I nuovi motori di risposta IA costruiscono indici proprietari e sistemi autonomi di ranking, segnando la fine del traffico facile basato su contenuti generati in serie
📌 TAKE AWAYS
ChatGPT, Perplexity e Claude stanno creando indici e sistemi di ranking indipendenti, riducendo la dipendenza da Google.
È la fine del traffico facile basato su contenuti generati in serie.
A emergere saranno i brand che investono in qualità, fiducia e autorità.
Da mesi ci ripetono che l’intelligenza artificiale ha cambiato tutto. Che basta premere un tasto per sfornare articoli perfetti, dominare le ricerche e moltiplicare il traffico.
Eppure, come sai bene, la visibilità non è mai stata così instabile.
I grafici oscillano, gli aggiornamenti si susseguono, e i contenuti generati in serie promettono risultati che non arrivano mai.
Nel frattempo, nuove piattaforme come ChatGPT, Perplexity e Claude stanno riscrivendo le regole della scoperta dei contenuti.
Non si limitano più a citare Google (o Bing): costruiscono i propri indici, i propri sistemi di ranking, le proprie regole di fiducia e autorevolezza.
È la nascita di una nuova era di “motori di risposta” dove la reputazione online può crollare da un giorno all’altro se non lavori come si deve.
Se gestisci un brand, un e-commerce o un portale di servizi, il vero rischio non è l’IA in sé, ma l’illusione che basti riempire il web di testi automatici per restare visibili.
La festa del “contenuto gratis” sta finendo, e chi non cambia rotta rischia di essere travolto.
Ma in questo caos c’è una certezza: i sistemi IA stanno tornando alle origini, premiando qualità, autorevolezza e fiducia.
Le vecchie leggi del posizionamento stanno rinascendo sotto una nuova forma, più severa, più selettiva, più intelligente.
Ed è proprio qui che inizia la vera partita: capire come far emergere il tuo brand in un sistema in cui l’intelligenza artificiale non si limita a rispondere, ma decide chi merita di essere ascoltato.
ChatGPT e Perplexity vogliono fare da soli (e dichiarare guerra allo spam)
Il panorama è questo: per anni, Google e Bing hanno fornito le fondamenta di internet, fungendo da giganteschi bibliotecari.
Le nuove piattaforme di AI Search, i chatbot che danno risposte dirette e puntuali, inizialmente si sono appoggiate a quei giganti per trovare l’informazione da citare.
Era una strategia a breve termine, una stampella temporanea.
Un analista di riferimento del settore, Glenn Gabe, l’ha detto chiaramente il 15 ottobre 2025: le piattaforme IA stanno evolvendo e non intendono affidarsi a terze parti.
Perché mai dovrebbero dare una leva così potente a un concorrente?
L’unico modo per controllare la qualità e la provenienza delle risposte è costruirsi la propria “biblioteca” interna, il proprio indice di ricerca.
E qui viene il bello. Perplexity ha recentemente annunciato di aver costruito un proprio indice che conta già centinaia di miliardi di documenti.
Ti rendi conto?
Non stanno aspettando, stanno lavorando a un ritmo frenetico per smarcarsi.
Significa che presto avremo non un unico motore di ranking, ma diversi, tutti in competizione.
Sperando che questa concorrenza differenzi l’offerta, la renda più ricca, senza omologarla e impoverirla.
Il punto chiave sollevato da Gabe è spietato e preciso: l’uso di tattiche manipolative per “giocare” con i chatbot è una strategia estremamente miope.
Chi oggi sta riempiendo il web di contenuti puramente generato dall’IA (senza neanche un minimo di editing umano) o usa trucchi per farsi citare, si sta scavando la fossa con le proprie mani.
Un noto motto dei SEO recita: “Funziona finché non smette di funzionare…”.
Bene.
Peccato che quando smetterà, l’impatto sarà violento, quasi catastrofico, oserei dire.
Google e Bing hanno avuto decenni per sviluppare difese avanzate contro lo spam.
Pensa a SpamBrain, il sistema di prevenzione dello spam basato sull’IA di Google.
I nuovi chatbot?
