La grande illusione di Google: “Va tutto bene” (e intanto il tuo sito scompare)

Mentre Liz Reid celebra la nuova Ricerca IA, l’economia digitale trattiene il fiato. Dati alla mano, ecco perché la realtà è molto più dura di quanto racconta Big G, e come prepararsi all’era “post-ricerca”

Premi play e ascolta l’editoriale in breve

📌 TAKE AWAYS

  • Google sostiene che il traffico organico sia “relativamente stabile” e che i click siano “di qualità superiore”, ma lo fa senza fornire dati concreti.
  • Intanto, centinaia di analisti segnalano un crollo evidente nei click e nelle conversioni. La forbice tra impressioni in crescita e click in calo – il cosiddetto “grafico a coccodrillo” – è ormai il simbolo di un ecosistema digitale sempre più compromesso.
  • L’era del semplice posizionamento è finita. Per sopravvivere, i brand devono diventare fonti affidabili per l’IA e costruire asset proprietari: newsletter, community, canali diretti con i propri utenti.
Google afferma che l’IA nella Ricerca migliora i click, ma i dati mostrano un forte calo del traffico organico.
La comunità SEO denuncia una penalizzazione ai siti indipendenti.
Serve ora una strategia autonoma per sopravvivere nell’era post-ricerca.

Lo hai notato nei report del team SEO.

Prima piccoli segnali, poi numeri sempre più evidenti: il traffico organico ha iniziato a calare, le metriche di conversione si sono fatte più deboli, e quel flusso costante di visitatori da Google, su cui si basava buona parte della strategia digitale, ha cominciato a vacillare.

Guardi le tue statistiche e vedi una scena surreale: più persone “vedono” il tuo sito nei risultati di ricerca, ma molte meno ci cliccano sopra. Ti senti come un negoziante la cui vetrina è ammirata da una folla immensa, ma nessuno entra più dalla porta.

E magari ti è tornato in mente quel discorso sull’era zero-click, che sembrava solo una teoria un po’ pessimista e che oggi, invece, suona incredibilmente attuale.

Non era un’ipotesi lontana: ci siamo arrivati.

Allora proprio mentre ti chiedi se sia colpa tua, se hai sbagliato qualcosa, arriva una voce da Mountain View, California.

È la voce di Liz Reid, la Direttrice Esecutiva della Ricerca di Google, che con un post dal titolo rassicurante – “L’IA nella Ricerca sta generando più query e click di qualità superiore” – ti dice di stare tranquillo.

Anzi, dovresti festeggiare.

Praticamente sei sotto al diluvio e le previsioni meteo ti dicono: ma che vuoi che sia, non farla lunga per quattro gocce!

Tu sei fradicio, starnutisci e da Big G ti dicono che è solo questione di percezione falsata, frutto di ricerche allarmiste…

Sì, perché secondo Big G, questo nuovo mondo fatto di risposte generate dall’intelligenza artificiale è meraviglioso. Gli utenti sono più felici, fanno più domande e i pochi, eletti click che arrivano al tuo sito sono di “qualità superiore”.

Ti fermi un attimo.

Qualità superiore?

Forse.

Ma visto il calo del traffico, le conversioni, alla lunga, non rischiano di diminuire?

La musica che suona Google è soave, ma stona terribilmente con la realtà che tu e migliaia di altri imprenditori state vivendo.

Benvenuto nell’era della post-verità, dove le metriche son sempre più inafferrabili e i numeri, a seconda di come li leggi, possono raccontare storie diametralmente opposte.

Google fa buon viso a cattivo gioco: tutto stabile, anzi, meglio di prima!

Per capire la portata del terremoto, dobbiamo prima ascoltare la versione ufficiale.

Il 6 agosto 2025, in un post sul blog ufficiale di Google, Liz Reid ha dipinto un quadro idilliaco.

Al centro della sua narrazione ci sono le AI Overviews, quelle risposte sintetiche generate dall’intelligenza artificiale che appaiono in cima ai risultati di ricerca, cercando di rispondere alla tua domanda senza che tu debba visitare nessun altro sito.

