Google: la sentenza antitrust divide, è davvero una tiratina d’orecchi?

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

O sei visibile o sei fuori. Noi ti aiutiamo a raggiungere i clienti giusti — quando ti stanno cercando.

Contattaci ora →

Una decisione che delude le aspettative, con Google che evita lo smembramento e si impegna a una maggiore “trasparenza” sotto stretta sorveglianza, sollevando dubbi sull’efficacia di tali misure per contrastare un monopolio accertato.

La recente sentenza antitrust contro Google ha suscitato forti critiche. Nonostante abbia accertato il monopolio illegale di Google, i rimedi imposti sono giudicati blandi, concentrandosi su modifiche comportamentali anziché strutturali. Molti ritengono che l'approccio del giudice non smantelli la radice del potere di Google su Android, Chrome e Search, lasciando intatta la sua dominanza e soffocando la concorrenza effettiva.

Una punizione che sa di contentino

Dopo aver stabilito che Google ha mantenuto illegalmente il suo monopolio sulla ricerca, ci si aspettava una risposta forte. Il Dipartimento di Giustizia americano aveva chiesto il pezzo da novanta: la separazione forzata di Chrome e Android da Google, per smantellare l’architettura che soffoca la concorrenza.

Invece, il giudice Amit Mehta ha optato per una via molto più morbida. Come descritto da TechCrunch, Google dovrà condividere alcuni dati di ricerca con i concorrenti “qualificati” e le sarà vietato stringere accordi di esclusiva.

In pratica, le si chiede di “comportarsi bene” per i prossimi sei anni sotto la supervisione di un comitato tecnico.

Ma siamo onesti: può bastare chiedere a chi controlla il gioco di essere più gentile con gli altri giocatori?

Questa mossa lascia perplessi perché affronta i sintomi, non la causa della malattia. È come mettere un cerotto su una ferita profonda, sperando che si rimargini da sola.

Ma il problema, come sostengono in molti, non è tanto nel comportamento scorretto di Google, quanto nella sua stessa struttura di potere.

E qui le cose si fanno davvero interessanti.

Il vero problema? la struttura, non il comportamento

I critici della sentenza puntano il dito su un concetto fondamentale: la differenza tra rimedi “comportamentali” e “strutturali”. Quelli imposti a Google sono del primo tipo: le si dice cosa non deve fare. Ma il vero dominio di Big G deriva dal controllo totale che esercita sulla filiera: possiede il sistema operativo (Android), il browser (Chrome) e il motore di ricerca (Search).

È un circolo vizioso in cui ogni pezzo rafforza l’altro, rendendo quasi impossibile per chiunque altro competere ad armi pari.

Chiedere a Google di condividere qualche dato è davvero sufficiente a smontare questo meccanismo?

La storia ci insegna che in passato, di fronte a monopoli simili in altri settori come le telecomunicazioni o il petrolio, l’unica soluzione efficace è stata la separazione strutturale. Tagliare i legami che permettono a un’azienda di favorire se stessa a discapito di tutti gli altri.

Invece, qui si preferisce credere che il controllore possa auto-regolarsi.

Una scommessa che sa tanto di speranza, forse troppo.

Un monopolio accertato, ma un futuro ancora da scrivere

Il paradosso è che la stessa corte, nell’agosto del 2024, aveva emesso una sentenza inequivocabile: Google ha violato le leggi antitrust, mantenendo il suo monopolio con pratiche illegali.

Lo ha fatto, come sottolinea la Harvard Law Review, attraverso una rete di accordi di esclusiva che hanno reso il suo motore di ricerca l’opzione predefinita sulla maggior parte dei dispositivi, soffocando sul nascere ogni alternativa.

Di fronte a una diagnosi così netta, la cura prescritta appare decisamente blanda.

E ora?

Google ha già annunciato che farà appello, quindi la partita è tutt’altro che chiusa. Ma questa decisione rischia di creare un precedente pericoloso per gli altri giganti del tech sotto esame.

La vera domanda che rimane sul tavolo è se il nostro sistema legale sia davvero attrezzato per affrontare colossi di queste dimensioni o se, alla fine, riescano sempre a cavarsela con qualche concessione di facciata, lasciando intatto il cuore del loro potere.

La sensazione è che si sia persa un’occasione importante per ridisegnare le regole del gioco.

Staremo a vedere.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

21 commenti su “Google: la sentenza antitrust divide, è davvero una tiratina d’orecchi?”

  1. Francesco De Angelis

    Questa sentenza è una presa in giro. Se il problema è il potere di mercato, non bastano promesse. Continuano a controllarlo tutto, e noi ci teniamo il solito strapotere. Non cambia niente.

