“Le classifiche organiche sono da sempre un indicatore di vanità e, prese da sole, non raccontano davvero quanto vale un’azienda”, ci ha detto Despina
Il mondo della SEO sta vivendo una trasformazione profonda.
Stando ai dati di Ahrefs, Google genera ancora un traffico 345 volte superiore rispetto a ChatGPT, Gemini e Perplexity messi insieme, ma le fonti citate dai sistemi di intelligenza artificiale raramente coincidono con le prime posizioni su Google.
È un segnale forte: non basta più puntare al ranking, oggi a fare davvero la differenza sono l’autorevolezza del marchio e la qualità del contenuto.
Se per anni hai misurato il valore della tua attività con le SERP, ora devi iniziare a guardare altrove: verso la reputazione del brand, la fiducia del pubblico e la capacità di essere riconosciuti come fonte credibile anche dai modelli IA.
La SEO si sta evolvendo in qualcosa di più ampio e complesso, dove strategia, branding e dati si intrecciano.
Per approfondire tutti questi temi, abbiamo intervistato Despina Gavoyannis, SEO e content strategist di Ahrefs, esperta di marketing autentico e “human-powered”.
Con lei abbiamo analizzato le nuove logiche della ricerca, la nascita dei contenuti “atomici” e il ruolo sempre più centrale del brand nell’universo dominato dall’IA.

“Con meno dati disponibili, la SEO dovrà basarsi sempre più sulle tendenze e sempre meno sui numeri esatti”
Ciao Despina, stavo leggendo i dati di Ahrefs secondo cui Google genera un traffico 345 volte superiore rispetto a ChatGPT, Gemini e Perplexity messi insieme. Tuttavia, le fonti citate nei risultati dell’intelligenza artificiale raramente coincidono con le prime posizioni su Google.
Considerando questi risultati, secondo te, come dovrebbero cambiare mentalità gli imprenditori che hanno sempre legato il valore della loro attività al posizionamento organico?
Le classifiche organiche sono da sempre un indicatore di vanità e, prese da sole, non raccontano davvero quanto vale un’azienda.
Molto più rivelatori sono dati come il ROI (ritorno sull’investimento) e il ROAS (ritorno sulla spesa pubblicitaria), che misurano l’efficacia del marketing, mentre ricavi e clienti acquisiti descrivono meglio la solidità e la crescita complessiva dell’impresa.
Anche se oggi l’attribuzione dei risultati di marketing è diventata più complessa, gli indicatori che contano davvero restano quelli legati alla vera energia vitale dell’azienda: la capacità di generare valore reale e duraturo.
Un altro fatto sorprendente è che l’autorità del marchio ha più peso dei backlink quando si tratta di essere citati nelle AI Overviews.
In pratica, la SEO sta diventando una battaglia di branding? Come possono competere le piccole e medie imprese se la visibilità sembra concentrarsi sempre più sui grandi marchi?
Sì, oggi il branding è più importante che mai per la SEO e può influire direttamente sulle performance di ricerca. Ciò non significa però che i marchi più piccoli siano esclusi: la loro agilità e la capacità di implementare soluzioni rapide possono rappresentare un vantaggio competitivo rispetto ai grandi player.
Una buona ottimizzazione, soprattutto degli elementi on-page, può spesso compensare una minore autorità del marchio. Secondo me i link e le menzioni online restano fondamentali in quanto continuano a rafforzare la credibilità e l’autorevolezza di un brand.
Il traffico proveniente dall’IA sembrerebbe ancora basso in termini di volume, ma ha tassi di conversione molto elevati rispetto alla ricerca tradizionale. Che consiglio daresti a un imprenditore: puntare a massimizzare queste citazioni rare ma preziose o continuare a difendere il traffico organico classico?
Perché scegliere? È inutile contrapporre i due approcci.
