ChatGPT abbandona Bing e si getta tra le braccia di Google?

Un’indagine indipendente rivela che le fonti informative dell’IA non sono più limitate a Bing: nel silenzio generale, OpenAI avrebbe già integrato Google e Shopify nel suo ecosistema

📌 TAKE AWAYS

  • ChatGPT userebbe Google come fonte primaria, con corrispondenze nei risultati fino al 90%, segnalando un cambio di rotta non dichiarato da OpenAI.
  • Aleyda Solis ha scoperto che Shopify è stato aggiunto alla documentazione di OpenAI come fornitore di dati. L’inclusione di Shopify indica che ChatGPT può utilizzare informazioni provenienti direttamente da siti e-commerce per generare risposte.
  • Il traffico perde valore assoluto: contano conversioni, reputazione e presenza nei contenuti generati dai modelli linguistici.
Un’indagine rivela che ChatGPT non si basa più solo su Bing, ma utilizza Google per rispondere alle query.
Non c'è più tempo da perdere: le aziende devono adattarsi a nuovi criteri di visibilità per essere scelte dalle intelligenze artificiali.

Per anni, la regola è stata semplice: se un cliente cercava qualcosa online, doveva passare da Google.

La visibilità era sinonimo di traffico, e il traffico, in fondo, era il motore che alimentava le vendite e la crescita. Ma quel mondo si sta estinguendo: i click diminuiscono, le certezze vacillano, come ci ha detto anche Lily Ray nella nostra intervista.

I tuoi clienti, sempre più spesso, non digitano più una ricerca: chiedono.

Chiedono a un assistente digitale, a ChatGPT, a un’IA.

“Consigliami un buon ristorante di pesce a Pavia”, “Quali sono le migliori scarpe per giocare a padel?”.

Si fidano della risposta sintetica di un’entità che percepiscono come un esperto imparziale. Un nuovo, potentissimo intermediario si è messo tra te e loro.

Perciò la domanda che ti tiene sveglio la notte ora è diventata:

come faccio a essere io il nome che l’IA suggerisce?

Come conquisto la sua fiducia per diventare la risposta autorevole che offre ai miei potenziali clienti?

Il problema è che le nuove regole del gioco sono in costante cambiamento e non è facile star dietro ogni singola novità. Per esempio, uno studio recente del SEO francese Alexis Rylko suggerisce uno scenario impensabile: ChatGPT potrebbe aver stretto un patto segreto proprio con il suo più grande rivale, Google.

A rendere il quadro ancora più frammentato, l’esperta Aleyda Solís ha scoperto che persino Shopify è stato aggiunto in sordina alla documentazione ufficiale di OpenAI come fornitore di dati (puoi vederlo tu stesso!).

Aleyda Solis su LinkedIn 11 luglio 2025

E come se non bastasse, una ricerca di Ahrefs riportata dal marketer Si Quan Ong rivela che le nuove AI Overviews di Google citano più volentieri contenuti scritti da IA che da esseri umani, creando un pericoloso cortocircuito informativo.

Queste non sono semplici curiosità tecniche. Sono tre esempi che mostrano come il terreno digitale su cui poggia il tuo business è diventato un campo minato, in cui le regole sono opache e quelle che davi per scontate cambiano da un giorno all’altro, senza preavviso.

Muoversi da soli è un lusso che nessuna azienda può più permettersi.

Affidarsi a una guida esperta, un consulente SEO che sappia decifrare queste nuove dinamiche e trasformarle in una strategia chiara per renderti visibile su IA e LLM, non è più una delle tante opzioni sul tavolo. È l’unica mossa intelligente per garantire che il tuo business abbia un futuro.

Ma andiamo con ordine…

La prova del nove: ora ChatGPT si affida a Google?

Tutto parte da una domanda che sembrava avere una risposta ovvia, ma che il ricercatore Alexis Rylko ha avuto il coraggio di mettere in discussione: da dove prende davvero le sue informazioni ChatGPT quando naviga sul web?

La risposta ufficiale è sempre stata Bing. Ma i conti non tornavano.

