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Gemini “spia” i tuoi video su Drive: un aiuto per l’analisi o un’invasione nella privacy, tra promesse di efficienza e il rischio di dipendenza da Google?
Google ha integrato l'intelligenza artificiale Gemini 2.5 Pro in Google Drive per analizzare i video, promettendo riassunti rapidi e ricerca interna. L'obiettivo è facilitare la gestione di contenuti video massivi. La novità, disponibile per alcuni piani Workspace, solleva però interrogativi su privacy, dipendenza e la reale utilità rispetto alla semplice attenzione umana.
Google Drive si mette a guardare i tuoi video: Gemini promette analisi profonde, ma sarà davvero utile?
Google non si ferma più e, dopo aver ficcato il naso nelle nostre email e documenti, ora punta dritto ai video.
Sì, hai capito bene: la sua intelligenza artificiale, Gemini, è stata integrata direttamente in Google Drive con l’obiettivo, a detta loro, di aiutarti a “capire” i contenuti video più velocemente. In pratica, ti basterebbe un doppio click su un file video e poi un altro su “Chiedi a Gemini” per interrogare l’IA con richieste in linguaggio naturale, tipo “fammi un riassunto delle scene principali” oppure “trovami il punto esatto in cui si parla di quel particolare argomento”.
Sulla carta, potrebbe sembrare una manna dal cielo per chi si trova a gestire ore e ore di girato.
Ma prima di gridare al miracolo e pensare di aver trovato la soluzione a tutti i mali della gestione video, è meglio dare un’occhiata più da vicino a come funziona questa presunta magia e, soprattutto, se ci possiamo fidare.
Non è che dietro la promessa di efficienza si nasconde l’ennesimo strumento per renderci ancora più dipendenti da un ecosistema che già sa fin troppo di noi?
Come Gemini ‘studia’ i tuoi filmati: la tecnologia dietro le promesse (e qualche perplessità)
Stando a quanto racconta Google, il motore di questa nuova funzionalità sarebbe Gemini 2.5 Pro, una delle sue intelligenze artificiali di punta, capace, a loro dire, di processare video lunghi fino a sei ore o con un contesto di ben 2 milioni di token – che, tradotto dal gergo tecnico, significa una mole di dati non indifferente.
Immagina di poter chiedere un riassunto con tanto di timestamp per ogni punto saliente, o di rintracciare al secondo quando viene menzionato un certo prodotto o concetto.
Nei loro test interni, come riportato sul Google Developers Blog, Gemini sarebbe riuscito addirittura a contare con precisione quante volte un personaggio in un video ha usato il telefono.
Impressionante, vero?
Forse troppo, tanto da far sorgere il dubbio che sia la solita dimostrazione di forza più che un’utilità reale per l’utente medio.
E la privacy?
Google assicura che per gli utenti aziendali, i video ospitati su Drive e analizzati tramite Vertex AI (la loro piattaforma cloud per l’IA) resteranno confidenziali.
Ma, diciamocelo, quando si tratta di colossi tecnologici e dati personali, un po’ di sano scetticismo non guasta mai.
Siamo sicuri che questa “analisi sicura” non sia solo un modo per farci digerire più facilmente uno strumento che, di fatto, scandaglia contenuti spesso privati?
Il punto è che, mentre queste funzionalità vengono presentate come rivoluzionarie, ci si chiede se non stiamo delegando troppo, affidando a un algoritmo la comprensione che prima era frutto della nostra attenzione e del nostro tempo.
E se questa comodità avesse un prezzo nascosto, magari in termini di capacità critica o di reale controllo sui nostri dati?
L’IA nei video: parte di un piano più grande o vera necessità?
Questa mossa di Google non è un fulmine a ciel sereno, ma si inserisce in una strategia ben più ampia che mira a integrare l’intelligenza artificiale in ogni angolo dell’ecosistema Workspace, come già abbiamo visto con le funzionalità “smart” in Gmail e Docs, descritte anche sulla pagina dei piani Google One AI. L’obiettivo sembra chiaro: renderti la vita apparentemente più facile, a patto che tu rimanga saldamente ancorato ai loro servizi.
E non è un caso che, parallelamente, Google stia spingendo forte anche sulla creazione di video tramite IA, con strumenti come Veo. Insomma, prima ti danno gli strumenti per produrre contenuti a raffica, poi quelli per analizzarli.
Un bel modo per tenerti sempre dentro il loro recinto.
Non trovi?
Certo, i guru di Google, come Mario Lučić e il suo team che si occupa di “video understanding”, parlano di un “cambio di paradigma nell’analisi contestuale dei video”.
Belle parole, senza dubbio.
Ma questo cambio di paradigma a chi giova veramente?
Forse alle aziende che, come riporta qualche statistica (Gartner nel 2024 parlava del 78% delle imprese che usa video per la formazione interna), sono sommerse da contenuti video.
Ma siamo davvero sicuri che per capire un video di training aziendale serva un’intelligenza artificiale che ce lo “spieghi”?
Non sarà che stiamo diventando un po’ pigri, perdendo la capacità di elaborare le informazioni con la nostra testa?
Per ora, questa “meraviglia tecnologica” è destinata agli utenti dei piani Workspace Business Plus ed Enterprise, il che, tradotto, significa che se paghi di più, hai l’IA che ti “assiste”.
E gli altri?
Beh, come spesso accade, dovranno arrangiarsi o aspettare le briciole.
La domanda che resta sospesa è: quanto ci costerà, in termini di autonomia di pensiero e controllo, questa continua corsa alla “semplificazione” offerta dalle grandi corporation tecnologiche?
L’idea di un assistente IA che ci tolga il peso di analizzare ore di video è senza dubbio allettante, ma forse è il caso di chiedersi se il gioco valga davvero la candela.