I modelli di intelligenza artificiale stanno evolvendo rapidamente e la loro diffusione è ormai inevitabile: ignorarli a favore della ricerca tradizionale, che oggi garantisce ancora le migliori prestazioni, sarebbe miope.
Vale però anche il contrario. Anche se Google rendesse la AI Mode l’impostazione predefinita per tutte le ricerche, continuerebbe comunque a classificare i risultati, soprattutto per i sistemi che utilizzano la sua API di ricerca.
Molti modelli di intelligenza artificiale, infatti, si basano ancora in modo significativo sui motori di ricerca per il recupero delle informazioni (RAG) e per le query che richiedono risultati aggiornati.
La SEO tradizionale continuerà quindi a offrire vantaggi concreti ai brand, che potranno così essere rappresentati e valorizzati anche all’interno dei sistemi di intelligenza artificiale.
Despina, nel tuo articolo dici che l’“ottimizzazione dei blocchi” è una distrazione perché il chunking è una scelta ingegneristica al di fuori del controllo dei professionisti SEO.
Cosa significa questo in pratica per un imprenditore che teme di perdere visibilità a causa delle risposte generate dall’IA?
La scrittura per blocchi è una tecnica impiegata nei contenuti strutturati fin dagli anni ’60 ed è alla base di molti dei testi SEO più efficaci degli ultimi anni. Gli imprenditori che già la utilizzano con buoni risultati non hanno motivo di cambiare il proprio flusso di lavoro.
Quando però si inizia a focalizzarsi eccessivamente sul conteggio delle parole o sulla formattazione di ogni singolo blocco solo per migliorare la visibilità presso i sistemi di intelligenza artificiale, si finisce per perdere tempo.
Peggio ancora, si rischia di creare contenuti meno naturali e meno accessibili per i lettori reali.
Parli di “contenuto atomico” come alternativa al mito del chunking: contenuto autosufficiente che è utile sia per i lettori umani che quando viene estratto da un LLM.
Secondo te, quali caratteristiche deve avere un contenuto “atomico” affinché un marchio possa davvero sperare di essere citato nelle AI Overviews?
Un contenuto davvero “atomico” deve essere concepito partendo dal risultato che si vuole ottenere: fornire un’informazione completa e autonoma, utile sia al lettore umano sia a un modello di intelligenza artificiale che la estrae o la riassume.
Ogni sezione dovrebbe esprimere in modo chiaro un concetto centrale, facilmente interpretabile anche fuori contesto. È questo approccio, più che la segmentazione artificiale in blocchi o il conteggio delle parole, a rendere un testo più comprensibile, citabile e rilevante per le AI Overviews.
Molti imprenditori sono preoccupati: se l’IA decide autonomamente come segmentare e utilizzare i contenuti, come può un marchio difendere la propria autorità ed essere “raccomandato” nei nuovi motori di risposta basati su LLM? Pensi che in futuro la qualità dei contenuti o la forza del marchio conteranno di più come segni di fiducia?
Un marchio non può esercitare un controllo diretto sulle risposte generate dall’intelligenza artificiale né difendere attivamente la propria autorità: gli algoritmi sono progettati proprio per evitare interferenze di questo tipo.
Ciò che può fare, invece, è investire nella costruzione di un brand autentico, capace di suscitare fiducia e affetto. Quando le persone parlano spontaneamente e positivamente di un marchio, quell’autorità diventa organica e riconosciuta, e i sistemi di IA finiscono inevitabilmente per rifletterla nelle loro risposte.
Però, la qualità dei contenuti, da sola, non sarà sufficiente. La combinazione vincente sarà data da un marchio solido, un marketing capace di entrare in sintonia con le persone e contenuti autorevoli e ben curati.
Sia i motori di ricerca tradizionali sia i sistemi di intelligenza artificiale tendono a privilegiare i brand percepiti come affidabili e riconosciuti, e con ogni probabilità le tecnologie future diventeranno sempre più abili nel identificarli e valorizzarli.
