L’intelligenza artificiale non mostra contenuti, li ingloba in una rete di conoscenza dove sopravvive solo ciò che è utile, coerente e connesso
📌 TAKE AWAYS
I nuovi browser come Atlas di ChatGPT e Comet di Perplexity e gli agenti IA non mostrano più risultati: comprano, scelgono e agiscono per l’utente.
Google riduce l’uso dell’IA nelle ricerche eCommerce, segnando un cambio di rotta.
Nel nuovo web, sopravvive chi costruisce valore e resta nella memoria delle macchine.
Senti parlare ovunque di intelligenza artificiale, di ChatGPT, di agenti che fanno tutto da soli, e la confusione aumenta.
Da un lato, ti promettono un futuro magico in cui i clienti arrivano quasi per miracolo; dall’altro, leggi di bolle finanziarie pronte a scoppiare, di perdite miliardarie e di una tecnologia che, in fondo, non mantiene le promesse.
Ti capisco. Sei un imprenditore, non un ingegnere informatico.
Il tuo obiettivo non è capire la differenza tra un LLM e un Transformer, ma una cosa molto più semplice: vuoi che il tuo brand sia visibile, che i clienti ti trovino e che il tuo fatturato cresca.
E ora ti senti come se le regole del gioco fossero cambiate senza che nessuno ti abbia dato il nuovo manuale d’istruzioni.
Ok, niente paura. Dimentica per un attimo la SEO come l’hai conosciuta, dimentica i click, le keyword messe al posto giusto e le performance da misurare ogni ora.
Stiamo entrando in un’era nuova, dove la visibilità è un’illusione.
La vera sfida non è più farsi vedere.
È farsi ricordare da una macchina.
I nuovi guardiani del web: arrivano i browser che agiscono al posto tuo
Un tuo potenziale cliente non apre più Google per cercare “le migliori scarpe da trekking per l’inverno”. Invece, dice al suo browser: “Trovami le scarpe da trekking impermeabili migliori per un uomo, taglia 43, sotto i 150 euro, con buone recensioni per terreni rocciosi, e ordina quelle con la spedizione più veloce”.
Il browser non gli mostrerà una lista di dieci link blu. No.
Farà tutto da solo: leggerà recensioni, confronterà schede prodotto su decine di siti, valuterà i prezzi, verificherà la disponibilità e, forse, completerà l’acquisto.
Il tuo potenziale cliente non visiterà mai il tuo sito.
Non farà mai un click sulla tua pagina.
Questo non è un nuovo episodio di Black Mirror (se non conosci la serie, te la consiglio!).
Sta accadendo ora.
I nuovi browser, che potremmo definire “agentici”, come Perplexity Comet o il nuovo ChatGPT Atlas di OpenAI, non si limitano a mostrare il web.
Eh no!
Lo interpretano e agiscono per conto dell’utente.
Sono agenti intelligenti che comprimono l’intero processo di scoperta, valutazione e acquisto in un’unica interazione.
E questo, per te, significa una cosa sola: il traffico organico, la metrica su cui hai costruito il tuo business, sta per diventare un reperto archeologico.
La grande ritirata di Google: Big G fa il bastian contrario
Perplexity Comet e ChatGPT Atlas sembrano muoversi tutti nella stessa direzione: spingere sull’intelligenza artificiale come motore di scoperta, scelta e acquisto.
L’IA diventa assistente, consulente e venditore allo stesso tempo, un compagno di shopping sempre più pervasivo.
Ma Google, sorprendentemente, va in controtendenza.
È come se la sua IA avesse deciso di prendersi una pausa di riflessione dal consumo compulsivo.
E a dirlo non sono impressioni, ma i numeri.
Il report di BrightEdge, una delle più importanti piattaforme di analisi SEO, ha studiato il comportamento delle AI Overviews (le risposte generate dall’IA in cima ai risultati di ricerca) tra settembre e ottobre 2025.
I dati sono scioccanti.

Dopo un picco a metà settembre, Google ha fatto marcia indietro, riducendo del 57% la presenza delle risposte IA nelle ricerche a tema eCommerce.
Un taglio dieci volte più aggressivo rispetto all’anno precedente.
Cosa ci dice questo?
Che Google ha una strategia chiarissima.
Mantiene l’IA per le ricerche informative (quelle con “migliore”, “come fare”, “X vs Y”), dove l’utente sta ancora imparando e confrontando.
Ma la toglie dalle ricerche transazionali (quelle con “compra”, “offerte”, “prezzo”), dove l’utente è pronto ad acquistare. In pratica: l’IA di Big G ti aiuta a fare ricerca, ma si fa da parte quando devi tirare fuori la carta di credito.