Secondo Google, questo non è un problema, ma un’evoluzione positiva. I punti chiave della loro difesa, quelli che hanno scatenato più polemiche, sono quattro:

  1. Traffico stabile: “il volume totale di click organici è rimasto relativamente stabile rispetto all’anno scorso”. La parola chiave qui, come vedremo, è “relativamente”.
  2. Click più preziosi: i click che riescono a superare la barriera dell’IA e ad arrivare ai siti web sono di “qualità superiore”. Questo perché l’utente ha già avuto una prima infarinatura dall’IA e, se clicca, è perché è davvero interessato ad approfondire.
  3. Più opportunità: le AI Overviews, sostiene Google, mostrano più link rispetto alla vecchia pagina dei risultati, creando quindi, in teoria, più occasioni per essere cliccati.
  4. Vincono i contenuti “autentici”: il traffico, dice Reid, si sta spostando verso contenuti come forum, discussioni, video e podcast, dove gli utenti trovano “voci autentiche e prospettive di prima mano”.

In sintesi, Google ci dice: “Non preoccupatevi. I report di terze parti che lamentano un crollo del traffico si basano su ‘metodologie imperfette’. Fidatevi di noi”.

Peccato che gran parte della comunità SEO, supportata da dati schiaccianti, non sia affatto d’accordo.

La comunità SEO VS la visione idilliaca di Big G

Nel multiverso incantato di Google, tutto sembra andare a meraviglia: gli utenti sono felici, fanno più domande, cliccano con maggiore consapevolezza, gli uccellini cinguettano sopra le AI Overviews e i link più utili emergono magicamente.

È un universo parallelo, idilliaco, dove i numeri raccontano solo storie positive.

Peccato che, nel mondo reale, la realtà sia un’altra.

E i SEO, che da mesi denunciano un calo evidente del traffico organico, monitorano Search Console, lottano contro update oscuri e fluttuazioni inspiegabili, hanno subito acceso i riflettori su ciò che non torna.

La loro reazione non è stata una semplice lamentela, ma una demolizione analitica, pezzo per pezzo, della narrativa di Liz Reid.

Tra le risposte più condivise spicca quella di Lily Ray, analista SEO di riferimento a livello internazionale, nota per la sua competenza e schiettezza.

Con un post diventato virale, la Ray ha condensato il malcontento generale in un commento sarcastico e diretto:

Ok, quindi le centinaia di migliaia di screenshot di Google Search Console che mostrano impressioni stabili o in aumento, mentre i clic crollano drasticamente da quando le AI Overviews sono state implementate… contano come “metodologie imperfette” o “esempi isolati”? Migliaia di noi lo stanno vedendo, ma deve essere solo una grande coincidenza…

Lily Ray

Lily Ray su LinkedIn 7 agosto 2025

Una replica che riflette il crescente scollamento tra i dati ufficiali diffusi da Google e la realtà vissuta quotidianamente da chi lavora con il traffico organico.

Aleyda Solis, una delle consulenti SEO più autorevoli al mondo, ha definito le affermazioni di Google “semplicemente sbagliate”, sottolineando come il calo del traffico non sia una speculazione di terze parti, ma una realtà documentata dai dati di prima parte di migliaia di aziende.

Ha richiamato l’immagine, ormai iconica nel settore, del “grafico a coccodrillo”: le impressioni (quante volte un sito appare nei risultati) restano stabili o salgono, mentre i click crollano, creando una forbice che ricorda le fauci spalancate di un predatore.

La Solis ha letto poi tra le righe del post di Google.

Quando Reid ammette che il traffico si sta spostando verso “forum, video e podcast”, Solis traduce il non detto: Google sta attivamente dirottando il traffico verso i giganti.

Piattaforme come Reddit, con cui Google ha una partnership milionaria, e YouTube, che è di sua proprietà, vengono favorite, a scapito dei siti indipendenti delle piccole e medie imprese.

Questa, conclude Solis, non è una mossa per proteggere “la salute dell’ecosistema web”, ma un atto che la danneggia, centralizzando il potere e il traffico nelle mani di pochi.

La sua richiesta finale a Google è una sfida diretta alla trasparenza: “Perché non ci fornite i filtri per vedere questi dati direttamente nei vostri strumenti?”.

Sulla stessa linea d’onda, Johannes Beus, fondatore del software di analisi Sistrix, ha sezionato il linguaggio del comunicato definendolo “un contributo attentamente coordinato con l’ufficio legale“.

