Né le novità di AI Mode, né le parole di Liz Reid bastano a rassicurare gli utenti di Google e la comunità SEO

La nuova modalità introdotta da Google trasforma l’esperienza dell’utente tra risposte visive e query complesse, ma solleva preoccupazioni crescenti sulla trasparenza dei dati e sul futuro della visibilità organica

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📌 TAKE AWAYS

  • L’introduzione di AI Mode e delle risposte automatiche riduce drasticamente i click organici, spostando l’attenzione dall’alto volume di traffico alla qualità delle interazioni.
  • Secondo Liz Reid, il futuro della ricerca non cancella i link tradizionali ma li trasforma in percorsi di approfondimento, premiando contenuti autentici, esperienziali e capaci di rispondere a query complesse.
  • La mancanza di dati trasparenti da parte di Google e OpenAI ostacola l’ottimizzazione: gli esperti SEO chiedono strumenti dedicati per misurare le performance e competere ad armi pari nel nuovo ecosistema guidato dall’IA.
Google AI Mode sta rivoluzionando la ricerca online con risposte visive e complesse, ma riduce drasticamente i click organici.
Liz Reid rassicura che i contenuti di qualità resteranno centrali, premiando brand autentici e autorevoli.
La comunità SEO chiede più trasparenza e strumenti per misurare l’impatto delle risposte generate dall’IA.

C’è un brusio, nell’aria. Lo senti anche tu, vero?

È una specie di vibrazione, un cambiamento sottile ma persistente che sta attraversando il mondo del search marketing.

Hai la sensazione che qualcosa di fondamentale si stia incrinando, ma non riesci a metterlo a fuoco.

Lascia che te lo dica senza giri di parole: le regole del gioco sono cambiate.

Non sono state aggiornate, sono state riscritte da zero, mentre tu eri in campo a giocare la tua partita migliore. E l’arbitro, quello che per vent’anni ha fischiato sempre allo stesso modo, ora usa un fischietto completamente diverso.

Il colpevole, o l’innovatore, a seconda dei punti di vista, ha un nome: Intelligenza Artificiale.

Da un lato, senti i dirigenti di Google, con un sorriso rassicurante, giurare che questa rivoluzione è un’opportunità fantastica per chi, come te, crea valore.

Dall’altro, però, i numeri raccontano di click che svaniscono nel nulla, di posizioni faticosamente conquistate che perdono valore e di un nuovo, impenetrabile muro di risposte automatiche che si frappone tra te e i tuoi clienti.

Allora, a chi credere?

La verità, come sempre, sta nel mezzo, ed è nascosta in una strategia completamente nuova.

In questo articolo non ti riempirò la testa di tecnicismi.

Faremo qualcosa di diverso: ti mostrerò come trasformare questo gigantesco punto interrogativo nell’arma segreta che lascerà indietro i tuoi concorrenti, ancora fermi a giocare con le vecchie regole.

La favola di Google: “Non vi preoccupate, l’IA è vostra amica”

Dev’essere faticoso essere Liz Reid, la leader della Ricerca di Google.

Giornate intere a rassicurare gli utenti di Big G dopo il crollo del traffico organico e a tessere le lodi di AI Overviews nonostante le critiche incessanti.

Durante una recente intervista per “The Morning Brief”, podcast di Economic Times, Liz Reid però si è superata.

Il suo ottimismo è stato “quasi” contagioso.

Nel podcast di Anirban Chowdhury ha dipinto un futuro quasi idilliaco.

Ha dichiarato, con la calma serafica di chi detiene le chiavi del regno, che no, l’intelligenza artificiale non sostituirà la ricerca tradizionale. La “potenzierà”.

Secondo la sua visione, stiamo assistendo a un’evoluzione del comportamento degli utenti.

Le persone non digitano più “scarpe rosse”. Ora chiedono: “trovami delle scarpe rosse comode per camminare in città, sotto i 100 euro, in materiale sostenibile e con buone recensioni”. Le query, insomma, diventano più lunghe, complesse, quasi conversazionali.