Per te, questo significa che i tuoi articoli di blog, le tue guide comparative e i tuoi contenuti educativi sono diventati oro colato, perché è lì che l’IA andrà a pescare le informazioni.
Le tue pagine di vendita, dunque, sono destinate a sparire dal radar?
Manco per sogno!
Continueranno a contare, ma dovranno convivere con un ecosistema sempre più frammentato e imprevedibile, dove ogni contenuto va progettato in chiave olistica e pensato per parlare non solo agli utenti, ma anche ai nuovi browser intelligenti e agli agenti AI che filtrano, interpretano e selezionano le informazioni al posto loro.
E mentre Google rallenta sul versante commerce, il dibattito intorno alle IA si fa sempre più acceso.
Crescono le perplessità, emergono le prime crepe, e la tanto celebrata “rivoluzione agentica” comincia a mostrare il suo lato meno luccicante.
La colossale sbornia dopo la festa dell’IA
“Ma come?”, potresti dirmi. “Non era l’intelligenza artificiale la bacchetta magica che doveva risolvere tutto?”
Già, peccato che dietro le quinte la festa mostri già i primi segni di una gigantesca delusione.
Mentre le Big Tech gonfiano il petto parlando di “superintelligenza” e “AGI”, la realtà è molto più amara.
OpenAI, l’azienda dietro ChatGPT, rischia di perdere 27 miliardi di dollari nel 2025.
Uno studio del MIT di Boston ha rivelato che il 95% delle aziende statunitensi non ha visto “nessun ritorno” dagli investimenti in IA generativa.
E i dati non migliorano nemmeno guardando altrove: un report di McKinsey indica che l’80% delle aziende che utilizzano AI generativa non ha ottenuto impatti tangibili sui ricavi.

Ma allora, si può dire che l’intelligenza artificiale è ufficialmente entrata nella fase della disillusione?
Molti commentatori come Andrea Signorelli parlano di rischio bolla, addirittura.
Ti consiglio la nostra intervista a Signorelli, a questo proposito.
Eh sì, perché le aspettative irrealistiche si scontrano con una realtà fatta di costi enormi, infrastrutture complesse e benefici ancora incerti.

Perché? Perché i modelli linguistici come ChatGPT sembrano aver raggiunto un limite.
GPT-5, l’ultima versione tanto attesa, per esempio, ha mostrato progressi minimi rispetto al suo predecessore, come ti ho scritto qui.
Alla fine della fiera, sai che penso?
Che sopravvalutiamo queste tecnologie, chiediamo loro sempre di più e soprattutto facciamo un errore di fondo: le umanizziamo!
Ma come sottolinea il professor Luciano Floridi, l’intelligenza artificiale non pensa.
Non capisce.
Semplicemente, agisce.
È un potentissimo motore informativo che elabora dati, un esecutore statistico. La retorica apocalittica o salvifica serve solo a una cosa: gonfiare la bolla finanziaria per attirare investimenti.
In altre parole, l’IA sa “cosa dire” ma non “perché dirlo”. Il suo funzionamento è eminentemente operativo, non cognitivo.
Questo porta a una conseguenza profonda: se l’IA non comprende, non può neppure essere definita “intelligente” nel senso umano del termine.
È un’esecutrice di pattern, non un soggetto pensante.
Il rischio, spiega il filosofo, è etico e culturale prima ancora che tecnologico.
Attribuire intenzioni umane a ciò che umano non è significa deresponsabilizzarci.
Se l’IA sbaglia, “la colpa” non è della macchina, ma di chi l’ha progettata, addestrata o applicata senza un criterio.
L’intelligenza artificiale, dunque, non ci sostituisce: ci riflette.
E nel farlo, mette a nudo la nostra stessa povertà di pensiero, la nostra tendenza a delegare decisioni e giudizi a un calcolo che non capisce ciò che calcola.
Floridi lo riassume in modo magistrale: “L’IA è un agente senza comprensione. Non è intelligente come noi, ma ci costringe a ripensare cosa significhi davvero esserlo”.
Il web senza superficie: la fine della visibilità come la conosciamo
Ora, dopo tanta filosofia (mi perdonerai, ma a volte credo sia utile riflettere anche sui cosiddetti massimi sistemi) uniamo i puntini.
Abbiamo browser che agiscono, un’IA che non pensa ma esegue, e un gigante come Google che la usa sia come strumento di ricerca che di acquisto (un po’ meno per lo shopping, parrebbe).
Cosa ne viene fuori? Un concetto che devi fare tuo, subito: il web che conoscevi, fatto di pagine, click e visite, sta svanendo, come ci ha detto efficacemente Duane Forrester nella nostra intervista.