I dati di Ahrefs mostrano che l’80% delle citazioni dell’IA non compare nemmeno nella top 100 di Google per la stessa query.
Per un imprenditore abituato a misurare il successo con le SERP, cosa significa realmente questa discrepanza tra il ranking tradizionale e la visibilità nelle risposte dell’IA?
È probabilmente la differenza tra il funzionamento della ricerca tradizionale, basata sulla corrispondenza delle parole, e quello della ricerca guidata dall’intelligenza artificiale, di natura semantica.
Google aveva già annunciato il passaggio “dalle stringhe alle cose” (“from strings to things”), e oggi ne stiamo vedendo la piena realizzazione. La ricerca IA privilegia la comprensione del significato, dell’argomento e delle entità coinvolte, piuttosto che la semplice presenza di parole chiave nei testi. Le SERP tradizionali restano invece ancorate a un modello lessicale, in cui la corrispondenza letterale continua a influire sul posizionamento.
Le differenze nei risultati derivano quindi da questi due approcci distinti alla selezione dei contenuti considerati pertinenti per una query. Con il tempo, l’emergere di nuovi modelli e dati aiuterà a comprendere meglio come questi sistemi interpretano e valutano la rilevanza.
Gli assistenti IA utilizzano processi come le query fan-out e la fusione reciproca dei ranking (puoi spiegare di cosa si tratta la RRF?), che portano a risultati diversi da quelli dei motori di ricerca.
Secondo te, come dovrebbero cambiare le strategie SEO delle aziende per intercettare queste logiche “parallele”?
L’RRF (Reciprocal Rank Fusion) è un metodo che unisce più elenchi di risultati in una sola classifica. In pratica, se un sistema di intelligenza artificiale interroga diverse fonti o motori di ricerca, l’RRF combina i vari ranking in un’unica lista ordinata, dando maggiore peso ai risultati che compaiono più spesso nelle prime posizioni.
Le query fan-out, invece, sono domande aggiuntive che l’IA genera automaticamente a partire dalla query dell’utente. Servono a esplorare meglio il contesto della ricerca, introducendo varianti, sinonimi, intenti e caratteristiche correlate al tema principale.
Ad esempio, da una query come “migliori scarpe da running” l’IA potrebbe generare query fan-out come “scarpe da corsa per principianti” o “scarpe da running ammortizzate” (NdR).
Detto questo, le aziende non devono stravolgere le proprie strategie SEO. È più efficace testare gradualmente nuove ipotesi su porzioni limitate del sito, valutando i risultati prima di applicarle su larga scala.
Per intercettare queste logiche IA “parallele”, strumenti come AI Content Helper di Ahrefs possono offrire supporto concreto: suggeriscono automaticamente query correlate e sotto-argomenti da integrare nei contenuti, aiutando a renderli più pertinenti sia per la ricerca tradizionale sia per i sistemi basati su intelligenza artificiale.
Perplexity sembra più in linea con i risultati di Google rispetto a ChatGPT o Gemini. Pensi che assisteremo a una convergenza generale tra assistenti AI e SERP tradizionali, o il divario tra i due mondi è destinato ad aumentare?
È difficile dirlo con certezza. Molto dipenderà dalle scelte tecniche e strategiche dei team di sviluppo, che stanno ancora sperimentando diversi approcci per migliorare prestazioni ed efficienza dei modelli.
Anche fattori esterni, come gli accordi commerciali o gli investimenti (ad esempio quello di Microsoft in ChatGPT) potrebbero incidere sul tipo di dati a cui questi sistemi potranno accedere e, di conseguenza, sul grado di convergenza con i risultati dei motori di ricerca tradizionali.
I domini più citati nella AI Mode di Google sarebbero Wikipedia, YouTube, Reddit e Google stesso. In pratica, l’IA tende a favorire le fonti UGC (User Generated Content, cioè contenuti generati dagli utenti) e le proprie risorse.