Questo, dice Reid, sta generando un aumento dei cosiddetti “deep clicks”, i click profondi.

Cosa significa?

Che l’utente che arriva sul tuo sito dopo una ricerca così specifica non è un visitatore casuale.

È un cliente potenziale con le idee molto chiare, più vicino alla conversione.

Perciò, secondo Google, i contenuti superficiali, quelli creati solo per acchiappare un click veloce, perderanno ogni rilevanza.

A beneficiare saranno i brand e i creator che offrono materiale ricco, autentico, autorevole. Contenuti che rispondono a domande complesse e che offrono un’esperienza reale.

I link tradizionali, i cari vecchi “blue links”, non sono morti. Semplicemente, non sono più la porta d’ingresso per tutti, ma il passaggio verso l’approfondimento, verso la voce di esperti e community.

L’obiettivo di Google, in sintesi, a sentire la Reid, è reinventare la ricerca, rendendola un dialogo naturale dove le risposte automatiche dell’IA fanno da ponte verso i contenuti umani di qualità.

Il tuo, si spera.

Ma questo – fidati – potrà accadere solo con il supporto di un consulente SEO che sappia dare al tuo brand la visibilità che merita.

Perché non comparire nelle risposte IA, perdona la schiettezza, equivale a non esistere.

Il quadretto idilliaco di Big G si sgretola di fronte alla realtà

Una visione rassicurante, vero?

Peccato che, mentre Liz Reid dipinge questo bel quadretto, i dati dal mondo reale raccontino una storia un po’ diversa, e decisamente meno poetica.

A mettere i puntini sulle i arriva un report dettagliato di Dan Popa su Advanced Web Ranking, un’analisi su milioni di parole chiave che è suonata come una sirena d’allarme per tutto il settore.

Nel secondo trimestre del 2025, i click organici da desktop sono letteralmente crollati.

Le prime due posizioni in SERP, quelle per cui hai sudato e investito, hanno perso complessivamente 3,75 punti percentuali di CTR (Click-Through Rate).

Ti sembra poco?

È un’enormità.

È come se, da un giorno all’altro, quasi il 4% dei tuoi potenziali clienti, dopo aver visto la tua insegna luminosa, decidesse di girare i tacchi prima ancora di arrivare alla porta.

Il colpevole di questa emorragia di click ha un nome preciso: AI Overviews.

Quelle sintesi generate dall’intelligenza artificiale che Google sta piazzando in cima ai risultati di ricerca sono cresciute in modo esplosivo, passando dal 34% al 46% di presenza nelle ricerche in un solo, maledetto trimestre.

Come ti ho detto già qui, quasi una ricerca su due oggi mostra una risposta preconfezionata, un pasto precotto servito dall’IA.

L’utente ottiene la sua risposta e non sente più il bisogno di cliccare sui link sottostanti per cucinarsi il suo pasto.

Il tuo sito, appunto.

E tu resti lì, con la tua splendida cucina gourmet, a guardare la gente che mangia un panino confezionato fuori dalla tua porta.

Se vuoi invertire il trend e approfittare delle opportunità che i motori di risposta IA possono offrire alla tua azienda c’è solo un modo: rivolgerti a un’agenzia SEO che sappia come lavorare per conquistare LLM e AI Overviews, non esistono scorciatoie, specie in questo periodo così pieno di novità made in Mountain View.

AI Mode ora pensa (e risponde) per immagini

Big G ha appena annunciato un aggiornamento di AI Mode che sposta l’asticella ancora più in alto, introducendo risposte molto più visive grazie a una tecnica chiamata “visual fan-out”.

Di che diavolo si tratta?

In pratica, il sistema non si limita più a interpretare il testo della tua domanda. Ora analizza anche le immagini, i metadati e il contesto visivo.

Immagina di caricare la foto di un salotto che ti piace e chiedere: “trovami un tavolino simile a questo”. L’AI di Google non cercherà solo il tavolino.

