I riassunti AI di Gemini sbarcano in automatico su Gmail: come può esserti utile?

Anita Innocenti

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Gmail automatizza i riassunti AI: una comodità che solleva dubbi su privacy, pigrizia cognitiva e accuratezza dei risultati, mentre Google mira a monetizzare l’IA integrando Gemini ovunque.

Google implementa in automatico i riassunti generati da Gemini nelle email di Gmail, specialmente per le schede "Promozioni" e "Aggiornamenti". La funzione, inizialmente manuale per gli utenti a pagamento, mira a semplificare la lettura dei messaggi lunghi. Tuttavia, sorgono dubbi sull'accuratezza, la privacy e il rischio di rendere gli utenti meno attenti ai dettagli.

Google ci “aiuta” ancora: i riassunti AI sbarcano in automatico su Gmail

Te lo dico subito, senza troppi giri di parole: Google ha deciso di farci un altro “regalino” con la sua intelligenza artificiale. Stavolta tocca a Gmail, dove i riassuntini generati dall’AI, quella che loro chiamano Gemini, non dovrai più attivarli tu a manina. No, ora faranno capolino in automatico, soprattutto se sei uno di quelli che naviga nelle schede “Promozioni” e “Aggiornamenti”.

Sai, quelle email che spesso apri con la stessa gioia con cui affronteresti il traffico del lunedì mattina. L’idea, dicono loro, è di aiutarti a digerire messaggi lunghi o, diciamocelo, un po’ noiosi, in modo più efficiente. Questa mossa fa parte di una strategia ben più ampia: ficcare l’AI un po’ ovunque nei loro strumenti, come hanno sbandierato al loro evento I/O 2025.

Ma come diavolo funzionano questi riassunti automatici e, soprattutto, quanto possiamo davvero fidarci di questa presunta efficienza piovuta dal cielo digitale?

La “magia” dei riassunti AI: come funzionano (e cosa non ci dicono)

Allora, mettiamola così: la “magia” scatta dopo che hai aperto l’email.

Furba come cosa, no?

Così il tuo tasso di apertura non ne risente, e loro si concentrano su quello che succede dopo. Gemini, il cervellone artificiale di turno, si mette lì ad analizzare gli elementi che ritiene “strutturati”: offerte, date, dettagli di prodotti. Insomma, sembra quasi che ti dicano: “Scrivi email schematiche, così la mia IA ti capisce meglio!”.

All’inizio questa chicca era disponibile solo manualmente per chi paga gli abbonamenti Workspace e Gemini Premium, ma ora Google ha deciso di renderla proattiva per questi account, basandosi sulla lunghezza e sul tipo di email.

Comodo, vero?

Forse troppo.

Perché, come fanno notare gli analisti di Litmus in un loro approfondimento, c’è sempre il rischio che l’IA prenda fischi per fiaschi, interpretando male un linguaggio un po’ più sfumato o la gerarchia complessa di un’email ben studiata.

E se l’IA sbaglia, chi ci rimette?

Mentre i pezzi grossi di Workspace ci raccontano che l’obiettivo è “aiutare gli utenti a dare priorità al tempo riducendo il carico cognitivo” (come puoi leggere sul blog di Workspace).

A me sorge un dubbio:

Non è che, a furia di semplificarci la vita, ci stanno solo rendendo più pigri e meno capaci di leggere tra le righe?

E quali altre perplessità si nascondono dietro questi luccicanti annunci?

Tra applausi e sopracciglia alzate: le vere domande sui riassunti AI

Parliamoci chiaro: le preoccupazioni sulla privacy non sono certo svanite nel nulla, anzi.

Con Gemini che si mette a setacciare le nostre email proprio mentre i cookie di terze parti stanno per salutarci, qualche domanda sorge spontanea, non trovi?

Come descritto da Stripo.email in un articolo dedicato proprio a questi cambiamenti, non sono pochi gli utenti che già segnalano una certa confusione, con riassunti che, nel tentativo di essere concisi, finiscono per banalizzare dettagli cruciali, soprattutto nelle email transazionali. Google, ovviamente, si affretta a dire che l’accuratezza è migliorata del 40% rispetto alla versione beta del 2024.

Bene,

ma cosa mi dici del restante 60%?

E chi paga per quegli errori?

Questa mossa arriva dopo il lancio, nel 2024, degli AI Overviews in Search, che, ammettiamolo, all’inizio hanno fatto storcere più di un naso per la loro affidabilità non proprio cristallina. Certo, Google afferma di aver affinato il tiro, potenziando il tutto con Gemini 2.5, ma la sostanza non cambia: alla fine della fiera, come spesso accade, si tratta di monetizzare l’IA attraverso abbonamenti più costosi e upgrade di Workspace.

Sì, perché i dati dicono che gli utenti Workspace con accesso all’IA passano il 23% di tempo in meno a gestire le email.

Un bel numerino, non c’è che dire.

Peccato che, se guardiamo al quadro generale, l’app mobile di Gemini arranchi parecchio rispetto a ChatGPT, con un rapporto di download che parla da solo. E la corsa non si ferma qui: Google ha già annunciato l’estensione di questa tecnologia ai Video Overviews in NotebookLM.

Insomma, l’impressione è che noi utenti siamo diventati, volenti o nolenti, i beta tester perenni di un futuro sempre più artificiale.

E tu, cosa ne pensi?

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

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