L’aggiornamento del 16 giugno 2025 conferma l’arrivo di impressioni, click e posizioni generate dall’IA, ma tutto è mescolato nel traffico classico, senza possibilità di distinguere la fonte
📌 TAKE AWAYS
- I dati dell’AI Mode sono finalmente tracciati, ma sono mescolati al traffico tradizionale e non distinguibili: impossibile analizzarli in modo mirato.
- Google sta cambiando strategia: non vuole più solo mostrare risultati, ma diventare un assistente che risponde direttamente, erodendo visibilità ai siti.
- Essere autorevoli è la nuova SEO: serve creare contenuti strutturati, credibili e supportati da Schema Markup per restare visibili nell’era dell’IA.
Google Search Console ora traccia i dati dell’AI Mode, ma li aggrega nel traffico classico rendendoli inutilizzabili.
La SEO entra nell’era dell’autorevolezza.
Volevamo uno strumento per monitorare il traffico da AI Mode su Search Console.
Non per curiosità, ma per necessità professionale.
La vera incognita non era il se, ma la qualità dei dati che Big G ci avrebbe concesso.
Ci avrebbe dato una lente di ingrandimento o uno specchio deformante?
Era solo questione di tempo, lo sapevamo.
Ne abbiamo parlato durante la nostra chiacchierata con Joshua Squires di Amsive, per esempio.
Ed ecco che il giorno è arrivato: il 16 giugno 2025 Big G ha parlato.
Con un aggiornamento quasi sussurrato della sua documentazione, ha finalmente confermato che la Search Console ora include click, impressioni e posizioni provenienti dalla sua nuova AI Mode.
Peccato che Google abbia preso le nuove, preziose informazioni e le abbia gettate in un calderone insieme a tutto il resto: link tradizionali, snippet, AI Overviews.
Il risultato è un cocktail di numeri indecifrabili.
Abbiamo i dati, certo, ma non possiamo separarli, non possiamo analizzarli.
È come ricevere l’estratto conto della banca e trovare un’unica voce: “spese varie”.
Inutile, frustrante e, per chi fa business, pericoloso.
La domanda ora è diventata ancora più amara: a cosa serve avere i numeri, se Google li rende inutilizzabili?
Se avrai la pazienza di seguirmi, cercherò di spiegartelo nel mio approfondimento di oggi.
Ecco la notizia bomba spiegata bene
AI Mode, per chi ancora non la conoscesse, è il futuro della ricerca come ha detto Sundar Pichai, intervistato nel podcast di Lex Fridman.
Attiva dal 16 giugno 2025 negli Stati Uniti, non è più una semplice barra di ricerca, ma un’esperienza conversazionale. Poni una domanda e un’intelligenza artificiale ti fornisce una risposta complessa, articolata e arricchita da link a risorse esterne, cioè al tuo sito e a quello dei tuoi competitor.
Sulla carta, il meccanismo di tracciamento sembra lineare.
Un click su un tuo link in AI Mode?
Conteggiato.
Una visualizzazione della risposta AI con il tuo sito in bella vista?
Conteggiata come un’impressione.
La posizione?
Segue le stesse regole della ricerca classica.
E se un utente, insoddisfatto o curioso, pone una domanda di approfondimento, quella viene trattata come una ricerca completamente nuova, generando un nuovo ciclo di dati.
Tutto bellissimo, vero? Peccato ci sia un piccolo, gigantesco problema.
Il trucco c’è, ma non si vede: benvenuto nel caos dei dati aggregati
Il problema è che questi nuovi dati non sono separati.
Non puoi filtrare e dire:
“Fammi vedere solo il traffico che arriva da AI Mode”. No.
Google ha deciso di mescolare tutto insieme. I click, le impressioni e le posizioni generate da questa nuova modalità sono annegati nello stesso calderone del traffico “Web Search”, insieme a tutto ciò che già conoscevi.
Gli esperti SEO di tutto il mondo hanno reagito con un misto di sconcerto, ironia e rassegnazione.