Sono in fase neonatale.
Hanno ancora molta strada da fare sul fronte anti-spam, e purtroppo lo abbiamo già visto con contenuti spazzatura che ottengono visibilità.
Ma questo non durerà.
Le piattaforme IA sono costrette, per la loro stessa sopravvivenza e credibilità presso gli utenti, a implementare i loro sistemi anti-spam e sistemi di ranking di base.
E quando lo faranno (molto presto, fidati), l’aria del facile (ed effimero) posizionamento si farà irrespirabile.
L’apparente svolta del ranking: bentornate qualità e autorità (ma non si erano mai mosse!)
La vera questione per te non dovrebbe essere come generare più articoli (anche perché per quello, diciamocelo chiaramente, non ci vuole la scienza), ma come essere percepito come la fonte più affidabile (su questo sì, che c’è da lavorare!).
I motori di risposta IA, per offrire risposte di qualità, stanno sviluppando e perfezionando sistemi per misurare l’autorità e la qualità, come ha spiegato il SEO Mark Williams Cook nel suo podcast.
Senza questi filtri, qualsiasi sito potrebbe fornire consigli medici o finanziari critici, e tu capisci che questo distruggerebbe la fiducia negli strumenti IA stessi.
È un ritorno di fiamma a concetti che Google ha migliorato nel tempo, come gli algoritmi di qualità a livello di sito.
Se il tuo sito ha un punteggio basso in termini di qualità generale, ogni singolo contenuto (anche quello ben scritto) può essere penalizzato o ignorato.
È il motivo per cui un Core Update di Google può trascinare giù un intero sito (pensa alle turbolenze post-update Giugno 2025).
Allo stesso modo, un alto punteggio di qualità farà sì che i tuoi contenuti vengano restituiti e citati con maggior frequenza nei riassunti IA.
Pensa poi al concetto di Autorità. Mark Williams-Cook ha evidenziato come l’autorità, per Google, sia storicamente influenzata dal PageRank e dal link graph (la rete di collegamenti tra siti).
Molte piattaforme IA non hanno una versione di questo sistema, ma ne riconoscono disperatamente l’importanza.
Non a caso, si dice che stiano acquistando dati sui link da terze parti per cercare di ricostruire un sistema di segnali di autorevolezza.
Tutto ciò si rivela ancora più vitale nelle categorie YMYL (Your Money or Your Life, cioè argomenti che riguardano la salute, la finanza o questioni legali).
Google, per questi temi, dà un peso maggiore ai fattori che supportano l’E-E-A-T (Esperienza, Competenza, Autorità, Affidabilità).
Così, se vuoi essere citato per un argomento delicato, non ti basterà un articolo ben scritto: dovrai essere percepito come un’autorità indiscussa tout court!
E qui viene l’avvertimento più duro di Glenn Gabe: quando questi sistemi di qualità e anti-spam verranno implementati dai chatbot, vedremo una volatilità pazzesca.
Glenn addirittura rievoca le montagne russe e gli stravolgimenti causati dagli update Panda e Penguin.
Se non hai familiarità con questi aggiornamenti, devi sapere che erano patch chirurgiche che hanno distrutto intere aziende da un giorno all’altro, colpendo tattiche specifiche (come la produzione massiccia di contenuti di bassa qualità e lo spam).
Sei disposto a rischiare che il tuo brand faccia la fine dell’agnello a Pasqua? (Perdona l’immagine un po’ cruenta…).
L’inversione di marcia: l’ubriacatura per l’IA si è placata?
Abbiamo parlato fin qui di come le IA si stiano attrezzando per penalizzare i siti che esagerano con l’utilizzo compulsivo… proprio dell’IA!
Una lotta fratricida, in pratica…
Il problema, naturalmente, è l’uso massiccio, senza controllo umano, volto solo a creare contenuti in serie che non portano nulla di nuovo. Non il supporto dell’IA in sé.
Ok, ma come siamo messi attualmente?
Si abusa di IA per saturare il web di cose, diciamoci la verità, evitabilissime?
Oppure l’utilizzo dell’intelligenza artificiale è ora più moderato e mediato dall’intervento umano?
