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Contattaci ora →Mentre i guru tech dipingono scenari apocalittici, uno studio di Yale analizza i dati reali e smonta la narrazione dominante, rivelando un impatto minimo dell’IA sul mercato del lavoro.
Uno studio approfondito della Yale University smonta le previsioni catastrofiche sull'IA e il mercato del lavoro. Analizzando i dati post-ChatGPT, l'impatto sui posti di lavoro è risultato minimo, perfino in settori "ad alta esposizione" come il marketing. La ricerca insinua che le profezie allarmistiche dei CEO tech potrebbero celare interessi economici o strategie di lobbying, più che una reale minaccia di automazione di massa.
Allarme lavoro e IA: lo studio di Yale che smonta le profezie dei guru tecnologici
Da quando ChatGPT ha fatto la sua comparsa, non passa giorno senza che qualcuno annunci l’apocalisse dei posti di lavoro, con l’intelligenza artificiale pronta a spazzare via milioni di professionisti.
Diciamocelo, il panico è palpabile.
Eppure, mentre i CEO delle grandi aziende tech dipingono un futuro distopico, uno studio approfondito della Yale University arriva a scompigliare le carte, suggerendo che, per ora, questa tanto temuta rivoluzione non è altro che un’ipotesi.
I dati, quelli veri, raccontano una storia molto diversa.
Una storia che ci porta a chiederci: ma allora di cosa stiamo parlando veramente?
La realtà dietro le previsioni apocalittiche
Andiamo dritti al punto.
Il Budget Lab di Yale, un centro di ricerca che non ha alcun interesse a venderti l’ultima soluzione IA, ha analizzato 33 mesi di dati sul mercato del lavoro americano dopo il debutto di ChatGPT.
Il risultato?
L’impatto dell’intelligenza artificiale sui posti di lavoro è stato, in pratica, nullo.
Come descritto dai ricercatori, l’ansia che circonda questo tema “rimane in gran parte speculativa”.
Hanno monitorato i lavoratori divisi per livello di esposizione all’IA — alto, medio e basso — scoprendo che le percentuali non si sono mosse di un millimetro. L’IA, almeno per ora, sembra non essere un fattore determinante.
La cosa ancora più interessante è che il ritmo del cambiamento attuale è del tutto paragonabile a quello visto durante l’adozione dei computer negli anni ’80 o di internet negli anni ’90.
Niente di più, niente di meno.
Ma se i numeri dicono questo, perché settori come il marketing, dati per spacciati, sembrano non aver subito alcun colpo?
Il paradosso del marketing: tanta esposizione, nessuno spostamento
Qui la faccenda si fa curiosa.
Secondo uno studio di Indeed, il marketing è il quarto settore per esposizione all’IA, con il 69% delle competenze a rischio di trasformazione. Microsoft rincara la dose, affermando che i commerciali hanno punteggi altissimi di “applicabilità” dell’IA.
Sulla carta, quindi, dovremmo assistere a una vera e propria ecatombe.
E invece no.
L’occupazione nel settore non solo tiene, ma dimostra un divario enorme tra l’ “esposizione” teorica e la realtà dei fatti. È la prova che una cosa è dire che un’attività può essere automatizzata, un’altra è che venga effettivamente automatizzata, sostituendo una persona.
Un dettaglio non da poco.
Eppure, nonostante questi dati, i capi delle più grandi aziende tech continuano a suonare una campana completamente diversa.
C’è da chiedersi il perché.
Le profezie dei CEO contro la fredda realtà dei numeri
Dario Amodei di Anthropic e Sam Altman di OpenAI non perdono occasione per prevedere sconvolgimenti epocali nel mondo del lavoro.
Gli stessi ricercatori di Yale, però, insinuano un dubbio: non è che “alimentare queste paure sia un modo efficace per ottenere incontri con i legislatori”?
Nel frattempo, aziende come IBM e Salesforce annunciano tagli al personale citando proprio l’IA.
Ma anche qui, lo studio suggerisce che potrebbe trattarsi di una narrazione comoda per giustificare operazioni di riduzione dei costi e delocalizzazione, più che una reale sostituzione uomo-macchina.
D’altronde, dopo aver speso miliardi in infrastrutture IA, quale modo migliore per giustificare i conti se non raccontare che si sta costruendo il futuro?
La verità potrebbe essere molto più banale: si tagliano i costi, come si è sempre fatto, e l’IA diventa solo un alibi perfetto.
Mamma mia, che sollievo! Sentire che non è tutto perduto per i nostri lavori mi fa tirare un sospiro. Speravo che queste paure fossero esagerate. Mi chiedo se ci fermeremo mai a pensare prima di lanciarci in certe previsioni.
Finalmente dati concreti contro le predizioni da panico dei soliti noti. Che interesse hanno a diffondere terrore?
Ma guarda un po’, i soliti allarmisti che cercano solo di vendere il loro prodotto o la loro “visione”. Pensavo fossimo tutti più svegli di fronte a certe sparate. È confortante vedere che i dati reali mettono un freno a queste paure ingiustificate. Bisogna sempre verificare prima di farsi prendere dal panico.
Certo, questo studio di Yale dimostra che l’allarmismo dei “guru” è, come al solito, pura speculazione. Pensare che l’IA rivoluzioni tutto da un giorno all’altro è piuttosto ingenuo.
Lo studio di Yale conferma quanto si sussurra da tempo: i proclami apocalittici sull’IA sono spesso aria fritta, utile a chi vende soluzioni. Dati alla mano, la realtà è meno drammatica. Ci si dovrebbe domandare chi trae beneficio da questo allarmismo.
Che sollievo leggere che non siamo sull’orlo di una disoccupazione di massa causata dall’IA, almeno secondo Yale. A volte mi chiedo se questa paura sia più utile a chi la diffonde che a chi la subisce.
Leggere che lo studio di Yale ridimensiona l’impatto dell’IA sul lavoro mi toglie un peso. Temevo davvero che il futuro fosse così incerto per tutti noi. Ma sarà davvero così stabile il mercato?
Finalmente qualcuno che guarda i numeri! Tutta questa frenesia sull’IA che ci ruba il lavoro è solo fumo negli occhi. La realtà è ben diversa, ma a chi giova questo panico?
Ma guarda te, la gente che fa previsioni catastrofiche per vendere corsi. Pensavo fosse ovvio che i dati reali contano più delle fantasie da palco. Che poi, se l’IA dovesse davvero sostituirci, chi avrebbe più il tempo di lamentarsi?
Ottima analisi dello studio di Yale! Mi fa piacere vedere dati reali contro scenari apocalittici, un po’ come nel mio settore.
Finalmente un po’ di buonsenso, le predizioni catastrofiche sono solo fumo negli occhi.