Glenn Gabe, uno dei nomi più rispettati del settore, ha riassunto il sentimento comune su X.
Ha spiegato che ora, per analizzare le performance, dobbiamo districarci in una matassa che comprende link classici, snippet, AI Overviews e ora anche AI Mode, tutti ammassati sotto un’unica etichetta.
Buona fortuna a capire cosa funziona davvero.
Per avere la certezza che non fosse un abbaglio, l’analista SEO Brodie Clark ha condotto un esperimento coinvolgendo centinaia di colleghi.
Ha fatto cercare loro una query specifica in AI Mode e ha atteso.
Dopo qualche giorno, i dati sono apparsi in Search Console: 3 click, 64 impressioni, una posizione media di 1.1.
Numeri bassi, certo, dovuti ai limiti geografici e ai filtri di Google, ma sufficienti a confermare la cruda realtà: i dati ci sono, sono mescolati e sono incredibilmente difficili da interpretare.
Google, quasi a volersi giustificare, sostiene nella sua documentazione che i click provenienti dalle sue funzioni AI tendono a essere di “qualità superiore”, con utenti “più propensi a passare più tempo sul sito”.
Non è un mistero: lo sostiene anche Sundar Pichai con forza.
Nella nostra intervista esclusiva, perfino Ivano Di Biasi di SEOZoom non lo esclude…
Peccato che, senza dati separati, questa affermazione sia impossibile da verificare, nonostante le rassicurazioni di John Mueller di Google sul social Bluesky.
È come se un venditore ti dicesse che la sua merce è la migliore, ma si rifiutasse di farti leggere l’etichetta. Devi fidarti.
Un po’ dura messa così, no?
Su questo Lily Ray è netta, durante la nostra conversazione ci ha detto chiaramente:
Google non è del tutto trasparente su questo punto perché non vuole che i proprietari dei siti e gli editori siano in grado di capire quanto questi prodotti influenzano realmente il loro traffico.
Lily Ray
Ma quali sono quindi le reali motivazioni di Big G?
Perché Google sta facendo questo? La visione di un futuro senza siti web (o quasi)
Potresti pensare che sia solo un problema tecnico, una svista.
In tal caso, scusa, ma ti sbagli.
Questa non è negligenza, è una strategia.
Per capire il perché, dobbiamo ascoltare le parole di Sundar Pichai, il CEO di Google.
Nel podcast di Lex Fridman, il 6 giugno 2025, ha dichiarato senza mezzi termini che AI Mode sarà inizialmente una scheda separata, un laboratorio a cielo aperto, ma le funzionalità che si dimostreranno efficaci verranno poste in primo piano.
Te lo traduco dal googlese?
Pichai non parla più di “Ricerca”, ma di “esperienza principale”.
L’obiettivo non è più aiutarti a trovare informazioni, ma diventare il tuo assistente personale.
Un maggiordomo digitale che può agire per tuo conto: fare acquisti, interagire con il mondo reale attraverso la fotocamera del tuo telefono (Live Search), creare grafici al volo e persino, un giorno, comandare robot domestici.
AI Mode, te ne ho parlato anche qui, usa un sistema chiamato “query fan-out“: quando poni una domanda, l’AI la scompone in tante sotto-domande, consulta decine, a volte centinaia di siti web, e poi sintetizza una risposta unica e coerente.
Il problema?
Di quei cento siti, ne mostra forse quattro o cinque.
La visibilità, per tutti gli altri, svanisce nel nulla.
Il tuo sito, per avere una possibilità di essere citato, non dovrà più essere solo “ottimizzato”, ma dovrà essere straordinariamente utile, unico, autorevole e realmente risolutivo.
Per questo è indispensabile il lavoro di un consulente SEO “che sappia parlare” alle IA e agli LLM.
Dall’epoca dei link all’era dell’autorevolezza: come cambia il modo in cui l’IA sceglie cosa mostrare
A questo punto, mi sembra di sentire le domande che ti ronzano in testa:
se l’epoca della semplice “ricerca” è davvero al tramonto e gli utenti stanno imparando a conversare direttamente con un’intelligenza artificiale, che fine fanno i miei contenuti?