Ha evidenziato come l’uso ripetuto dell’avverbio “relativamente” (“traffico relativamente stabile”) sia una scelta calcolata per annacquare la realtà senza negarla esplicitamente, una parola che offre a Google una comoda via di fuga.

Allo stesso modo, Cyrus Shepard, altro veterano del settore, ha usato l’espressione “Googlespeak™” per descrivere questa astuzia verbale, sottolineando il punto focale:

Non una volta Liz Reid nega che il traffico verso il web aperto sia in declino.

Cyrus Shepard

Semplicemente, elude la domanda.

Cyrus su LinkedIn 7 agosto 2025

I numeri che smascherano il multiverso di Google

Se le parole della comunità SEO non bastassero a seminare il dubbio, basta scavare un po’ più a fondo, leggendo tra le righe delle analisi più attente, per capire come il multiverso di Google crolli sotto il peso dei fatti.

Il problema, infatti, non è una percezione, ma un comportamento misurabile.

Uno studio del Pew Research Center, te ne ho parlato qui, ha già dimostrato che gli utenti sono semplicemente “meno propensi” a cliccare sui link da quando esistono le AI Overviews.

Pew Research 22 luglio 2025

E questo cambiamento ha un costo umano e aziendale ben preciso, come scrive The Verge.

Vuoi un esempio?

Lo testimoniano i recenti licenziamenti in grandi redazioni come Business Insider e The Washington Post, costrette a ridimensionarsi proprio a causa di quello che il Wall Street Journal ha definito un crollo del traffico devastante.

Il gioco si fa ancora più sottile quando ci si accorge che Google fa le sue affermazioni senza fornire un singolo dato a supporto, un’omissione che, come nota TechCrunch, svuota di ogni credibilità la loro difesa.

La strategia sembra essere quella di “spostare i pali della porta”: vedendo che la battaglia sul volume dei click è persa, l’azienda tenta di spostare la conversazione su una non meglio definita e non misurabile “qualità dei click“, usando parole volutamente vaghe come “alcuni” per minimizzare un’emorragia che, con ogni probabilità, riguarda la maggior parte dei siti web.

Ma il colpo del KO, il dato che fa crollare l’intera impalcatura, arriva da uno studio di Similarweb: il numero di ricerche a tema “notizie” che si concludono con zero click è passato dal 56% di maggio 2024 a un incredibile 69% a maggio 2025.

SimilarWeb 2 luglio 2025
SimilarWeb

Tradotto: quasi sette ricerche su dieci si esauriscono sulla pagina di Google, senza generare più alcun valore per chi ha creato quei contenuti.

Qui emerge un’ipotesi ancora più cinica e forse più veritiera, avanzata proprio da TechCrunch: e se l’IA non fosse la causa della morte della ricerca, ma solo il colpo di grazia a un corpo che “stava già morendo”, eroso da TikTok, Instagram e Amazon?

Come conclude amaramente la testata, il fatto stesso che Google senta il bisogno di spingere questa propaganda non fa che rendere l’intera situazione “ancora più disperata”.

Oltre il multiverso di Google: costruire il futuro nell’era della post-ricerca

A questo punto, la domanda non è più “chi ha ragione?”.

I dati e le testimonianze formano un quadro fin troppo chiaro: il modello di business basato sulla semplice visibilità su Google è al capolinea.

Oggi, la sopravvivenza del tuo brand non dipende più solo dall’essere in prima pagina, ma dal diventare la fonte primaria da cui l’IA stessa attinge le sue risposte e, soprattutto, dal costruire canali che ti leghino direttamente ai tuoi clienti.

Cosa devi fare, quindi?

Devi fare ciò che stanno facendo, con urgenza, i grandi editori che il Wall Street Journal ha intervistato: evolvere il modello di business e prepararti all’era post-ricerca.

L’esempio di Dotdash Meredith, riportato dal WSJ, è illuminante: in pochi anni sono passati da una dipendenza del 60% dal traffico di Google a circa un terzo, sopravvivendo e prosperando grazie a un focus maniacale sulla costruzione di una relazione diretta con il lettore attraverso newsletter e community.

Questa è la tua nuova strategia.