La ricerca condotta da Graphite, analizzando 65.000 articoli in lingua inglese, ha mostrato una crescita vertiginosa: dopo soli 12 mesi dal lancio del chatbot, il 39% degli articoli pubblicati era già generato dall’IA.
L’apice è stato raggiunto a novembre 2024, quando la quantità di articoli generati dall’IA ha temporaneamente superato quelli scritti da esseri umani.
Tuttavia, il vero dato che ti deve far riflettere è il seguente: da maggio 2025, la produzione di contenuto IA si è stabilizzata, rappresentando il 48% del totale, contro il 52% di testi umani, come riportato da Axios.
La crescita si è fermata, o come dicono i ricercatori di Graphite, si è placata.
Perché questa frenata?
Semplice: il contenuto IA puro non performa bene nelle ricerche.
Lo stesso studio Graphite ha dimostrato che, nonostante la loro enorme quantità sul web, gli articoli generati dall’IA ottengono una visibilità bassissima sui motori di risposta.
Analizzando la classifica in Google Search e le citazioni nei chatbot (ChatGPT e Perplexity):
- In Google Search, l’86% degli articoli in classifica era scritto da esseri umani. Solo il 14% era generato dall’IA.
- Nelle risposte dei chatbot, l’82% delle fonti citate erano articoli scritti da esseri umani, contro il 18% di contenuto IA.
Questo paradosso è un campanello d’allarme fortissimo.
Si sta producendo una valanga di contenuto IA, ma i motori che contano lo stanno relegando in un angolo del web che nessuno visita.
È il segnale inequivocabile che i sistemi di ranking, seppur embrionali nei chatbot, stanno già favorendo la qualità certificata e l’originalità umana.
Il che significa che, nonostante quello che dicono alcuni, il contenuto IA è sorprendentemente identificabile se si usa un sistema robusto, e i modelli stanno diventando sempre più bravi a farlo.
Lavora sulla qualità per diventare autorevole agli occhi delle IA (e del tuo pubblico)
La verità è questa: non possiamo più parlare di “SEO tradizionale” da una parte e “visibilità AI” dall’altra. Questo nuovo mondo richiede un sistema unico di eccellenza.
Tu non sei interessato a un aumento temporaneo del traffico (buono solo per soddisfare l’ego!), tu vuoi conversioni stabili e un brand che venga percepito come l’unica, vera autorità nel tuo settore.
Mentre i tuoi concorrenti più frettolosi si stanno ingozzando di contenuti generati in serie, tu devi fare l’esatto opposto: investire nell’onestà del contenuto, nella competenza esplicita e nella qualità a livello di sito (ce lo ha detto anche Joshua Squires nel corso della nostra conversazione).
È il momento di rafforzare la tua Expertise, Experience, Authority e Trust (E-E-A-T) non per Google, ma perché sono i capisaldi che ogni sistema di ranking (vecchio o nuovo) deve inevitabilmente adottare per non morire soffocato dalla spazzatura digitale.
Sii la fonte che gli algoritmi devono citare.
Lavora sull’autorità, non sulla quantità.
Se ti concentri sulla creazione di contenuti unici, che riflettono la vera esperienza del tuo brand, che sono scritti con cura e che rispondono in modo esaustivo ai bisogni più profondi del tuo pubblico, sarai la fonte più robusta del web, come ci ha illustrato bene anche Andrea Volpini qui.
Come ha ben sintetizzato Rand Fishkin, un’autorità nel settore del search marketing, gli LLM non hanno ancora quei segnali di manipolazione e quell’intelligenza sviluppata per capire quando vengono ingannati.
Magari la tattica di pubblicare a raffica articoli di bassa qualità per essere citati può funzionare, ma solo per adesso!
Ma ti chiedo: vale la pena rischiare il tuo brand, la tua reputazione costruita con anni di lavoro, per un aumento di visibilità temporaneo che potrebbe trasformarsi in una penalizzazione permanente non appena i chatbot attiveranno i loro sistemi di difesa?
Un giorno, potresti ritrovarti con un intero sito invisibile, impantanato in una “grande fossa” da cui è difficile uscire.