Questo mi porta a chiederti: quali opportunità reali hanno i marchi indipendenti per fare progressi in questo contesto?
La strategia più efficace è puntare sulle query in cui compaiono marchi simili al proprio. In pratica, significa concentrarsi su parole chiave con concorrenza più bassa, dove è più realistico ottenere visibilità anche nelle risposte IA. È un modo più rapido e sostenibile per emergere rispetto a competere su query dominate da brand miliardari.
In parallelo, conviene rafforzare la presenza del marchio sulle fonti che l’intelligenza artificiale cita più spesso per gli argomenti più competitivi, come forum, community o piattaforme UGC.
Anche se il sito non appare direttamente nei risultati, essere menzionati o linkati in questi contesti può aumentare la visibilità e la credibilità del brand sia per gli utenti sia per i sistemi di intelligenza artificiale.
Oggi Google offre sempre meno trasparenza sui dati veramente utili ai professionisti SEO: in Search Console, ad esempio, non è possibile distinguere il traffico proveniente dalle AI Overviews da quello della AI Mode.
In questo scenario, come è possibile prendere decisioni informate? E, soprattutto, che senso ha parlare di strategia SEO se non ci sono metriche su cui basarla?
Sta diventando sempre più complesso, è vero. I professionisti SEO dovranno imparare a leggere i trend all’interno di set di dati più ampi, per individuare direzioni di crescita o di declino nel tempo. Non potremo più contare sulla stessa precisione dei dati sulle query o sull’attribuzione delle visite di un tempo, quindi servirà un nuovo approccio analitico.
Resta comunque possibile misurare l’andamento e la visibilità generale. Gli strumenti di analisi web consentono ancora di osservare quanti visitatori arrivano da ciascun canale e quali pagine generano più traffico.
I dati saranno meno precisi, ma potranno comunque essere confrontati con quelli raccolti in passato. Se le metriche mostrano un aumento costante, significa che il sito sta crescendo, anche se non è possibile quantificarlo con esattezza. In fondo, la crescita resta un segnale positivo, indipendentemente dal margine di errore.
Puoi parlarci di Brand Radar e di come può essere utile in questo contesto?
Brand Radar di Ahrefs è progettato specificamente per aiutare i SEO a scoprire feedback direzionali quando si tratta di visibilità IA su più indici IA.
I suggerimenti si basano tutti sulle ricerche più frequenti effettuate dagli utenti nel corso di molti anni. Non sono suggerimenti reali.
Tuttavia, possono mostrare modelli come il numero di menzioni del vostro marchio nel corso del tempo su milioni di query. Puoi anche individuare modelli nel modo in cui l’IA parla del tuo marchio e se ci sono informazioni errate sul web che devi correggere per proteggere il messaggio del tuo marchio.
Lo strumento sta crescendo rapidamente e continuerà a fornire funzionalità essenziali per i marchi per misurare la loro visibilità nella ricerca IA.
La SEO è diventata una battaglia di branding
Come hai visto la SEO sta attraversando una trasformazione radicale: non è più soltanto una disciplina tecnica basata sul posizionamento, ma un ecosistema che unisce reputazione, autorevolezza e capacità di generare valore reale.
L’intelligenza artificiale ha cambiato le carte in tavola, spostando l’attenzione dai ranking alle relazioni, dal numero di keyword all’impatto del brand.
In questo contesto, l’autorità di un marchio, la qualità dei contenuti e la fiducia che suscita nel pubblico diventano fattori decisivi anche per la visibilità nei sistemi IA.
Come sottolinea Despina, le metriche oggi sono meno precise e più difficili da interpretare: basti pensare alla Search Console, che non distingue il traffico proveniente da AI Overviews e AI Mode.
Per questo la SEO deve evolversi, passando dalla lettura dei numeri alla comprensione dei trend, imparando a cogliere segnali di crescita o di declino nel tempo.