Rylko ha fatto qualcosa di geniale nella sua semplicità: ha analizzato i file di log che ChatGPT genera dietro le quinte per ogni conversazione. Immaginali come il diario di bordo segreto dell’intelligenza artificiale. Dentro questi file, ha trovato le query esatte che il chatbot invia a un motore di ricerca esterno e, soprattutto, l’elenco degli URL che usa per formulare le sue risposte.

La prima prova è stata un semplice test di confronto. Ha chiesto a ChatGPT informazioni su “vacanze in Sicilia”. Il chatbot ha riformulato la domanda in “vacanze sicilia migliori cose da fare” e ha recuperato una serie di link.

Rylko ha quindi eseguito la stessa ricerca su Bing.

Il risultato?

Una desolante coincidenza del 30%.

Troppo bassa per essere una semplice variazione. Come scoprire che il tuo cuoco di fiducia usa ingredienti diversi da quelli indicati sul menu e non ti sto parlando di minuzie, ma del 70% di variazioni!

E se il fornitore segreto fosse l’altro? Il gigante che tutti davano per escluso dalla festa di OpenAI?

Rylko ha confrontato i risultati di ChatGPT con quelli di Google. E qui arriva la sorpresa: una corrispondenza del 90%.

L’indagine è proseguita, diventando una valanga di prove. Per la query “bici elettrica da città”, la corrispondenza era quasi perfetta. Per “consolidamento debiti”, l’84,3%. Per “come pulire un forno”, l’86%.

Gli indizi erano ovunque. Persino gli snippet, quei brevi riassunti sotto ogni link, combaciavano perfettamente con quelli di Google, non di Bing.

Poi un’ultima firma inequivocabile: in molti URL restituiti da ChatGPT compariva il parametro ?srsltid, un codice di tracciamento tipico di Google.

Per Rylko il dubbio è divenuto certezza: OpenAI ora utilizza Google, altro che Bing!

La sfida degli LLM: quando l’autorevolezza conta più del posizionamento

Capisci ora perché questa non è una semplice notizia tecnica? Questo cambio di alleanza è il sintomo di una trasformazione molto più profonda. Stiamo entrando in una nuova era: l’era dell’AI Search.

Se la SEO tradizionale era l’arte di piacere all’algoritmo di Google, la nuova frontiera è l’arte di piacere a decine di algoritmi diversi, opachi e imprevedibili, come ci ha detto anche Patrick Stox in SEO Confidential.

L’obiettivo non è più solo scalare una classifica, ma diventare una fonte così autorevole e chiara che i Large Language Models (LLM) come ChatGPT, Perplexity o Claude ti riconoscano, ti capiscano e, soprattutto, ti citino.

È una disciplina appena nata, ma già in fermento, come scrive il Wall Street Journal.

Startup come Athena, fondata da un ex ingegnere di Google, ha già raccolto oltre 100 clienti aiutandoli a capire da dove i chatbot attingono i dati e come parlano del loro marchio.

Profound, con oltre 20 milioni di dollari di finanziamenti, offre strumenti per monitorare le menzioni e ottimizzare la visibilità nelle risposte generative.

Scrunch AI ha aiutato il brand tecnologico Clerk a ottenere un aumento del 9% nelle iscrizioni provenienti dal traffico AI in soli sei mesi.

Questi non sono esperimenti. Sono i primi, concreti risultati di un mercato che sta nascendo.

Il problema, però, è che ogni chatbot è una “scatola nera”.

Nessuno sa con esattezza come decide cosa dire.

Alcuni pescano dal tuo sito ufficiale, altri da forum, recensioni, articoli di giornale.

Per un’azienda, è un salto nel buio: non hai il controllo sulla tua narrazione.

E se un’IA iniziasse a descrivere il tuo prodotto basandosi su una recensione negativa di tre anni fa?

È proprio questo il caos da ordinare: darti gli strumenti per leggere, e magari influenzare, il modo in cui il mondo digitale ti descrive.

La questione allucinazioni poi non è affatto risolta, come nota correttamente l’autorevole analista Barry Adams nel podcast di Shelley Walsh.