Come si fa a smettere di essere un link in mezzo a mille e diventare, invece, la voce che l’IA sceglie di ascoltare?
La risposta non è semplice:
bisogna smettere di pensare a come posizionarsi e iniziare a ragionare su come farsi scegliere.
La logica stessa dei contenuti va ripensata, partendo dal modo in cui l’intelligenza artificiale li consuma.
In questo nuovo scenario, non basta scrivere bene. Bisogna essere una fonte affidabile, dimostrabile.
L’AI cita solo ciò che considera autorevole. E l’autorevolezza, oggi, passa da contenuti verificabili, dati solidi, aggiornamenti costanti, firme riconoscibili.
Non è solo una questione di E-E-A-T.
È necessario costruire una vera e propria autorità tematica, dimostrando competenza profonda e ampia su un determinato argomento. Non basta più l’articolo singolo: serve una rete di contenuti coerente, strutturata in modo da offrire una panoramica generale e una serie di approfondimenti mirati. Solo così si può occupare stabilmente uno spazio nel panorama informativo di settore.
Per essere compresi e valorizzati dall’intelligenza artificiale è fondamentale strutturare i contenuti in modo corretto. La chiave è usare Schema Markup, un sistema di dati strutturati che aiuta Google e le AI a capire con precisione chi sei, cosa offri e dove ti trovi.
Un sito ben organizzato, con gerarchia logica (titoli, sottotitoli, paragrafi) e markup adeguato, migliora la visibilità nei risultati di ricerca, aumenta il click-through e rafforza la fiducia degli utenti.
Inoltre ogni elemento multimediale deve essere accessibile, ben descritto, leggibile dai crawler. È fondamentale che il sito sia tecnicamente pronto per accogliere questi nuovi “lettori” artificiali. Non deve esserci alcun ostacolo per i bot – né file bloccati, né tecnologie incomprensibili – altrimenti si resta tagliati fuori da una nuova fase dell’indicizzazione.
Quello che stiamo vivendo non è un semplice aggiornamento. È la fine della ricerca come l’abbiamo conosciuta e l’alba dell’era degli assistenti IA.
Non è più il tempo del “fai da te”.
È il momento di affidarsi a un’agenzia SEO che sappia leggere questa nuova, intricata mappa e possa guidarti fuori dalla giungla.
Il futuro della tua attività dipende da questa scelta.
Se vuoi sapere come fare non esitare, contatta la mia agenzia, saremo felici di elaborare una strategia per il tuo business.
Search Console ora traccia i dati dell’AI Mode: Domande Frequenti
Search Console traccia i dati dell’AI Mode?
Sì, dal 16 giugno 2025 Google Search Console include click, impressioni e posizioni generate da AI Mode, ma i dati sono aggregati con il traffico tradizionale e non distinguibili.
È possibile isolare il traffico proveniente da AI Mode?
Al momento Google non consente di filtrare i dati relativi a AI Mode: sono mescolati ai risultati di ricerca classici, rendendo difficile l’analisi specifica.
Come si può mantenere visibilità nell’era dell’AI Mode?
Serve costruire contenuti autorevoli, strutturati e supportati da Schema Markup per essere scelti dall’intelligenza artificiale come fonte affidabile.
Dati mischiati = analisi impossibile. Speriamo Google migliori presto la segmentazione.
Era ora che tracciassero qualcosa, ma così è quasi peggio di niente. Un gran pasticcio che rende difficile capire cosa funziona e cosa no. Speriamo in aggiornamenti più utili a breve.
Un mezzo passo avanti che sa tanto di occasione persa. Vedremo.
Alla fine li tracciano, ma che senso ha se non posso isolare i dati? Un’occasione sprecata per noi SEO.
Un’arma a doppio taglio. Tracciare è bene, ma l’utilità pratica con questi dati è vicina allo zero. Pazienza.