È un cambiamento profondo: il lavoro dei professionisti si sposta dalla registrazione dei dati a un’analisi sempre più predittiva, fondata su modelli, proiezioni e interpretazioni intelligenti del comportamento degli utenti.
Le imprese che sapranno leggere i trend, investire in contenuti autentici e costruire una presenza coerente e riconoscibile avranno ancora spazio per crescere, anche in un web dominato dai modelli linguistici.
Un ringraziamento speciale a Despina, dunque, per aver condiviso la sua visione su questa nuova fase della SEO. Le sue parole ricordano che la crescita non si misura più solo in click, ma nella capacità di costruire fiducia e valore nel tempo.
SEO Confidential tornerà la prossima settimana con un nuovo episodio per continuare a esplorare il futuro della ricerca e del marketing digitale insieme ai suoi protagonisti.

Bene, le IA ci ricordano che la vanità non paga. Brand e credibilità, non solo posizionamento. Il resto è polvere.
Le IA cambiano le regole. Il brand ora conta di più del ranking. 🤷♀️
IA ignora Google? Segnale forte: brand, non solo SERP. La credibilità è la nuova moneta d’oro.
Le IA snobbano Google? La reputazione è tutto. Meglio essere un faro che una lucciola nella nebbia.
Le IA ci fanno riflettere su un punto: le classifiche sono solo un pallido riflesso della reale grandezza di un brand. 🤔 Chissà se un giorno anche i computer avranno un’anima da valutare… ✨
Le classifiche organiche sono un castello di sabbia. L’IA, con la sua sete di autorevolezza, ci insegna che il brand solido è l’unica roccia.
Ma che bello vedere la SEO cambiare! 🤩 Le IA citano fonti diverse? Wow! 😮 Brand e fiducia sono la nuova frontiera, giusto? 🤔 Continuiamo a imparare insieme! ✨
Le IA ignorano Google? Chi l’avrebbe mai detto. Serve più che un buon ranking.
Mah, ‘ste IA che snobbano Google mi lasciano un attimo perplessa, ma il brand è la solida verità, no?
Ah, le IA. Povera SEO, sempre a rincorrere nuove mode.
Brand, autorevolezza… ma non era già ovvio?
La solita storia, si cambia nome alla giostra, mica il giro.
Le classifiche sono un miraggio. L’IA non si accontenta di facciate. Serve autorevolezza solida. Il brand è il faro che guida. Un brand forte, non un castello di carte sulle SERP.
Le IA non citano Google? Prevedibile. La vanità delle classifiche è un vecchio specchietto per le allodole. L’autorevolezza, quella sì che è oro. Il resto è fumo.
Despina ha ragione, le SERP da sole sono un po’ come guardare il dito invece della luna. 🌕 La vera sfida ora è costruire un brand che le IA riconoscano come valido, non solo un sito che si piazza bene. 🚀 Mi chiedo solo se i miei excel capiranno questa nuova metrica. 🤔
IA cita altre fonti? Bingo! 🎯 Classifiche pure aria fritta. Ma il brand vero è roccia. E se le IA non vedono la roccia? Panico! 😱
Despina sposta il faro. Le classifiche, ali di farfalla, svaniscono. Il brand, l’ancora. Ma se l’IA non cita le fonti, dove finisce la verità? Un mare di dati.
Le classifiche organiche, dicono, indicatori di vanità.
Ma i motori IA citano fonti diverse, non quelle alte.
Quindi il brand è la chiave? Sarcasmo, ovviamente.
Ottima intervista! 🤖 La IA cambia tutto. Ma la vera autorità resta reale. 🤔 Non ci cascate, la sostanza batte ogni algoritmo. 💡
‘Sta roba della IA mi fa un po’ storcere il naso, ma ‘sto discorso di Despina sul brand è oro colato. Io punto sull’autorevolezza, mica sulle classifiche che cambiano ogni dì!