I sistemi di intelligenza artificiale non si limitano più a indicizzare le tue pagine.
Le assorbono.
Le leggono, le digeriscono e le comprimono in un modello probabilistico, una specie di mappa interna del mondo.
In questo processo di compressione, tutto ciò che è rumore, contraddizione o pura fuffa promozionale viene scartato.
Quella che chiamavamo “visibilità” – essere in prima pagina, avere tanti click – perde di significato.
È solo un’eco, il riflesso di un processo che è già avvenuto all’interno della macchina.
Il marketing si è sempre basato sulla performance, sull’essere visti.
Ma le macchine non “vedono”.
Come scrive Jono Alderson, la sfida non è più come emergere in superficie per conquistare visibilità.
La sfida è come diventare parte della conoscenza interna della macchina.
(Jono ce ne aveva parlato anche qui, se ricordi…).
Non basta più essere visibili: oggi bisogna farsi ricordare da una macchina
Capisci perché il vecchio modo di fare marketing non funziona più?
L’obiettivo non è più attirare sguardi umani per una manciata di secondi.
È guadagnare una residenza permanente nella mappa del mondo che l’intelligenza artificiale sta costruendo.
Non serve più essere visibili per un istante: serve diventare indispensabili nel lungo periodo.
È il passaggio da un marketing di performance, effimero e misurato a colpi di click, a un marketing di partecipazione, fondato su valore, continuità e riconoscibilità.
I brand con messaggi chiari, coerenti e ben collegati al loro ecosistema digitale continueranno a essere riconosciuti anche dopo ogni aggiornamento dei modelli di intelligenza artificiale. Tutti gli altri rischiano di sparire in un buco nero, schiacciati e dimenticati.
Non farti prendere dal panico.
Questa non è la fine, ma una trasformazione profonda.
È il momento di smettere di pensare a come scalare le classifiche e iniziare a pensare a come costruire un’eredità digitale.
Un’eredità fatta di conoscenza utile, dati coerenti e connessioni autentiche.
Perché la sfida, oggi, non è più farsi vedere: è restare nella memoria della macchina quando riscrive la realtà.
Per capire come far crescere il tuo brand in uno scenario così mutevole, scrivi qui alla mia agenzia.
I browser IA “agiscono” e comprano al posto tuo: domande frequenti
Cosa significa che i browser del futuro comprano al posto dell’utente?
I nuovi browser e agenti AI come Perplexity Comet o ChatGPT Atlas non si limitano a mostrare risultati di ricerca, ma agiscono direttamente per conto dell’utente. Raccolgono dati, confrontano prezzi, leggono recensioni e possono perfino completare l’acquisto in autonomia. Questo riduce il traffico diretto verso i siti web, trasformando radicalmente il concetto di visibilità online.
Perché Google sta riducendo l’uso dell’intelligenza artificiale nelle ricerche eCommerce?
Secondo il report di BrightEdge, Google ha ridotto del 57% la presenza delle risposte IA nelle ricerche legate all’eCommerce. L’azienda mantiene l’IA per le ricerche informative, dove l’utente sta ancora imparando o confrontando, ma la limita nelle ricerche transazionali, dove l’utente è pronto ad acquistare. In questo modo, l’IA supporta la fase di scoperta ma non interferisce con quella di conversione.
Come può un brand restare rilevante nell’era dei browser intelligenti e dell’IA?
In questo nuovo ecosistema, sopravvivono i brand che producono contenuti utili, coerenti e integrati nel proprio ecosistema digitale. Non basta più essere visibili per qualche secondo: bisogna essere riconosciuti dalle macchine come fonti affidabili e durature. Costruire un’eredità digitale fatta di conoscenza solida, dati consistenti e relazioni autentiche è la chiave per restare nella memoria dell’IA anche dopo ogni aggiornamento dei modelli.

Il futuro ci inghiotte, un algoritmo. La rete, mente artificiale, digerisce tutto. Solo utile resta, un relitto digitale. Ma il cuore umano, dove trova spazio?
Macchine che comprano? Utente scompare. Un pisolino digitale, chi si sveglia vince.
I browser comprano per noi? Sembra un sogno, ma attenti ai bug! 🤖🧐
Ma figuriamoci! L’utente sparisce? E la gioia della ricerca, la scoperta casuale? L’IA che decide per noi è solo una pigrizia di massa, mascherata da progresso. Ci stanno rubando la curiosità.
Ah, la scomparsa dell’utente, che commovente addio alla fatica. Pare che i browser futuri abbiano la soluzione: pensano, comprano, vivono al posto nostro. Speriamo solo che non scoprano anche come essere felici per noi.