Google festeggia ricavi record grazie all’IA, ma monta la rabbia degli editori (anche in Italia)

A fronte di numeri da record, cresce il dissenso degli editori che accusano Big G di sottrarre traffico e visibilità con AI Overviews e AI Mode

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📌 TAKE AWAYS

  • Alphabet supera i 100 miliardi di dollari di ricavi trimestrali, il mondo editoriale parla apertamente di “cannibalizzazione dei contenuti”.
  • Le nuove funzioni AI Overviews e AI Mode, secondo Sundar Pichai, avrebbero ampliato l’esperienza di ricerca, generando un “momento espansivo” per la piattaforma. Tuttavia, i dati raccontano l’opposto: il traffico organico crolla, i click calano e le ricerche zero click sono passate dal 56% al 69% in un solo anno.
  • Gli editori italiani, uniti nella Federazione Italiana Editori Giornali, hanno presentato un reclamo formale all’Agcom e alla Commissione Europea, denunciando Google per violazioni del Digital Services Act.
Alphabet chiude il trimestre con oltre 102 miliardi di dollari di ricavi, trainata dall’intelligenza artificiale.
Ma gli editori denunciano un crollo del traffico organico causato dalle funzioni AI di Google.
La FIEG accusa il colosso di essere un “traffic killer” che minaccia la sopravvivenza dell’informazione online.

A Mountain View, California, hanno appena stappato lo champagne.

E i motivi, a leggere i numeri, ci sono tutti: Alphabet ha chiuso il terzo trimestre 2025 con ricavi record da 102,3 miliardi di dollari.

La star di questa performance, secondo il CEO Sundar Pichai, è l’intelligenza artificiale.

Funzioni come AI Mode e AI Overviews starebbero creando un “momento espansivo per la Ricerca”, con un aumento delle query totali e commerciali.

La narrazione ufficiale ovviamente è quella di un’innovazione che avvantaggia tutti…

Fonte Alphabet 29 ottobre 2025
Fonte Alphabet

Peccato che, mentre Big G gongola, migliaia di editori in tutto il mondo contino le briciole: il traffico organico crolla, i click evaporano e i publisher si ritrovano a lottare contro le ricerche a zero-click.

Anche in Italia cresce la rabbia: la FIEG, la federazione che rappresenta i principali gruppi editoriali, ha accusato formalmente Google di essere un “traffic killer”, un assassino di traffico che saccheggia i contenuti altrui per trattenere gli utenti dentro la sua piattaforma, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa dell’informazione online.

Come possono coesistere due narrazioni così opposte?

Come può la stessa tecnologia essere, contemporaneamente, la gallina dalle uova d’oro per Wall Street e il boia per chiunque viva di visibilità online?

Questo articolo non ti darà risposte facili, perché non ne esistono.

Ma farà qualcosa di più utile: separerà la propaganda dai dati, la narrazione dalla realtà.

Ti guiderò dentro questa contraddizione per capire non solo cosa sta succedendo al tuo traffico, ma come devi riprogrammare la tua strategia per non finire tra le vittime collaterali di questo cataclisma.

Big G se la canta e se la suona…

Nell’ultimo report trimestrale, Alphabet (la casa madre di Google), per la prima volta nella sua storia, ha superato i 100 miliardi in un singolo trimestre.

Di questi, ben 56,6 miliardi provengono da “Google Search & altro”.

Fonte Alphabet 29 ottobre 2025
Fonte Alphabet

Secondo il CEO Sundar Pichai, il merito di questa crescita accelerata va proprio alle nuove funzioni di intelligenza artificiale: AI Overviews e AI Mode.

Sai di cosa parlo, vero?

AI Overviews sono quei riassunti generati dall’IA che compaiono in cima ai risultati di ricerca, rispondendo direttamente alla tua domanda.

AI Mode (ora anche da noi in Italia) è la sua evoluzione: una modalità conversazionale che trasforma la ricerca in una chiacchierata con un assistente virtuale.

Stando a Big G queste innovazioni non stanno sostituendo la ricerca tradizionale, ma la stanno ampliando.

Pichai parla di un “momento espansivo”, sostenendo che le ricerche totali e, soprattutto, quelle commerciali (quelle che interessano a te) sono cresciute anno su anno.

L’AI Mode, dicono, ha raddoppiato le sue query in un trimestre, raggiungendo 75 milioni di utenti attivi giornalieri in 40 lingue.

L’effetto di AI Overviews sulla crescita delle ricerche sarebbe stato “ancora più forte”.

Il messaggio che Google vuole far passare è cristallino: l’IA crea un palcoscenico più ricco, con utenti che fanno più domande, esplorano di più e, alla fine, cliccano di più.

“Inviamo miliardi di click ai siti web ogni giorno”, ripetono come un mantra.

Insomma, una favola a lieto fine, dove tutti vincono.

O forse no?

Google è un “traffic killer”? La rivolta degli editori italiani

Mentre a Mountain View fanno i trenini cantando “Brigitte Bardot Bardot”, in Italia e in Europa si sta consumando un dramma.

La FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali), che rappresenta le principali testate giornalistiche del paese, ha appena fatto qualcosa di impensabile fino a qualche anno fa: ha presentato un reclamo formale all’Agcom contro Google, chiedendo alla Commissione Europea di aprire un’istruttoria.

L’accusa è pesantissima e riassunta in due parole: “traffic killer”.

Cosa significa?

Vuol dire che, secondo gli editori, AI Overviews e AI Mode stanno letteralmente uccidendo il traffico verso i loro siti.

Il meccanismo è di una semplicità disarmante: l’IA di Google legge i contenuti degli editori, li sintetizza e li serve all’utente su un piatto d’argento, direttamente nella pagina dei risultati.

Allora perché mai un utente dovrebbe fare la fatica di cliccare su un link per leggere l’articolo originale se ha già avuto la risposta che cercava?

Questa non è un’impressione. È un massacro certificato dai dati.

Fonte Pew Research Center 22 luglio 2025
Pew Research Center

Search Engine Journal mette insieme le ricerche che abbiamo citato anche nei nostri ultimi articoli:

fonte Ahrefs 17 aprile 2025
Ahrefs
fonte Ahrefs 17 aprile 2025
Ahrefs

Ti basta o serve altro?

Come ti ho scritto in tempi non sospetti (prima che la FIEG avesse mai sentito parlare di AIOs, per intenderci…), Google usa i contenuti prodotti da altri (inclusi i tuoi) per creare un prodotto concorrente (la risposta IA) che impedisce agli utenti (tuoi potenziali clienti, magari) di visitare le fonti originali.

Questo sottrae pubblico, visibilità e, di conseguenza, ricavi, minando la sostenibilità economica non solo del giornalismo, ma di qualsiasi business che vive online.

La FIEG sostiene che questo violi il Digital Services Act (DSA), la legge europea che impone trasparenza e correttezza alle grandi piattaforme. La battaglia è appena iniziata e potrebbe ridefinire le regole del gioco per tutti, per cui: stai in campana!

Ma il problema, nonostante l’entusiasmo che regna a Mountain View, non è solo economico, ma ancora più grave…

Il debito cognitivo: stiamo dimenticando come si pensa?

La questione è ancora più profonda del calo di traffico e delle perdite economiche.

Tocca qualcosa di più intimo: il nostro modo di pensare.

L’avvocata Marianna Sala, vicepresidente di Corecom Lombardia, in un articolo lucidissimo sul Corriere della Sera, ha sollevato un punto che dovrebbe farci riflettere tutti.

Parte da un esempio affascinante: i tassisti di Londra.

Per ottenere la licenza, un tempo dovevano memorizzare a memoria l’intera, labirintica mappa della città.

Bene, i neuroscienziati della London University hanno scoperto che questo sforzo immane modificava fisicamente il loro cervello, facendo crescere di volume l’ippocampo, l’area legata alla memoria spaziale.

Questo ci insegna una cosa: il nostro cervello è plastico.

Si modella in base a come lo usiamo.

Se lo alleniamo, si rafforza.

Se deleghiamo le sue funzioni, si atrofizza.

E cosa sono AI Overviews e AI Mode se non la più grande delega di pensiero della storia umana?

Eh sì, perché invece di cercare, confrontare fonti, sintetizzare e formulare un’opinione, riceviamo una risposta pre-confezionata. Comodo, certamente, ma alla lunga, può impigrirci…

A riprova di ciò, ricercatori del MIT Media Lab hanno studiato l’attività cerebrale di persone che scrivevano testi con e senza l’aiuto di AI come ChatGPT.

Il risultato?

Chi si affidava all’IA mostrava una minore attivazione neurale.

Gli scienziati l’hanno chiamato “debito cognitivo”: più ci appoggiamo alla macchina, meno il nostro cervello lavora.

È un po’ come smettere di camminare perché si usa sempre l’auto: le gambe si indeboliscono.

Stiamo facendo lo stesso con la nostra mente? Che dici?

E mentre le Big Tech ci spingono verso questa dipendenza cognitiva senza un dibattito pubblico, l’Europa, così solerte nel regolamentare ogni aspetto dei media tradizionali, lascia che le piattaforme operino in un “far west normativo”, come lo definisce Marianna Sala.

Un paradosso pericoloso per la nostra democrazia e per il futuro della conoscenza, come ha sostenuto anche Andrea Daniele Signorelli nella nostra intervista.

Quindi, che fine farà il tuo brand?

A questo punto, probabilmente, ti starai chiedendo: “Ok, ho capito. Ma a me, imprenditore, cosa interessa del cervello dei tassisti londinesi? Io voglio solo che i clienti trovino il mio sito e comprino!”.

È una domanda legittima. E la risposta si trova nel punto di collisione tra la favola di Google e la dura realtà dei dati.

Come possono essere vere entrambe le cose?

Come può Google dire che le ricerche aumentano mentre i dati mostrano che i click diminuiscono?

La chiave sta nel capire cosa intende Google per “uso della ricerca”.

Quando un utente pone una domanda ad AI Mode, e poi fa altre tre domande di approfondimento alla stessa AI, per Google quelle sono quattro query.

