L’acquisizione solleva dubbi sulla trasparenza e il controllo dei dati, aprendo scenari inquietanti sulla manipolazione delle informazioni online e sull’accesso ai mercati asiatici
Sembra quasi un copione già scritto, uno di quelli che in redazione vediamo passare decine di volte l’anno sotto la voce “consolidamento del mercato”.
Due aziende si stringono la mano, i comunicati stampa piovono infarciti di parole come “sinergia”, “ottimizzazione” e l’immancabile “intelligenza artificiale”, e il mondo della tecnologia continua a girare.
Ma se ci fermiamo un attimo a grattare via la patina dorata del marketing, l’acquisizione di Dragon Metrics da parte di Semify, annunciata proprio ieri, racconta una storia molto più complessa e, per certi versi, inquietante sul futuro della nostra presenza digitale.
Non stiamo parlando di due nomi che sentirete al telegiornale della sera, ma nel sottobosco del marketing digitale, questi sono i tubi idraulici che fanno scorrere le informazioni.
Semify è un colosso del white-label fulfillment, ovvero quel meccanismo per cui un’agenzia vi vende un servizio (SEO, pubblicità, gestione sociale) ma in realtà il lavoro sporco lo fa qualcun altro, in questo caso Semify, nell’ombra. Dragon Metrics, d’altro canto, era uno degli ultimi baluardi indipendenti nei software di reportistica e analisi SEO internazionale.
Mettendo insieme i pezzi, Semify ha annunciato l’acquisizione della piattaforma Dragon Metrics per accelerare le proprie capacità di ottimizzazione globale basata sull’intelligenza artificiale.
Sulla carta, sembra una mossa logica: chi fa il lavoro compra lo strumento per misurarlo. Ma è proprio qui che il sopracciglio di chi si occupa di etica dei dati dovrebbe alzarsi.
Quando l’esecutore e il controllore diventano la stessa entità, la trasparenza è spesso la prima vittima.
Quando il controllore compra il controllato
Il modello di business di Semify si basa sull’invisibilità. Le agenzie partner usano la loro infrastruttura per rivendere servizi ai clienti finali (le PMI, i negozi online, forse anche il vostro dentista) senza che questi sappiano che Semify esiste.
Fino a ieri, un’agenzia poteva usare Dragon Metrics come terza parte neutrale per dire: “Guardate, i dati indipendenti mostrano che il lavoro sta funzionando”.
Ora, quella neutralità è strutturalmente compromessa.
Immaginate se l’azienda che costruisce le autostrade comprasse anche l’azienda che produce gli autovelox e i sistemi di monitoraggio del traffico. Simon Lesser, co-fondatore di Dragon Metrics e ora neo-assunto Chief Product Officer di Semify, ha presentato l’operazione con un entusiasmo che merita di essere letto tra le righe:
Unire le forze con Semify ci permette di portare Dragon Metrics al livello successivo, combinando la nostra esperienza nella reportistica internazionale con il collaudato modello di fulfillment white-label di Semify.
— Simon Lesser, Co-fondatore di Dragon Metrics e nuovo CPO di Semify
“Collaudato modello white-label” è un eufemismo elegante per descrivere una scatola nera.
Il rischio immediato non è solo un conflitto di interessi commerciale dove il software potrebbe essere “incentivato” a mostrare risultati più rosei per i servizi erogati dalla casa madre, ma riguarda la profondità dei dati raccolti. Dragon Metrics non si limita a contare i clic; analizza come i brand appaiono nei motori di ricerca a livello globale, incluse le complesse dinamiche dei mercati asiatici.
Integrando questi dati direttamente nel flusso di lavoro di Semify, si crea un ecosistema chiuso.
I dati sulle performance di migliaia di aziende, le loro strategie di keyword, i loro punti deboli e i loro budget pubblicitari finiscono in un unico calderone centralizzato.
E come spesso accade in queste acquisizioni, il comunicato stampa glissa elegantemente su dove risiederanno questi dati, chi vi avrà accesso e se le muraglie cinesi tra i dati dei clienti di Dragon Metrics (che potrebbero non essere clienti Semify) e la divisione servizi di Semify saranno reali o solo immaginarie.
L’ossessione per i dati (e chi li guarda davvero)
C’è un secondo livello di lettura, più tecnico ma cruciale per comprendere perché questa acquisizione avviene proprio ora, nel dicembre 2025.
Il termine magico è AIO, AI Optimization. Da quando i motori di ricerca hanno iniziato a generare risposte dirette tramite intelligenza artificiale invece di fornire una semplice lista di link, il panico si è diffuso nel settore SEO.
Essere primi su Google non basta più; bisogna essere “citati” dall’AI.
Semify non sta comprando Dragon Metrics solo per i grafici colorati. La sta comprando perché Dragon Metrics ha sviluppato tecnologie per tracciare le “AI Overview”, ovvero le risposte generate dall’intelligenza artificiale. Patrick Briggs, CEO di Semify, è stato piuttosto esplicito su questo punto:
Questa acquisizione rappresenta un momento cruciale nella nostra evoluzione verso servizi completi di ottimizzazione AI con un software di reportistica all’avanguardia.