Ahrefs ricerca su AIOs e IA 14 Luglio 2025
Ahrefs

Ma è davvero possibile influenzare queste scatole nere?

Si può insegnare a un’IA cosa dire, guidando la sua percezione della realtà?

La risposta è sì.

Non ci credi?

Ti faccio un esempio tanto geniale quanto surreale. L’agenzia SEO Reboot ha deciso di provare a incoronare il proprio CEO, Shai Aharony, come “l’uomo calvo più sexy del 2025”.

Come? Hanno creato una decina di siti web di bassa autorevolezza e su ognuno hanno pubblicato la stessa, falsa notizia.

Il risultato? Dopo poco tempo, interrogando ChatGPT e Perplexity, la risposta era proprio quella: Shai Aharony era in cima alla lista.

Attenzione, però: l’esperimento non ha funzionato con tutti. I modelli più sofisticati come Gemini di Google hanno fiutato l’inganno, continuando a basarsi su fonti più autorevoli.

Questo piccolo, audace esperimento dimostra una cosa fondamentale: l’ottimizzazione per i motori di risposta IA non è più una teoria accademica. È una pratica concreta, un nuovo campo di battaglia dove chi sa come muoversi può plasmare la percezione della realtà digitale.

Ma per riuscirci serve un consulente SEO capace di dialogare con l’intelligenza artificiale, che sappia interpretarne la logica e sfruttarne le dinamiche con competenza.

Ahrefs ricerca su AIOs e IA 14 Luglio 2025
Ahrefs

Il traffico è solo una metrica di vanità?

In questo scenario, una voce autorevole come quella di Rand Fishkin, fondatore di SparkToro, ha lanciato una provocazione: “il traffico è una metrica di vanità”.

Per anni, hai misurato il tuo successo in base a quante persone visitavano il tuo sito. Ma in un mondo di “zero-click search”, dove la risposta arriva senza visita, quel numero rischia di diventare insignificante, come ci ha detto Johannes Beus di Sistrix.

Se hai un e-commerce o un’attività B2B, il punto non è quante persone arrivano, ma quante convertono. Quante comprano, si registrano, chiedono un preventivo. Il traffico fine a se stesso non paga le bollette.

Le metriche che contano davvero diventano altre: tasso di conversione, revenue per visitatore, customer lifetime value.

Certo, la storia è diversa per l’editoria, come rileva correttamente Greg Jarboe su Search Engine Land. Per chi vive di pubblicità, come BuzzFeed o The Huffington Post, giusto per far due nomi, o i quotidiani online, il traffico è ancora ossigeno.

Più visite significano più banner mostrati, quindi più ricavi.

Ma anche per loro, affidarsi a un’unica fonte di guadagno è diventato un gioco d’azzardo.

Gli ad-blocker dilagano, gli aggiornamenti degli algoritmi di Google possono dimezzare le visite in una notte, e l’attenzione del pubblico è ormai frammentata tra decine di app e social media.

Per questo, la parola d’ordine è: diversificare.

Abbonamenti, contenuti premium, eventi, sponsorizzazioni, prodotti a marchio proprio. Il business online del futuro non può poggiare su una sola gamba.

A questo proposito, Barry Adams sottolinea come i media tradizionali dovrebbero criticare di più questo stato di cose e non negoziare accordi capestro con gli LLM.

Secondo Adams, per sopravvivere, i publisher devono capire il funzionamento reale di questi strumenti e adattare le proprie strategie di conseguenza. Nel video qui sotto, puoi approfondire il suo pensiero sulla questione.

Come essere scelti (non basta esser trovati)

Come vedi, siamo nel mezzo di una transizione caotica, ma esaltante.

La vecchia mappa della visibilità online si sta sbriciolando tra le tue mani, mentre una nuova, ancora incerta, si sta disegnando.

La notizia che ChatGPT ora usa Google non è il punto di arrivo, ma il punto di partenza.

Ci dice che le alleanze sono fluide, che la tecnologia corre più veloce delle nostre certezze e che le vecchie strategie non bastano più.

L’approccio SEO basato esclusivamente sulla densità di una parola chiave è anacronistico.

