I dati pubblicati dal Pew Research Center mostrano un netto calo dell’interazione: i click scendono all’8% con i riassunti IA, quasi la metà rispetto al 15% delle SERP classiche
📌 TAKE AWAYS
Le AI Overviews di Google stanno riducendo drasticamente i click organici, rendendo inefficace la SEO tradizionale. Solo l’1% dei link viene cliccato.
Per restare visibili, i brand devono puntare su reputazione e contenuti zero-click.
So a cosa stai pensando. Te ne stai lì, davanti al monitor, con Google Analytics aperto in una scheda e il gestionale del tuo sito nell’altra. Hai investito tempo, sudore e, ammettiamolo, un bel po’ di soldi per creare quel gioiellino di sito web. Hai pagato un professionista per la SEO, hai scritto articoli per il blog fino a notte fonda, hai ottimizzato ogni singola immagine. Tutto per un unico, sacro Graal: il traffico. Portare gente sul tuo sito, trasformarla in clienti e far crescere il tuo business.
E per un po’ ha funzionato, vero? Ma ultimamente c’è qualcosa che non torna. Le visite calano, inspiegabilmente. I numeri non sono più quelli di una volta e tu inizi a pensare di aver sbagliato qualcosa. Forse l’ultimo aggiornamento del sito? O magari quella campagna che non è andata come speravi?
Mettiti comodo, perché ho una notizia per te. Una buona e una cattiva. La cattiva è che no, probabilmente non hai sbagliato nulla. La buona è che non sei solo. La terra sta tremando sotto i piedi di tutti noi e la scossa ha un nome ben preciso: AI Overview.
Quel piccolo, “servizievole” riassunto che Google, con la sua intelligenza artificiale, ha iniziato a piazzare in cima ai risultati di ricerca. Un riassunto che, di fatto, sta divorando i tuoi click prima ancora che abbiano la possibilità di nascere.
Benvenuto nel nuovo mondo della ricerca online. Un mondo dove il tuo sito web rischia di diventare una cattedrale nel deserto e dove le vecchie regole non valgono più. Ma non temere, una via d’uscita c’è. Solo che non è quella che ti aspetti.
Il grande silenzio: i numeri che Google non vorrebbe farti vedere
Immagina questa scena. Un potenziale cliente cerca su Google esattamente il prodotto o il servizio che offri. Fino a ieri, il suo percorso era chiaro: scorreva la lista dei link blu, cliccava sul tuo, atterrava sul tuo sito e iniziava il suo viaggio. Oggi, la storia è diversa.
In cima a tutto, prima ancora del primo risultato, campeggia un riquadro generato dall’intelligenza artificiale. Un “AI Overview” che risponde direttamente alla sua domanda, sintetizzando le informazioni prese da varie fonti (spesso, senza che tu lo sappia, anche dal tuo sito).
Il risultato? Il cliente legge, si sente soddisfatto e chiude la pagina. Non ha più bisogno di cliccare. Non ha più bisogno di te.
Non è un’ipotesi, è una realtà certificata da dati impietosi. Un recente e illuminante report del Pew Research Center, pubblicato il 21 luglio 2025, ha analizzato il comportamento di 900 utenti statunitensi adulti e i risultati sono da far tremare i polsi.
Quando nei risultati di ricerca compare un riassunto IA, solo l’8% degli utenti clicca su un link tradizionale.
Ma se il riassunto IA non c’è, e la pagina mostra solo i classici link blu?
In quel caso, cliccano 15 persone su 100. Quasi il doppio.
Morale: appena entra in scena l’IA, la metà degli utenti decide di non cliccare più nulla.
Penserai: “Vabbè, ma se l’IA cita il mio sito come fonte, magari qualcuno cliccherà sul link all’interno del riassunto!”. Illusione.
Secondo lo stesso studio, i link presenti all’interno degli AI Overviews vengono cliccati in un misero 1% dei casi. Sì, hai letto bene. Uno per cento.
L’IA prende il tuo contenuto, lo serve su un piatto d’argento e si prende tutto il merito, lasciandoti le briciole. Anzi, nemmeno quelle.
E ora arriva il colpo di grazia. Sempre secondo Pew, circa due terzi delle ricerche su Google si concludono senza che venga cliccato alcun link. Con o senza IA.
Non solo: quando c’è l’AI Overview, gli utenti sono ancora più propensi ad abbandonare subito la ricerca: il 26% delle sessioni si chiude lì, contro il 16% dei casi in cui Google mostra solo risultati tradizionali.
Anche la tipologia di query influenza la probabilità di vedere comparire una panoramica IA: se la ricerca è composta da una o due parole, l’IA interviene solo nell’8% dei casi.
Se la query supera le 10 parole, la probabilità schizza al 53%. E se contiene una domanda esplicita (“chi”, “cosa”, “quando”, “perché”), l’AI Overview compare nel 60% dei casi.
Stai scrivendo una frase completa con soggetto e verbo? In quel caso, un riassunto AI compare nel 36% delle ricerche.