— Patrick Briggs, CEO di Semify
Per addestrare i propri algoritmi di ottimizzazione (AIO), Semify ha bisogno di una quantità industriale di dati su come le AI di Google, Bing e altri rispondono alle query degli utenti.
Dragon Metrics è la sonda che raccoglie questi dati. Ma qui entriamo in un territorio scivoloso per la privacy.
L’ascesa dei formati di ricerca generativa e delle AI Overview ha costretto le piattaforme a tracciare non solo i ranking ma anche le risposte complesse dell’intelligenza artificiale, il che significa analizzare query molto più discorsive e personali degli utenti.
Se Dragon Metrics traccia come l’AI risponde alle domande degli utenti per permettere a Semify di manipolare (pardon, “ottimizzare”) quelle risposte, stiamo assistendo alla creazione di una macchina di feedback progettata per alterare la percezione delle informazioni.
Non è più solo questione di vendere scarpe; è questione di assicurarsi che quando chiedete a un’AI “qual è la migliore scarpa per la schiena”, la risposta sia pilotata da chi ha pagato il servizio white-label di Semify.
Inoltre, c’è la questione geografica. Dragon Metrics è nata con un forte focus sull’Asia.
Fondata nel 2012 come piattaforma SEO internazionale focalizzata sui mercati dell’Asia-Pacifico, l’azienda ha gestito per anni dati che attraversano confini giurisdizionali complessi. L’acquisizione da parte di un’azienda americana come Semify (con sede a Rochester, New York) solleva interrogativi immediati sul trasferimento dei dati.
In un’era post-Schrems II, dove il trasferimento di dati tra giurisdizioni è un campo minato normativo, il silenzio su come verranno gestiti i database dei clienti internazionali è assordante.
I dati di un’azienda europea che usava Dragon Metrics per monitorare il mercato cinese ora finiranno su server americani soggetti al CLOUD Act?
Il comunicato stampa, prevedibilmente, non lo dice.
Il silenzio assordante sui numeri e sui diritti
Ciò che manca in questi annunci è spesso più importante di ciò che c’è.
Non conosciamo le cifre dell’accordo. Non sappiamo se ci sarà una revisione delle policy sulla privacy.
Sappiamo solo che Dragon Metrics rimarrà un “brand autonomo” (una promessa che nel vocabolario delle acquisizioni tech ha solitamente una data di scadenza di circa 18 mesi), prima che l’integrazione forzata renda il prodotto indistinguibile dalla casa madre.
Il punto dolente è la concentrazione. Semify sta costruendo quello che definisce un servizio “enterprise-grade” per le masse.
Democratizzare l’accesso a strumenti potenti è nobile in teoria, ma in pratica, nel settore dell’AdTech, significa spesso portare la sorveglianza e il tracciamento aggressivo delle grandi corporation anche nel piccolo business.
Richard Mabey, co-fondatore di Dragon Metrics, parla di “convergenza”:
Questa acquisizione illustra perfettamente la convergenza che stiamo vedendo tra SEO sofisticata, PPC, social ads e reportistica basata sull’AI.
— Richard Mabey, Co-fondatore di Dragon Metrics
La convergenza è comoda per il business, ma pericolosa per l’utente.
Quando SEO (risultati organici), PPC (pubblicità a pagamento) e AI (risposte generate) convergono in un’unica dashboard gestita da un unico ente che vende anche il servizio di posizionamento, il confine tra informazione e pubblicità svanisce definitivamente.
E se lo strumento che dovrebbe dirvi la verità su come state performando è posseduto da chi vi vende la performance stessa, chi controlla il controllore?
In conclusione, mentre l’industria stappa lo champagne per l’ennesima “exit” di successo e parla di rivoluzione AIO, noi utenti finali e professionisti dovremmo chiederci: stiamo guadagnando strumenti migliori, o stiamo solo fornendo più dati a una scatola nera sempre più grande, che decide cosa vediamo online e come le aziende ci vengono presentate?
La promessa è l’ottimizzazione; il rischio è la manipolazione automatizzata, venduta un tanto al chilo, con un bel report colorato che ci assicura che va tutto bene.

Celebrano un altro matrimonio combinato per concentrare potere e dati, mentre noi applaudiamo come invitati a un funerale, ignari che la prossima tomba è la nostra. Che spettacolo edificante.
Un altro pezzo del puzzle va al suo posto, costruendo un monopolio sui dati di posizionamento. Bellissimo. Tra poco per lavorare dovremo chiedere il permesso a loro, quasi con il cappello in mano.
Parlano di sinergie, ma stanno solo costruendo una diga più grande per controllare il fiume dei dati. L’accesso ai mercati è il pretesto. Quale sete devono placare?