La sfida non è più solo “essere su Google”, ma “essere la fonte di cui l’IA si fida” e, contemporaneamente, costruire un ecosistema proprietario – la tua mailing list, i tuoi canali social, la tua community – che ti renda meno vulnerabile alle bizze degli algoritmi.

Questo scenario è infinitamente più complesso e le vecchie tattiche non bastano più.

Ora più che mai, avere al tuo fianco un consulente SEO non è un optional, ma una necessità strategica vitale.

Un professionista che non si limiti a ottimizzare parole chiave, ma che sappia interpretare questi cambiamenti epocali e costruire una strategia di visibilità multi-canale, pensata per questo nuovo mondo.

Google ci ha raccontato una bella favola in cui tutto va splendidamente.

Sta a te decidere se crederci o attrezzarti per il futuro.

Non accontentarti della narrazione ufficiale di Big G, contatta qui la mia agenzia e insieme vedremo come far crescere la visibilità del tuo business.


Google è entusiasta della ricerca IA, ma la comunità SEO insorge: Domande Frequenti

Cosa sono le AI Overviews e perché stanno penalizzando il traffico organico?

Le AI Overviews sono risposte sintetiche generate dall’intelligenza artificiale di Google che compaiono sopra i risultati tradizionali. Questi blocchi di contenuto soddisfano spesso le domande degli utenti senza che debbano cliccare su un link, causando un drastico calo di traffico verso i siti web, soprattutto quelli di piccole e medie imprese.

Perché Google sostiene che i click siano di “qualità superiore”?

Google afferma che i click che superano le AI Overviews siano più qualificati, perché provengono da utenti già informati e realmente interessati. Tuttavia, molti esperti SEO contestano questa visione, evidenziando come il volume totale di click stia crollando e che la “qualità” sia solo una giustificazione vaga e non misurabile.

Come possono reagire le aziende all’era post-ricerca?

Le aziende devono smettere di dipendere esclusivamente da Google e iniziare a costruire asset proprietari: newsletter, community, canali social e rapporti diretti con il pubblico. L’obiettivo non è solo essere visibili nei risultati, ma diventare una fonte affidabile per l’IA e creare un ecosistema digitale indipendente dagli algoritmi.

Roberto Serra

Mi chiamo Roberto Serra e sono un digital marketer con una forte passione per la SEO: Mi occupo di posizionamento sui motori di ricerca, strategia digitale e creazione di contenuti.

13 commenti su “La grande illusione di Google: “Va tutto bene” (e intanto il tuo sito scompare)”

  1. Lorena Santoro

    Ah, il “grafico a coccodrillo”. Un nome appropriato per un’entità che si nutre di impressioni, lasciando solo ossa di click. Ben fatto, Google.

      1. Paola Montanari

        Dati pochi, promesse tante. Il “grafico a coccodrillo” parla chiaro. Bisogna costruire asset propri, non fidarsi solo di loro. Zero fuffa.

        1. Il coccodrillo digitale rosicchia i click. 🐊 Costruirsi una casa propria è l’unica via. 🏡 Zero fuffa, solo dati. 📊

  2. Danilo Graziani

    La stabilità è un miraggio. I dati, quelli veri, raccontano un’altra storia. Costruite il vostro giardino.

  3. Chiara De Angelis

    Google mente. 🤥 Dati alla mano, il “coccodrillo” divora. Costruire asset propri è unica salvezza. 🏗️

    1. Elisa Marchetti

      Ancora a parlare di “stabilità” quando il traffico si sbriciola? Smettetela di credere alle favole e guardate i numeri veri, se esistono ancora.

      1. Chiara De Angelis

        Numeri? Dove sono i numeri? 🐊 Google parla, ma i dati non mentono. Asset proprietari: l’unica via. 💡

  4. Google: “Tutto bene”. Il grafico a coccodrillo: “Mangiato”. Chi ha la casa propria, ride. Chi si affida a Big G, piange. Semplice.

    1. Noemi Barbato

      Certo, Google promette, ma i numeri parlano. Costruire asset proprietari è l’unica via d’uscita da questo circo.

    1. Speriamo che questo coccodrillo non ci mangi tutti. Bisogna crearsi casa. Dati? Dove sono i dati? Io mi fido solo del mio giardino.

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