Insomma: più la ricerca è articolata, più è probabile che Google ti “scavalchi” e dia la risposta da solo.
Come puoi facilmente immaginare, questi dati non sono passati inosservati.
Johannes Beus, fondatore di Sistrix, una delle piattaforme di analisi SEO più rispettate al mondo, ha messo nero su bianco quello che molti sospettavano:
È indiscutibile che le AI Overviews porteranno a un minor numero di utenti che cliccano sui risultati di ricerca: dovremo imparare a gestire questo fatto.
Johannes Beus
La sua analisi conferma il dato chiave: il tasso di click si dimezza.
Ma qui la storia si fa ancora più interessante. Beus fa notare che, di fronte a questa evidenza, la reazione di Google è stata quella di contraddire lo studio, criticandone la metodologia. Un classico, prevedibile tentativo di minimizzare un cambiamento che sta riscrivendo le sorti del web.
Comprensibile quindi che a Big G non convenga rivelare dati troppo precisi sulle AIOs in Search Console, come ci ha detto Johannes nella nostra intervista.
Al di là delle schermaglie, però, emerge un altro dato rilevante: se un riassunto IA è presente, il 26% delle sessioni di ricerca si conclude lì, contro il 16% delle ricerche tradizionali.
Come sottolinea Beus, questo non è necessariamente un male per l’utente, anzi: “suggerisce che gli utenti trovano più spesso ciò che cercano”.
Il problema è che lo trovano senza di te.
La tua visibilità, e il tuo successo, non si giocano più sulla tua capacità di attirare un click, ma su quella di diventare la fonte autorevole da cui l’IA attinge.
Il gioco è cambiato. E per vincerlo devi rivolgerti a un consulente SEO che sappia parlare la lingua delle IA.
I contenuti “zero-click” possono essere una strategia vincente?
Se Google e le altre piattaforme stanno costruendo muri sempre più alti, ha senso continuare a sbatterci la testa contro sperando di buttarli giù?
O forse è più intelligente imparare a prosperare all’interno di questi nuovi ecosistemi?
Amanda Natividad, una mente brillante di SparkToro, sostiene una tesi che oggi suona quasi profetica: il contenuto zero-click non è più un’opzione, ma l’unica strategia di sopravvivenza.
Ti chiedi di che si tratta? È un contenuto progettato per dare valore completo e immediato all’utente direttamente nel feed in cui lo incontra, senza chiedergli di fare click su un link esterno.
Pensaci. Non è solo Google.
- Facebook, nel suo report della primavera 2025, ha ammesso che il 97,3% dei contenuti visualizzati dagli utenti statunitensi non contiene link esterni.
- LinkedIn, pur senza dichiararlo apertamente, penalizza la visibilità dei post che cercano di portare traffico fuori dalla piattaforma (chiunque lo usi per lavoro se n’è accorto).
- TikTok non permette nemmeno di inserire link nei post e nasconde i dati di provenienza del traffico.
Le piattaforme vogliono tenersi gli utenti in casa, come un genitore troppo protettivo che non vuole che i figli escano fuori per giocare.
Ogni click verso un sito esterno è per loro una perdita.
E così, i loro algoritmi ti puniscono se provi a “rubare” l’attenzione.
Aggiungi a questo il caos del tracciamento, con la “dark social” (link da app di messaggistica come WhatsApp o Slack) che maschera le fonti, e capirai che basare la tua strategia sulla speranza di ricevere un click tracciabile è come sperare di vincere alla lotteria per pagare l’affitto.
La soluzione “zero-click”, come scrive Amanda Natividad, invece, ribalta il tavolo.
Al posto di usare i social o Google come un’esca per portare traffico altrove, li usi come il palco principale. Pubblichi contenuti completi, utili, coinvolgenti lì dove si trova il tuo pubblico.
Video, caroselli di immagini, guide testuali, infografiche. Tutto ciò che educa, intrattiene e risolve un problema senza chiedere nulla in cambio.
Smetti di contare i click, inizia a misurare la fiducia
“Fantastico,” starai pensando, “ma se non porto traffico al sito, come misuro i risultati?
Come giustifico l’investimento? Il mio capo mi chiederà il ROI!”.
È la domanda giusta. E la risposta richiede un cambio di mentalità radicale, come ci ha detto anche Barry Schwartz durante la nostra chiacchierata.
Dobbiamo smetterla di essere ossessionati dal ROI (Return on Investment) e iniziare a pensare in termini di VOI (Value on Investment). Il valore che stai costruendo non è più un click immediato, ma qualcosa di molto più profondo e duraturo: la fiducia.
Quando smetti di urlare “CLICCA QUI!” e inizi a offrire valore gratuitamente, succedono due cose magiche. Primo, gli algoritmi ti premiano, perché stai facendo esattamente quello che vogliono: tenere gli utenti sulla loro piattaforma.
La tua visibilità organica aumenta.
Ma l’effetto più importante è un altro. Le persone (e le IA) iniziano a fidarsi di te.