L’uso è aumentato.

Ma per te, proprietario di un sito web, il risultato è sempre lo stesso: zero visite.

L’era del motore di ricerca sta finendo. Benvenuto nell’era del motore di risposta.

Google non è più un semplice indice di pagine web: sta diventando la destinazione finale.

Il suo obiettivo non è più mandarti traffico, ma tenerti sulla sua piattaforma il più a lungo possibile.

La visibilità, quindi, non si misura più in posizioni e click.

Si misura in “menzioni”, in citazioni, nell’essere la fonte autorevole che l’IA sceglie per formulare la sua risposta.

E sai come conquistare la fiducia di un modello IA?

Solo col supporto di un consulente SEO che sappia quali corde toccare…

Da motore di ricerca a motore di risposta: è il momento di agire

Ignorare questo cambiamento è come tentare di fermare il traffico dell’ora di punta chiedendo per favore.

Non puoi.

Protestare è giusto e necessario, come sta facendo la FIEG, ma aspettare che le leggi cambino le cose sarebbe un suicidio commerciale. Devi agire ora. E devi cambiare prospettiva.

Il tuo obiettivo non è più solo “essere primo su Google”.

È diventare la risposta.

È trasformare il tuo brand in un’autorità così indiscutibile che l’intelligenza artificiale non possa fare a meno di citarti e di usare le tue informazioni per costruire le sue sintesi.

Significa creare contenuti che non solo intercettino una parola chiave, ma che rispondano a domande complesse in modo esaustivo, chiaro e strutturato.

La partita si è fatta più difficile, è vero.

Ma non è persa.

Anzi, per chi saprà interpretare prima e meglio degli altri questo nuovo scenario, si aprono opportunità immense. Si tratta di passare da una strategia di visibilità a una strategia di autorevolezza.

Non puoi permetterti di restare fermo.

È il momento di ripensare tutto, di adattarsi e di combattere per il tuo spazio in questo nuovo web sintetico.

Perché se vuoi continuare a esistere e attrarre clienti devi conquistare anche le IA, tertium non datur.

Contatta qui la mia agenzia oggi stesso: lavoreremo insieme per il futuro del tuo brand.


Google festeggia ricavi record, ma monta la rabbia degli editori: domande frequenti

Come ha fatto Google a registrare ricavi record nel terzo trimestre 2025?

Alphabet, la casa madre di Google, ha chiuso il terzo trimestre 2025 con ricavi record di 102,3 miliardi di dollari. Secondo il CEO Sundar Pichai, la crescita è trainata dall’intelligenza artificiale, in particolare dalle nuove funzioni AI Mode e AI Overviews, che hanno generato un aumento delle query totali e commerciali. Solo dal comparto “Google Search & altro” sono arrivati 56,6 miliardi di dollari.

Perché gli editori accusano Google di essere un “traffic killer”?

Gli editori, in particolare la FIEG in Italia, accusano Google di sottrarre traffico ai siti web attraverso le funzioni AI Overviews e AI Mode. Queste sintetizzano i contenuti direttamente nei risultati di ricerca, riducendo i click verso le fonti originali e minando la sostenibilità economica del giornalismo e delle imprese online.

Come cambia la SEO nell’era del motore di risposta?

Con l’evoluzione di Google da motore di ricerca a motore di risposta, la visibilità online non si misura più solo in posizioni e click, ma in autorevolezza. Per emergere, i brand devono produrre contenuti completi, strutturati e riconosciuti come fonti affidabili dall’IA, puntando a diventare la risposta, non solo un risultato.

Roberto Serra

Mi chiamo Roberto Serra e sono un digital marketer con una forte passione per la SEO: Mi occupo di posizionamento sui motori di ricerca, strategia digitale e creazione di contenuti.

5 commenti su “Google festeggia ricavi record grazie all’IA, ma monta la rabbia degli editori (anche in Italia)”

  1. Giuseppina Negri

    Certamente, Google celebra numeri da capogiro, ma il prezzo sembra essere la sopravvivenza di chi produce contenuti. Un classico esempio di come l’efficienza algoritmica possa facilmente tradursi in cannibalizzazione per il sistema. Diciamo che il progresso ha sempre i suoi sacrifici, no?

    1. Google fa soldi con l’IA, gli editori piangono. 💸 Chi l’avrebbe mai detto che l’efficienza avesse un costo? 🤔

    2. Ah, ma che sorpresa! Big G fa utili stellari grazie all’IA, mentre gli editori piangono miseria. Chi l’avrebbe mai detto che l’avanzamento tecnologico potesse avere un lato oscuro e predatore? La vera genialità è sempre a scapito di qualcuno, evidentemente.

  2. Carlo Benedetti

    Ennesima dimostrazione che la tecnologia è solo un modo per concentrare potere, mentre noi editori veniamo lasciati a bocca asciutta. Che sorpresa.

    1. Gabriele Caruso

      Sempre la stessa storia. L’IA è un nuovo El Dorado, ma chi ci naviga dentro rischia il naufragio. Un paradosso dolcissimo, non trovate?

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