Google stringe la cinghia sulla verifica: se fornisci dati falsi, sei fuori

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

O sei visibile o sei fuori. Noi ti aiutiamo a raggiungere i clienti giusti — quando ti stanno cercando.

Contattaci ora →

Google inasprisce i controlli sulla pubblicità online, minacciando la sospensione per chi fornisce dati non veritieri e sollevando interrogativi sulle conseguenze per le piccole imprese.

Google stringe la cinghia sulla verifica advertiser: dati falsi comportano la sospensione immediata. Ufficialmente per trasparenza, la mossa solleva dubbi sull'abuso di potere e il suo impatto sulle PMI. Questo annuncio, pur senza modificare le regole, rafforza il controllo algoritmico, aumentando la vulnerabilità degli inserzionisti e rendendo più complesso navigare l'ecosistema di Google Ads.

Cosa cambia (o non cambia) sul serio?

La sostanza è che Google sta alzando un muro, rendendo ancora più rigido un processo già di per sé complesso.

La nuova specifica, come descritto da Search Engine Land, non lascia spazio a interpretazioni: fornisci informazioni “false o fraudolente” e verrai sbattuto fuori.

Questo non riguarda solo i truffatori professionisti, ma rischia di colpire anche chi, per una svista o un’incongruenza documentale, si ritrova con l’account bloccato da un giorno all’altro.

La mossa si inserisce in un percorso iniziato già nel 2020, quando la verifica fu introdotta per arginare lo tsunami di annunci ingannevoli, soprattutto in ambito politico.

Da allora, la rete si è stretta sempre di più, coinvolgendo ogni singolo inserzionista.

Il messaggio è forte e chiaro: Google vuole un ambiente pulito.

Ma la domanda è: pulito per chi?

Per gli utenti, o per proteggere la propria reputazione (e i propri profitti miliardari)?

Il rischio, come sempre, è che a pagare il prezzo di questa crociata per la trasparenza siano le piccole e medie imprese o le agenzie che, a differenza delle multinazionali, non hanno un ufficio legale pronto a contestare ogni singola virgola.

La verità dietro la facciata della sicurezza

Non facciamoci illusioni.

Questa non è un’iniziativa isolata di un’azienda che si è svegliata paladina della giustizia. È una tendenza che coinvolge tutte le grandi piattaforme, da Meta a X, tutte impegnate a ripulire la propria immagine dopo anni di scandali.

Google ci dice che lo fa per proteggere i consumatori da truffe e prodotti pericolosi, e per garantire che tutti giochino con le stesse regole.

Nobile, senza dubbio.

Ma c’è un rovescio della medaglia.

Quando un’entità come Google agisce da giudice, giuria e boia, il confine tra la giusta applicazione di una regola e l’abuso di potere diventa sottilissimo.

Quante volte abbiamo sentito di account sospesi per errore, con processi di appello che sembrano labirinti senza uscita?

Questa stretta potrebbe peggiorare la situazione, creando un sistema in cui l’algoritmo ha sempre ragione e tu, piccolo imprenditore o consulente, non hai alcun potere contrattuale.

Stiamo assistendo a una centralizzazione del controllo che, con la scusa di proteggerci, sta di fatto rendendo i piccoli attori sempre più vulnerabili alle decisioni arbitrarie di un gigante.

L’impatto reale per te: cosa significa tra le righe

Al di là dei proclami ufficiali, per te che gestisci campagne pubblicitarie questo significa una cosa sola: la soglia di tolleranza è scesa a zero.

Ogni documento, ogni dato inserito, deve essere impeccabile.

Una banale discrepanza tra la ragione sociale e il documento caricato potrebbe essere interpretata come un tentativo di elusione, con conseguenze disastrose per le tue campagne e per il business dei tuoi clienti.

La linea di Google è tracciata: la fiducia non si concede, si guadagna dimostrando di essere trasparenti fino al midollo. Peccato che, a volte, sembri che questa regola valga solo per noi e non per chi gestisce il gioco.

La sfida, ora, è muoversi in questo campo minato, facendo attenzione a dove si mettono i piedi e sperando di non pestare la mina sbagliata.

Perché una volta che salta, rimettere insieme i pezzi è un’impresa tutt’altro che semplice.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ricevi i migliori aggiornamenti di settore