Oggi, per essere visibile, devi passare da una logica keyword-first a una topic-first, come scrive Kevin Indig su Growth Memo.

Devi diventare l’autorità riconosciuta su un argomento, coprendolo in modo completo, autorevole e coerente, così che ogni IA, non possa fare a meno di notarti.

Servono nuovi strumenti, nuove metriche e, soprattutto, una nuova mentalità.

Chi si adatterà per primo, chi capirà che l’obiettivo non è più solo ottimizzare un sito per i motori di ricerca, ma costruire un brand così forte da essere la risposta preferita dalle intelligenze artificiali, avrà un vantaggio competitivo incolmabile, come è emerso anche dalla conversazione che abbiamo avuto con Pete Meyers di Moz.

La sfida è passata da farsi trovare a farsi comprendere.

Perché nel nuovo mondo delle ricerche IA, non basta più essere visibili: bisogna essere scelti. E per farsi scegliere, oggi, è necessario affidarsi a chi sa già leggere la nuova mappa.

Per sapere come fare, rivolgiti alla mia agenzia oggi stesso.


ChatGPT abbandona Bing per Google?: Domande Frequenti

ChatGPT usa ancora Bing come motore di ricerca?

Sebbene OpenAI dichiari ufficialmente l’uso di Bing, un’analisi indipendente condotta da Alexis Rylko ha dimostrato che ChatGPT utilizza in gran parte Google per recuperare informazioni, con corrispondenze nei risultati fino al 90%.

Cosa cambia per le aziende con l’avvento delle AI Search?

Con l’AI Search, non basta più essere visibili nei risultati di ricerca: bisogna essere scelti dagli LLM come fonte autorevole. È fondamentale adottare strategie SEO basate sulla rilevanza tematica (topic-first) e non solo sulle parole chiave.

Come si può influenzare ciò che una IA dice su un brand?

Sebbene i modelli IA siano opachi, è possibile influenzare le loro risposte creando contenuti coerenti, diffusi su più fonti e ottimizzati per la rilevanza. Esperimenti dimostrano che gli LLM possono recepire informazioni strategiche pubblicate online, soprattutto se ben strutturate.

Roberto Serra

Mi chiamo Roberto Serra e sono un digital marketer con una forte passione per la SEO: Mi occupo di posizionamento sui motori di ricerca, strategia digitale e creazione di contenuti.

14 commenti su “ChatGPT abbandona Bing e si getta tra le braccia di Google?”

    1. Ah, il sacro rapporto Bing-OpenAI. Finita la luna di miele. Logico. Google paga meglio, immagino. Il traffico fine a sé stesso? Roba vecchia. Contano chi appare nei risultati. E chi non appare.

  1. Giuseppina Negri

    Ah, l’intelligenza artificiale che cambia casacca. Come se le fonti fossero un mero dettaglio. L’importante è che funzioni, giusto?

  2. Giovanni Battaglia

    Il mercato dell’IA, una giungla. Google, il nuovo leone. Le aziende, prede ignare? La visibilità cambia volto. Chi cavalcherà l’onda, chi annegherà.

    1. Roberta De Rosa

      Ma che spettacolo! Un nuovo atto si apre sul palco digitale. Se il SEO è archeologia, allora preparatevi a riscrivere il manuale di sopravvivenza, perché chi detiene le chiavi dell’informazione comanda il futuro.

      1. Realtà vs. sceneggiatura da quattro soldi. La commedia continua. Il manuale? Già superato. Chi crea il flusso dati, detiene il potere. Semplice.

  3. Alberto Parisi

    Ah, il teatro del digitale! Adesso Google detterà le danze a questa IA; il vecchio Bing pare ormai una reliquia.

  4. Il palcoscenico dell’informazione cambia attori, una metamorfosi che impone nuove coreografie per la visibilità. Il pubblico attende la prossima mossa.

    1. Sempre la solita commedia! 🎭 Google, Shopify… chi paga di più fa il bello e il cattivo tempo. 💰 Io, tranquillo, cerco solo di vendere pacchetti. ✈️😂

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