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Contattaci ora →Un accordo da miliardi di dollari resta in piedi, ma con nuove regole per Google che dovrà aprire le porte alla concorrenza e condividere dati, anche se i dubbi sulla reale efficacia permangono
L'accordo da 20 miliardi tra Google e Apple, che mantiene Google predefinito su iPhone, è sopravvissuto al processo antitrust. Una vittoria per i colossi, ma la sentenza impone a Google di cessare accordi esclusivi e promuovere alternative. Dubbi sorgono sull'efficacia per la concorrenza, sebbene Wall Street festeggi il mantenimento del duopolio e le future collaborazioni nell'AI.
L’accordo da 20 miliardi è salvo, ma a che prezzo?
Diciamocelo, la vera notizia che tutti aspettavano era questa: i circa 20 miliardi di dollari che ogni anno Google versa nelle casse di Apple per essere la scelta di default su Safari continueranno a fluire.
Un affare che, da solo, rappresenta quasi il 20% del fatturato dei servizi di Apple. Per l’azienda di Cupertino, rinunciarci sarebbe stato un colpo durissimo. Il giudice ha deciso di non spezzare questo legame d’oro, sostenendo che un taglio netto avrebbe danneggiato partner e consumatori.
Ma ti sembra davvero una vittoria per la concorrenza?
La decisione del tribunale, infatti, non è un via libera incondizionato. L’accordo può continuare, ma con delle “modifiche”.
E qui le cose si fanno interessanti.
Perché se da un lato il patto più redditizio del mondo tech resta in piedi, dall’altro Google non se l’è cavata con una semplice tirata d’orecchi.
Google con le mani legate (o quasi)
La vera stretta arriva sulle future mosse di Google. Il giudice ha messo nero su bianco un divieto categorico: basta accordi di distribuzione esclusivi. D’ora in poi, come descritto da Fortune, Google potrà ancora pagare i partner per avere una posizione privilegiata, ma questi ultimi dovranno obbligatoriamente promuovere anche motori di ricerca alternativi.
In più, Big G sarà costretta a condividere alcuni dati di interazione degli utenti e del suo indice di ricerca con i “concorrenti qualificati”. Una mossa che dovrebbe, in teoria, dare un po’ di ossigeno a chi prova a farsi strada.
La domanda però sorge spontanea: basterà obbligare un produttore di smartphone a mostrare un piccolo logo di Bing o DuckDuckGo per convincere gli utenti a cambiare, quando dall’altra parte ci sono i miliardi di Google a rendere tutto così comodo e preimpostato?
Il dubbio che sia solo una soluzione di facciata è forte.
E mentre il Dipartimento di Giustizia, che aveva chiesto la vendita di Chrome e lo smantellamento di Android, lecca le ferite per una vittoria a metà, a Wall Street qualcuno sta già stappando lo champagne.
A Wall Street si festeggia, ma i dubbi restano
La reazione dei mercati non si è fatta attendere: le azioni di Google e Apple sono schizzate verso l’alto subito dopo la sentenza.
Gli analisti l’hanno definita una “vittoria mostruosa” per entrambi, perché non solo salva un accordo fondamentale, ma spiana la strada a collaborazioni ancora più profonde, specialmente nel campo dell’intelligenza artificiale con Gemini.
Insomma, il futuro sembra ancora più un affare a due tra Cupertino e Mountain View.
Alla fine della fiera, la sentenza sembra aver dato un colpo al cerchio e uno alla botte.
Ha punito Google abbastanza da poter dire che la giustizia ha fatto il suo corso, ma non così tanto da intaccare davvero un duopolio che appare sempre più inscalfibile.
Resta da vedere se queste nuove regole saranno in grado di stimolare una vera concorrenza o se si riveleranno solo l’ennesimo ostacolo facilmente aggirabile da chi, le regole, ha dimostrato di saperle scrivere a proprio vantaggio per anni.
Vent’anni fa avrei applaudito. Oggi, vedo solo due dinosauri che si spartiscono il bottino, con qualche briciola per chi osa pensare diverso. La vera concorrenza, quella che fa tremare i mercati, è ancora lontana.
Ma che giustizia è questa? Google paga Apple per stare davanti, e poi si parla di concorrenza. Ridicoli.
Mi sembra una cosa ragionevole, che ci siano regole più chiare da ora in avanti.
Ma dai, un accordo da venti miliardi salvi e poi ci vengono a dire che c’è concorrenza? La solita presa in giro.
Silvia, la solita farsa: i soldi contano più della concorrenza, non è una novità.
Silvia Graziani, certo che è una presa in giro. Pagare per rimanere il più visibile possibile, e chiamarla apertura. Chi ci guadagna davvero, poi?
Ma guarda te, “nuove regole” per chi paga fior di quattrini? Un accordo che genera profitti per entrambi, e la concorrenza dovrebbe ringraziare? Mi sembra più che altro una farsa ben orchestrata. Finché i soldi girano così, cosa cambia davvero per noi utenti?
Certo che i colossi se la cavano sempre, vero? Pensare che Google debba “aprire” dopo aver pagato una cifra simile mi fa sorridere. Chissà se gli utenti noteranno poi questa tanta decantata concorrenza, o se tutto resterà come prima, solo con qualche articolo in più sui giornali.
L’esito del processo antitrust conferma la solidità degli accordi tra colossi tecnologici. Le nuove disposizioni per Google potrebbero introdurre una maggiore contendibilità nel settore della ricerca mobile, sebbene l’entità dei pagamenti a Apple suggerisca un legame ancora forte. Resta da valutare se queste misure attrarranno significative alternative.
La sentenza sembra più un’ammenda che un vero cambiamento. Google dovrà aprire, ma il duopolio resisterà? Mi chiedo se la concorrenza reale ne beneficerà davvero.
La sopravvivenza dell’accordo Google-Apple è prevedibile, ma le nuove regole per Google potrebbero portare un minimo di apertura. La vera sfida sarà la loro applicazione concreta.
Questi accordi da miliardi definiscono il mercato. Se Google deve davvero cambiare, i benefici per la concorrenza saranno visibili?
Ovvio che lo proteggono, sono sempre loro a decidere. Speravo in una vera scossa, invece solo qualche ritocchino. Che senso ha tutto questo se poi non cambia niente?
Robetta da finanzieri, questi accordi miliardari cambiano poco per il cittadino comune. La vera concorrenza doveva essere imposta, non proposta.
Ma guarda, l’importante è che certi affari continuino, no? Chissà quanto cambierà davvero la situazione per gli utenti comuni.
Ottimo articolo! È notevole come questi accordi miliardari continuino a resistere, nonostante i tentativi di regolamentazione. L’apertura alla concorrenza e la condivisione dei dati, seppur con riserve, sembrano un passo nella giusta direzione. Mi chiedo quanto questo possa davvero cambiare il panorama attuale.
Mah, sorprendente che l’accordo resti in vigore! Se Google deve davvero aprire le porte alla concorrenza, mi chiedo se questa mossa non sia più un’apertura di facciata che un reale cambiamento. Sarà interessante osservare se la concorrenza troverà spazio.
Ciao Lorena! Sono d’accordo, il fatto che l’accordo sia sopravvissuto è notevole. Le nuove regole potrebbero portare un po’ più di respiro alla concorrenza, ma resta da capire quanto cambierà concretamente la situazione per gli utenti. Un equilibrio delicato da osservare.