Scomporrà la tua richiesta in decine di sotto-temi: stile del tavolino, materiali, colore, oggetti simili nella stanza, brand che producono arredi di quel tipo.

E la risposta non sarà una lista di link, ma una griglia visiva, quasi una moodboard, piena di opzioni pertinenti e ispirazionali.

Questa funzionalità, già attiva in inglese negli Stati Uniti, sta trasformando la ricerca in un’esperienza interattiva, creativa e immersiva, specialmente per lo shopping, dove sfrutta l’immenso database del Google Shopping Graph.

Per te questo significa una cosa: la qualità delle tue immagini e la ricchezza dei dati visivi associati ai tuoi prodotti diventano tanto importanti quanto le parole chiave che usi.

L’appello della comunità SEO: “Dateci gli strumenti per competere!”

Di fronte a questo tsunami tecnologico, la comunità di esperti SEO non è rimasta di certo a guardare.

Una delle voci più autorevoli, quella di Aleyda Solís, per esempio, ha lanciato un appello pubblico tanto semplice quanto potente, rivolto direttamente a Google e OpenAI:

“Per favore, create una sorta di ‘Search Console’ per i vostri modelli di intelligenza artificiale!”

Aleyda Solis su LinkedIn 30 settembre 2025

La sua richiesta è il cuore del problema che stai vivendo anche tu.

Come puoi ottimizzare i tuoi contenuti per un sistema che non ti fornisce dati?

Come puoi capire quali articoli, prodotti o immagini funzionano meglio all’interno delle risposte IA se non hai modo di misurarne le performance?

Aleyda Solis su LinkedIn 30 settembre 2025

Aleyda critica aspramente Google per aver dichiarato che i dati di AI Mode sono semplicemente “mescolati” (“blended”) nei report della Search Console tradizionale.

E ha assolutamente ragione!

Sì, perché senza un filtro per separarli, quei dati diventano inutili.

È come cercare di capire quanti clienti sono entrati nel tuo negozio fisico guardando il traffico totale della via. Un’informazione priva di senso.

Solís invita anche OpenAI a fare di meglio, specialmente ora che sta introducendo funzioni commerciali, perché per un’impresa è vitale poter misurare, analizzare e ottimizzare.

Così, se concorrenza spietata dev’essere tra OpenAI e Big G: che si affrontino su questo terreno!

Sul terreno dell’innovazione e del miglioramento del servizio per gli utenti non su effimere conquiste, giusto per mettere qualche bandierina in più prima dell’altro.

Dal traffico alla fiducia: la vera svolta per chi vuole restare visibile online

Allora è giunto il momento di cambiare mentalità, di leggere tra le righe quello che Liz Reid ha detto, di confrontarsi con i dati e con le richieste sempre più pressanti della comunità SEO.

Non stiamo assistendo alla fine della visibilità online, ma all’inizio di una nuova stagione.

I contenuti superficiali che inseguivano volumi enormi non hanno più ragione di esistere, perché le risposte immediate le darà sempre più spesso l’intelligenza artificiale.

Il tuo obiettivo, dunque, non può più essere quello di intercettare chiunque, ma di attrarre chi cerca un approfondimento, chi vuole capire davvero.

Per riuscirci, il sito non deve più essere un semplice punto di passaggio: deve diventare una destinazione.

Deve offrire quello che un’IA non potrà mai replicare, cioè prospettiva, autenticità, esperienza diretta, relazioni.

Servono contenuti che abbiano sostanza: guide ricche di dettagli, analisi profonde, case study, video che mostrano i prodotti in azione, testimonianze reali. Materiale così unico da convincere l’utente a cliccare perché desidera andare più a fondo, proprio come sottolinea Liz Reid.

La direzione che Google sta tracciando con aggiornamenti come il “visual fan-out” è altrettanto chiara: bisogna pensare in modo visuale e contestuale. Investire in fotografie di qualità, in video coinvolgenti, curare con attenzione ogni metadato visivo.