Non sei più quello che vuole vendere a tutti i costi, ma quello che sa di cosa parla e condivide valore, senza aspettarsi qualcosa in cambio. E quando arriva il momento giusto, si ricordano di te.
Il tuo brand vive nelle conversazioni, nei commenti, nelle citazioni. E quando qualcuno – umano o macchina – avrà bisogno di sapere di più, si ricorderà di te. Cercherà il tuo nome, ti contatterà direttamente, ti userà come fonte nei risultati.
Non potrai attribuire quella conversione a un post specifico, ma il legame che l’ha generata è lì, costruito nel tempo.
Questo non significa rinunciare ai link o alle call to action, ma saperle usare con intelligenza, nel momento giusto. Prima si dà, poi si chiede.
Prima si costruisce fiducia, poi si converte.
Funziona così, oggi.
Il tuo brand deve diventare la prima risposta nella testa delle persone (e delle IA)
La maggior parte delle persone che intercetti online oggi non è pronta ad acquistare. Se punti tutto sulla conversione immediata, stai ignorando il 95% del tuo mercato. È qui che entra in gioco la strategia zero-click: non serve a vendere subito, ma a farti riconoscere, ricordare e scegliere quando sarà il momento giusto.
Siamo in un’epoca in cui i click non contano più come prima. Le AI Overviews rispondono direttamente alle domande degli utenti, Google trattiene traffico e visibilità, e la Search Console tace proprio dove servirebbero più risposte, come ci ha spiegato bene Danny Goodwin nella nostra conversazione.
Il risultato? Non puoi più valutare il successo con i soliti numeri. Devi imparare a misurare l’impatto che lasci, non solo i click che ottieni.
Come ha detto Barry Schwartz, è tempo di pensare come si faceva con la TV e i giornali: contano le impressioni, le citazioni, la riconoscibilità. La nuova SEO è reputazionale, è branding, è presenza mentale. Il tuo obiettivo non è più farti cliccare, ma diventare la prima risposta nella testa delle persone, anche se Google non mostra più il tuo link.
Chi continuerà a inseguire solo il traffico rischia di finire nell’irrilevanza. Chi invece saprà essere fonte, riferimento, voce autorevole, continuerà a esistere anche nel mondo sintetizzato dalle IA.
Perché in questo nuovo ecosistema, non vince chi grida più forte, ma chi viene ricordato quando tutti gli altri vengono riassunti.
Vuoi che il tuo brand emerga anche nel mondo delle IA?
La nostra agenzia SEO ti aiuta a diventare autorevole, riconoscibile e presente nelle risposte dell’intelligenza artificiale, anche quando gli altri smetteranno di esistere nei risultati.
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Le AIOs secondo il report del Pew Research Center: Domande Frequenti
Cosa sono le AI Overviews di Google e perché preoccupano chi fa SEO?
Le AI Overviews sono riquadri generati dall’intelligenza artificiale di Google che appaiono in cima ai risultati di ricerca. Riassumono le risposte prelevando informazioni da diversi siti web, spesso senza che l’utente debba cliccare. Questo riduce drasticamente il traffico ai siti, penalizzando chi ha investito in contenuti e SEO.
Qual è l’impatto delle AI Overviews sui click organici?
Secondo un report del Pew Research Center, i link presenti nelle AI Overviews vengono cliccati solo nell’1% dei casi. Se presente un riassunto IA, solo l’8% degli utenti clicca su un link tradizionale, contro il 15% in assenza di IA. Questo dimezza l’efficacia dei contenuti SEO tradizionali.
Come adattare la strategia SEO all’era degli zero-click?
La nuova SEO deve puntare meno sui click e più sulla reputazione. Occorre produrre contenuti che offrano valore diretto, siano condivisi e citati, e rendano un brand riconoscibile anche senza traffico diretto. La fiducia e la visibilità nel tempo diventano più importanti del ROI immediato.
Interessante statistica. Se i riassunti IA rendono i contenuti “invisibili”, forse è ora di concentrarsi su come essere notati anche senza il click. La reputazione, dici? Benissimo, che sia chiaro che la qualità non scompare solo perché un robot riassume.
Diciamo che queste “AI Overviews” stanno trasformando il web in una biblioteca dove nessuno sfoglia più gli indici. Che genialata.
Ah, l’eterno dibattito sulla visibilità digitale. Sembra che la tecnologia, nella sua infinita saggezza, stia creando nuove forme di invisibilità per chi produce contenuti. Chissà se i nostri elaborati più raffinati saranno presto confinati nelle segrete stanze dei modelli linguistici, inaccessibili agli ignari utenti.
AI Overviews? Un sipario. La reputazione, il vero palcoscenico. Il pubblico esige star, non comparse digitali. Fiducia, la chiave.
Il web si sta trasformando in un gigantesco abstract, ma la vera sostanza, quella che fa girare le ruote, resta nascosta. Bisogna essere fari nella nebbia, non semplice testo in una schermata.
La reputazione del brand: l’unica certezza in questo mare di riassunti. 🤖📉