Per questo motivo insisto sul fatto che se lavori correttamente oggi, raccoglierai i frutti domani.
In questo momento di transizione, chi ha un esperto al suo fianco che sa come posizionare un brand per le vendite e non solo per le vanità del traffico, avrà già vinto la battaglia di domani.
Il gioco del contenuto generato a basso costo sta finendo.
È ora di tornare a fare le cose per bene. Noi non abbiamo mai smesso.
Contatta qui la mia agenzia: ti spiego come fare a rendere il tuo brand visibile e autorevole per le IA.
Motori di risposta IA, sistemi autonomi di ranking e lotta ai contenuti creati in serie con l’IA: domande frequenti
ChatGPT, Perplexity e Claude riusciranno davvero a liberarsi di Google?
Le nuove piattaforme di intelligenza artificiale stanno costruendo indici proprietari e sistemi autonomi di ranking, smarcandosi dai tradizionali motori di ricerca come Google e Bing. È l’inizio di una nuova era dei cosiddetti motori di risposta, dove la visibilità dei contenuti dipenderà sempre più da qualità, autorevolezza e fiducia, piuttosto che da tattiche SEO manipolative.
Perché i contenuti generati dall’IA non stanno performando bene?
Secondo una ricerca di Graphite, la produzione di contenuti IA si è stabilizzata al 48% del totale, ma solo il 14% di questi articoli ottiene visibilità su Google e il 18% viene citato dai chatbot. I sistemi di ranking premiano l’originalità e la qualità umana, penalizzando i testi generati in serie che mancano di profondità e autorevolezza.
Come possono i brand restare visibili nell’era dell’intelligenza artificiale?
I brand devono puntare sulla qualità dei contenuti, sulla trasparenza e sulla competenza esplicita. Rafforzare i principi di E-E-A-T (Esperienza, Competenza, Autorità, Affidabilità) è oggi essenziale per essere riconosciuti come fonti autorevoli dai nuovi motori di risposta basati sull’IA. La strategia vincente non è la quantità, ma la credibilità.
La costruzione di indici autonomi da parte di questi motori di risposta AI rappresenta un potenziale riassetto significativo. Selezionare fonti attendibili diventa la nuova frontiera per l’informazione. Mi chiedo se questa evoluzione favorirà una maggiore qualità dei contenuti a lungo termine.
Dunque, se solo il 14% dei contenuti IA ha visibilità, e il 18% viene citato dai chatbot, mi chiedo se non si stia creando una bolla dorata per pochi eletti. Chi deciderà cosa è degno di essere visto, oltre all’algoritmo?
Questa faccenda degli indici proprietari mi puzza. Se queste IA decidono cosa è autorevole, chi le controlla? Se finisce che ci dicono solo quello che vogliono loro, siamo fritti. La qualità resta importante, ma l’indipendenza a quale prezzo?
Questa dipendenza dalle IA per le risposte mi sembra un futuro pericoloso. Chi garantisce la neutralità di questi indici?
Enrico, la neutralità è un miraggio. Se ogni IA ha il suo indice, siamo condannati a risposte su misura. Brutta storia.
Capisco il tuo timore, Giada. La gestione degli indici proprietari solleva interrogativi sull’indipendenza informativa. Il mio approccio tecnico mi porta a riflettere su come garantire la trasparenza in questi nuovi sistemi di ranking.
Tanto rumore per nulla. Queste IA che si creano indici propri? Se poi il 48% del contenuto è spazzatura generata in serie e solo il 14% trova posto su Google, mi pare che la dipendenza resti. Staremo a vedere se davvero offrono qualcosa di diverso o solo un altro modo per fare soldi.
Ottima analisi! Vedo che queste IA stanno davvero cambiando le regole, rendendo il percorso verso l’informazione meno scontato. Chissà dove ci porterà tutto questo cambiamento.
La vera domanda è: chi controlla l’algoritmo controlla il futuro. Google è avvisato?
Se l’IA seleziona davvero le fonti, allora la qualità conterà. Staremo a vedere se Google saprà adattarsi o finirà per essere superato.