Un prodotto non è mai soltanto un oggetto: è parte di un contesto, di uno stile di vita, di una narrazione che l’utente vuole riconoscere e condividere.

Il calo dei click organici non deve essere letto come una sconfitta, ma come una selezione naturale.

Non ci saranno più masse indistinte di visitatori casuali, ma meno traffico e di qualità molto più alta.

Meno curiosi distratti, più clienti convinti, come ci ha detto anche Ina Toncheva nel corso della nostra intervista.

Ora occorre costruire una nuova mappa fondata sulla fiducia, sulla profondità e sull’esperienza.

È un lavoro complesso, certo, ma anche un’occasione straordinaria per distinguersi dalla concorrenza.

Iniziamo?

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Novità AI Mode e intervista di Liz Reid: domande frequenti

Google AI Mode sostituirà la ricerca tradizionale?

Secondo Liz Reid, leader della Ricerca di Google, l’intelligenza artificiale non sostituirà la ricerca tradizionale ma la potenzierà, trasformandola in un dialogo naturale dove i contenuti autentici e di qualità avranno ancora più valore.

Perché i click organici stanno diminuendo con AI Overviews?

I dati mostrano un calo significativo dei click organici perché gli utenti trovano già le risposte nelle sintesi generate dall’IA. Queste risposte, sempre più presenti in SERP, riducono il bisogno di visitare i siti web sottostanti.

Cosa chiedono gli esperti SEO a Google e OpenAI?

Esperti come Aleyda Solís chiedono strumenti trasparenti, simili a una Search Console per l’IA, per misurare e ottimizzare la visibilità dei contenuti all’interno delle risposte generate dai modelli di intelligenza artificiale.

Roberto Serra

Mi chiamo Roberto Serra e sono un digital marketer con una forte passione per la SEO: Mi occupo di posizionamento sui motori di ricerca, strategia digitale e creazione di contenuti.

9 commenti su “Né le novità di AI Mode, né le parole di Liz Reid bastano a rassicurare gli utenti di Google e la comunità SEO”

  1. Ma davvero pensano che basti una rassicurazione verbale? La mancanza di dati trasparenti è un insulto all’intelligenza di chi fa questo mestiere. Dove andremo a finire?

    1. Clarissa Graziani

      Melissa, ma davvero credi che Google si fermerà davanti alle nostre lamentele? Il gioco è cambiato, e noi dobbiamo adattarci, non piagnucolare.

  2. Paola Montanari

    Ecco, i nostri cari amici di Mountain View hanno deciso di “trasformare” i link in percorsi di approfondimento, eh? In pratica, ci fanno fare un giro turistico virtuale prima di arrivare al dunque. A me sembra solo che stiano rendendo la ricerca un po’ più… onirica. Che ne sarà poi della nostra cara vecchia visibilità?

    1. Mi perdo un po’ in questo turbinio di cambiamenti, è come se cercassimo un tesoro in un mare di nebbia. Spero solo che, in questa nuova danza di algoritmi, non si perda la magia di scoprire qualcosa di inatteso.

    2. Carlo Ferrari

      Paola, “percorsi di approfondimento” è un eufemismo per “meno click”. Il punto è che Google non offre strumenti per misurare l’impatto reale. Pensano che basti qualche parola per placare le preoccupazioni sulla visibilità. Che ingenuità.

  3. Benedetta Donati

    La trasparenza sui dati da parte di Google è inaccettabile. Se l’IA cambia la ricerca, gli esperti SEO necessitano di strumenti chiari per valutare i risultati. Finchè non ci saranno dati concreti, la sfiducia persisterà.

  4. Sara Benedetti

    La trasformazione della ricerca verso risposte dirette solleva interrogativi sulla sostenibilità dei modelli attuali per la visibilità organica. La richiesta di trasparenza sui dati è legittima per una valutazione oggettiva.

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