  2. La decisione lascia perplessi. Se l’accertamento del monopolio è solido, le misure correttive appaiono insufficienti a intaccare la struttura del potere. Temo che la “trasparenza” promessa sia solo un velo sottile sulla perpetuazione di una posizione dominante, soffocando davvero la libera competizione.

  3. Riccardo Cattaneo

    La sentenza non sembra sufficiente a scalfire la posizione dominante di Google. Se il monopolio è accertato, le misure proposte appaiono più un palliativo che una soluzione reale. C’è il rischio che tutto rimanga come prima.

    1. Giulia, “debole” è un eufemismo. Più che una tiratina d’orecchi, mi pare una pacca sulla spalla. Pensano davvero che un gigante del genere si fermi per qualche promessa? Illusi.

      1. Luciano, il tuo punto di vista è condivisibile. Immagino che senza una vera ristrutturazione, il potere rimanga. Chi si aspetta un cambiamento radicale rimarrà deluso.

        1. Giulia, “condivisibile” suona quasi come un complimento. Questa sentenza è una farsa. Non si cambia un monopolio con le buone maniere, si fa con le forbici. Fine della storia.

    2. Renato Graziani

      Giulia Martini, il problema è proprio questo: “trasparenza” non toglie il potere. Finché il motore di ricerca e il sistema operativo restano legati, la concorrenza è solo un miraggio. Non è una tiratina d’orecchi, è un’occasione persa.

  4. Mi aspettavo un intervento più deciso. Se il monopolio è accertato, limitarsi a richieste di trasparenza pare un palliativo. La vera sfida è impedire che una singola entità controlli così tanto il mercato digitale.

  5. Alessandro Lombardi

    Sono preoccupato. Se non smantellano la struttura che permette il monopolio, queste “misure” sono solo palliativi. Temo che la concorrenza rimarrà soffocata. Cosa succederà davvero alla fine?

  6. La sentenza sembra più un invito alla moderazione che una reale correzione di rotta. La struttura del potere di mercato di un colosso tecnologico non si scalfisce con semplici impegni comportamentali. Ci si interroga se un simile approccio possa realmente stimolare una concorrenza equa.

    1. Daniele Palmieri

      Ma dai, pensavano davvero di fare la rivoluzione con qualche parola vuota? La solita commedia, per far credere che qualcosa cambi. Alla fine, il potere resta dove sta. Chissà se questi avvocati vivono nello stesso mondo nostro.

      1. Daniele, capisco il tuo scetticismo. Credo che questa decisione lasci intatta la struttura di potere di Google. Servono azioni concrete, non promesse di trasparenza.

  7. Beatrice Benedetti

    Una lieve correzione, più che una punizione. Si attendeva una mossa decisa per un monopolio accertato, invece solo promesse di cambiamento. Vedremo se questa “sorveglianza” basterà a riequilibrare il mercato, o se il colosso continuerà a dettare legge indisturbato.

  8. Massimo Martino

    Una mossa che lascia perplessi. Si accerta il vizio, ma si applica una cura blanda. La vera domanda è: quanto la libera concorrenza attende ancora la sua giusta mossa?

  9. Nicolò Sorrentino

    Ma certo, un’altra “tiratina d’orecchi” per chi ha la borsa gonfia. Mettono un cerotto dove servirebbe un bisturi. Mi chiedo se il vero obiettivo fosse solo dare un contentino, o se abbiano paura di intaccare il sistema.

    1. Mi sembra che la sentenza sia più un avvertimento che una vera sanzione. Speriamo che le future decisioni siano più concrete.

      1. Nicolò Sorrentino

        Bene, quindi Google si impegna alla “trasparenza”. Certo, come no. Si sentono quasi in colpa, eh? Pare una multa irrisoria per chi fattura miliardi, piuttosto che un colpo che ne intacchi la struttura. Chissà se un giorno le leggi capiranno che la trasparenza da sola non basta.

    2. Ma che delusione! Si parla di monopolio illegale e poi si rispolvera la solita “trasparenza” come soluzione. Mi pare più un contentino che una vera lezione. Se non si agisce sul nucleo del problema, queste aziende continueranno a fare il bello e il cattivo tempo. La domanda è: quando si decideranno a tagliare davvero?

  10. Capisco la frustrazione di fronte a una sentenza che sembra non incidere veramente sul potere di Google. Come marketer, vedo quanto sia difficile competere in mercati dominati da giganti. Mi chiedo se la vera sfida sia creare spazi di valore alternativi, anziché sperare in una regolamentazione che arrivi sempre in ritardo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ricevi i migliori aggiornamenti di settore