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Amazon contro Perplexity AI: una battaglia legale che solleva interrogativi sul futuro dell’e-commerce e sul controllo dell’esperienza del cliente.
Amazon ha citato in giudizio Perplexity AI per l'agente 'Comet', che acquista sulla piattaforma mascherando l'identità. Amazon la definisce frode informatica; Perplexity si difende come un browser evoluto. Questa battaglia legale ridisegna il controllo della relazione con il cliente e il futuro dell'e-commerce nell'era dell'IA, con impatto significativo per gli utenti finali.
La mossa di Amazon: più che una semplice questione tecnica
Scontro tra giganti, o forse tra un gigante e uno sfidante molto ambizioso.
Amazon ha portato in tribunale Perplexity AI, una delle startup più in vista nel mondo dell’intelligenza artificiale, con una richiesta che sa di ultimatum: fermate subito il vostro agente AI che fa acquisti in automatico sulla nostra piattaforma.
La questione, però, è molto più profonda di una semplice violazione dei termini di servizio.
Al centro del ciclone c’è “Comet“, il browser di Perplexity che, in pratica, fa la spesa su Amazon per conto tuo.
Il problema?
Secondo Amazon, questo strumento agisce mascherando la propria identità, facendo credere ai sistemi del colosso di Seattle di interagire con un normalissimo utente che naviga da Google Chrome. Una mossa che Amazon non esita a definire frode informatica.
Ma qui il punto non è solo tecnico, sia chiaro.
La domanda che Amazon mette sul tavolo è pesante: se un’IA compra un prodotto e poi bisogna fare un reso o sorge un problema, di chi è la responsabilità?
Una mossa per proteggere i clienti o per blindare il proprio territorio?
La difesa di Perplexity: “È solo un browser evoluto”
La risposta di Perplexity, infatti, non si è fatta attendere e suona più o meno così: state facendo i bulli con l’azienda più piccola. Secondo loro, non c’è nessuna differenza sostanziale tra un utente che dà esplicitamente il consenso a un’IA per fare un acquisto e uno che clicca “acquista” con il proprio mouse. Stanno semplicemente offrendo un’esperienza di navigazione e acquisto più fluida, un’evoluzione naturale del browser.
L’accusa, nemmeno troppo velata, è che Amazon stia cercando di soffocare l’innovazione per non perdere il controllo diretto sulla relazione con il cliente, come descritto da Bloomberg Technology. Perplexity si dipinge come un semplice intermediario che esegue la volontà dell’utente, non come un intruso che viola un sistema. Una visione che, se accettata, potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui interagiamo con le piattaforme online.
Ma questa battaglia legale, diciamocelo, va ben oltre i due contendenti, come si evince dal pezzo di Futurism.
Cosa c’è davvero in gioco? Il futuro dell’e-commerce
Questa causa apre una discussione enorme su cosa significherà fare acquisti domani. Siamo di fronte a una vera e propria guerra per il controllo dell’esperienza del cliente.
Da un lato hai Amazon, che ha costruito un impero curando ogni singolo click dell’utente all’interno del suo giardino recintato. Dall’altro, hai nuove tecnologie come Perplexity che vogliono agire come assistenti personali intelligenti, capaci di muoversi liberamente sul web per nostro conto.
La verità è che questo è probabilmente solo il primo di una lunga serie di scontri legali che vedremo nei prossimi anni.
La domanda fondamentale è: di chi è l’utente?
Della piattaforma che vende o dello strumento che l’utente sceglie per navigare e acquistare?
La risposta a questa domanda non solo deciderà il vincitore di questa causa, ma traccerà i confini del commercio digitale per il prossimo decennio.
E come sempre, in mezzo a queste battaglie tra colossi, ci siamo noi, gli utenti finali, che vedremo il nostro modo di comprare, cercare e interagire online cambiare ancora una volta.

Amazon, il Leviatano digitale, teme la concorrenza. Perplexity un moscerino che gli ronza in un occhio. Ma questo “moscerino” sa volare. L’utente finale, sempre il solito bancomat.
Amazon, che grida al lupo per un bot. Forse, temono che anche noi ci trasformiamo in “agenti”.
Amazon che si erge a difensore della “purezza” dell’esperienza utente? Mi sembra una barzelletta d’alta quota. Spero solo che la vera posta in gioco sia il cliente, e non solo il monopolio.
L’audacia di Perplexity nel navigare i confini digitali, ignorando le gerarchie stabilite, è degna di nota. Amazon, con la sua reazione veemente, rivela più timore che fermezza. Mi chiedo se la vera frode non sia la pretesa di un controllo assoluto sull’interazione umana con la tecnologia.
Amazon teme il futuro, come un leone che aggredisce un’ombra. Perplexity è la scintilla che accende il fuoco. Il cliente è la preda. Chi controllerà il gioco?
Amazon che litiga con un’AI per gli acquisti? Geniale. Un po’ come un genitore che sgrida il bambino per aver preso un biscotto. Si finisce sempre per pagare qualcosa, no? Chi vincerà questa battaglia digitale?
Questi robot che si azzuffano per l’attenzione altrui… ridicolo.
L’IA? Un giullare digitale che cerca di imitare l’uomo, ma senza l’anima.
Questi giganti litigano per briciole digitali, mentre noi navighiamo nella nebbia.
La vera battaglia non è tra AI, ma contro la nostra dipendenza da esse.
L’IA che fa shopping per conto altrui? Un’altra trovata futuristica che rende tutto più macchinoso, come sempre. Preferisco guardarmi attorno da sola, grazie.
Ma dai, Amazon che si indigna per un’AI che compra? 🙄 Mica vorranno mica che qualcuno possa fare acquisti senza passare per il loro tritacarne digitale? 🤖💸 Che si sentano minacciati mi fa quasi tenerezza… 🥺 Chissà se poi ci rimettono le mani sul nostro portafoglio. 🤔
La tecnologia avanza, noi restiamo fermi. Chi vincerà?
Ma che sorpresa! Due colossi si azzuffano. Un’AI che compra per noi, un altro che la blocca. Chi controllerà il carrello digitale? La mia carta di credito trema.
Mah, queste IA che comprano da sole… 🤖 Non mi fido. Preferisco scegliere io. Speriamo non rendano tutto troppo automatico! 🤔
Ancora ‘ste storie di bot che rubano dati. Le solite robe. Amazon fa il solito gioco. Vediamo se Perplexity regge il colpo o se è solo fuffa tech. Chi ci rimette alla fine?