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Tradurre il sito web non è più un’opzione, ma una necessità per non scomparire dalle AI Overviews di Google e aumentare la propria visibilità, anche nella lingua originale.
Una ricerca di Weglot scuote la SEO: i siti web tradotti ottengono fino al 327% in più di visibilità nelle AI Overviews di Google. I siti monolingua, al contrario, vedono crolli drastici. La traduzione, quindi, non è più un optional ma un fattore SEO determinante. L'IA di Google premia la comunicazione globale, elevando l'adattamento linguistico a nuovo segnale di autorevolezza. È chiaro: per l'IA, se non traduci, non esisti.
L’enorme divario di visibilità: chi non traduce, sparisce
I dati parlano chiaro. Un sito spagnolo non tradotto in inglese, quando cercato con parole chiave inglesi, subisce un crollo di visibilità del 431%. Per i siti messicani la situazione è leggermente migliore, ma si parla comunque di un divario del 213%.
Cosa significa questo in pratica?
Significa che se un potenziale cliente in America cerca un prodotto che tu vendi, ma lo cerca in inglese, per l’intelligenza artificiale di Google tu, semplicemente, non esisti.
Sei invisibile.
E non importa quanto il tuo sito sia ottimizzato in spagnolo o quanto sia autorevole nel tuo mercato locale.
Pensa a un grande e-commerce spagnolo di libri che vende anche titoli in lingua inglese. Senza una versione inglese del sito, appare il 64% in meno nelle risposte generate dall’IA.
E nel 36% dei casi in cui riesce a comparire, il link non porta nemmeno al suo dominio, ma a una versione tradotta al volo da Google Translate, che intercetta il traffico e, di conseguenza, le vendite.
Un vero disastro.
Ma c’è un rovescio della medaglia, ed è qui che la faccenda si fa interessante.
La traduzione come lasciapassare per la visibilità
Quando un sito web si presenta al mondo con più versioni linguistiche, la musica cambia completamente. Quel divario spaventoso del 431% si riduce a un modesto 22%.
Non solo. Avere un sito tradotto non migliora solo la visibilità nella lingua di traduzione, ma aumenta del 16% anche le citazioni nella lingua originale.
È come se l’intelligenza artificiale, vedendo un sito multilingua, pensasse: “Ok, questo fa sul serio, è un’entità globale, affidabile”.
In pratica, la traduzione smette di essere un semplice strumento linguistico e diventa un segnale di autorevolezza. Un segnale che, a quanto pare, pesa molto di più dei vecchi trucchi SEO a cui eravamo abituati.
E questo solleva una domanda ancora più grande.
Viene da chiedersi: perché?
Cosa vede l’intelligenza artificiale in un sito tradotto che la spinge a considerarlo più autorevole?
Google riscrive le regole: l’autorevolezza si misura in lingue parlate
La risposta è che Google sta, ancora una volta, riscrivendo le regole del gioco. Se prima l’autorevolezza era misurata in backlink, traffico e anzianità del dominio, oggi l’IA sembra preferire altri parametri.
La profondità dei contenuti, la loro leggibilità e freschezza stanno diventando più importanti dei vecchi segnali. E, a quanto pare, anche la capacità di comunicare con un pubblico internazionale è diventata una metrica di fiducia.
Certo, si potrebbe obiettare che questa è una mossa che favorisce le grandi aziende, quelle con budget sufficienti per gestire traduzioni professionali su larga scala, mettendo in difficoltà le piccole e medie imprese.
È un dubbio legittimo: stiamo forse assistendo alla creazione di una nuova barriera all’ingresso, mascherata da miglioramento per l’utente?
Una cosa è certa: il messaggio che arriva forte e chiaro è che l’adattamento linguistico non è più un’opzione.
La morale è schietta: se non parli la lingua di chi ti cerca, per l’intelligenza artificiale di Google, semplicemente, non esisti.

Ma come, adesso per esser competitivi dobbiamo pure diventare poliglotta? 🤯 Che paranoia, speriamo non ci chiedano pure di cucinare in trenta lingue! 🍳
Certo, Riccardo. 🙄 Tradurre per l’IA: non più un lusso, ma un salvavita. 🌊 Praticamente, il mondo digitale ci obbliga a diventare poliglotta. 🤷♀️ E io che pensavo bastasse il posizionamento. 😂
Ma che genialata. Tradurre per non fare la fine del dinosauro. Logico.
La traduzione come requisito per la visibilità? Illudiamoci.
‘Sta roba è un ricatto digitale, ovvio. Chi non si adegua al linguaggio globale dell’IA, crepa. Ci costringono a fare un salto nel buio per non finire nel dimenticatoio.
La ricerca conferma un’ovvia verità: l’IA di Google premia chi si sforza di comunicare globalmente. Chi ignora questa realtà, lamentandosi poi dell’invisibilità, farebbe meglio a investire in traduzioni piuttosto che in lamenti. La mia personale esperienza, per fortuna, non ha mai subito tali drammatiche flessioni.
Sempre la solita musica: se non ti pieghi al volere del Grande Fratello digitale, sei fuori. Traduci, traduci, traduci, come pecorelle impazzite. Ma questa IA poi, ci ruba pure l’identità linguistica. Mi chiedo: quando smetteremo di correre dietro a queste diavolerie?
Già, “se non traduci, non esisti” pare sia diventata la nuova legge dei motori di ricerca. Forse dovremmo imparare a leggere nel pensiero dell’IA per non farci trovare impreparati. E voi, che ne pensate?
Ma che meraviglia, un altro giocattolo tecnologico per farci credere che l’IA ci salverà. Traduci per non scomparire, un vero capolavoro di logica. Poi ci si lamenta se i dati non tornano. Chi è così ingenuo da pensare che basti una lingua?
Ma che bella storia! Traduci e ti moltiplichi, non traduci e sei polvere. La tecnologia ci fa un regalo: se non parli la sua lingua, non ti vede. Che mondo moderno.
Ma certo, i monolingua spariranno come un eco in un deserto. L’IA è un giudice inflessibile, la tua lingua è il tuo passaporto. Se non parli, non giochi. Una bella lezione di umiltà digitale.
Certo, una bella favola per illudere i distratti. La traduzione è un mezzo, non un dio. E se Google cambia idea, finisce tutto.
Benedetta, la realtà è dura come un muro, non una favola. Chi non si adatta, scompare. Punto.
Ah, questi algoritmi! Un banale artificio linguistico per spremere l’anima digitale delle PMI. La vera maestria non risiede nell’adattare le parole, ma nell’essere ineffabili.
Confermo: senza traduzione, si è invisibili. Chi pensa che la lingua originale basti vive ancora nel passato. L’IA ha dettato legge, ora si vedrà chi si adegua.
Ma figurati. Quindi chi non traduce, è fuori dal gioco? Un po’ come non sapere le lingue all’estero. Mica una novità.