che porta risultati tangibili.
Tuttavia, resta da vedere se questo basterà a trattenere i cervelli o se li stiamo solo formando per mandarli in Silicon valley con un biglietto di sola andata pagato dai contribuenti.
Sicurezza e regole: il freno a mano o la cintura di sicurezza?
Tutta questa corsa all’oro digitale ha bisogno di regole, e qui il Regno Unito sta provando una strada diversa dall’Europa continentale.
Hanno trasformato il loro AI Safety Institute in un ente indipendente con un budget di 240 milioni. L’idea non è bloccare l’innovazione con burocrazia asfissiante, ma testare la sicurezza dei modelli “per conto terzi”.
Rachel Reeves, Cancelliere dello Scacchiere, ha sottolineato l’importanza di sostenere le imprese britanniche, ma la domanda che ti pongo è: riuscirà questo mix di acquisti pubblici diretti, deregolamentazione mirata e investimenti infrastrutturali a creare un vero concorrente europeo, o stiamo solo assistendo a un costoso tentativo di rimanere rilevanti?
Quel che è certo è che lì si muovono, investono e rischiano.
E tu?
Nel tuo piccolo, stai aspettando che l’IA sia perfetta o stai iniziando a sporcarti le mani?
Perché mentre noi discutiamo, loro firmano assegni.
#avantitutta
