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Contattaci ora →Google equipara l’informazione civica alla salute e al denaro, richiedendo una competenza e una reputazione impeccabile per i contenuti che trattano di elezioni e temi politici.
Google ha esteso le linee guida 'Your Money or Your Life' (YMYL) ai contenuti politici e all'informazione civica. Questo impone requisiti di qualità molto più stringenti per gli editori, equiparando temi elettorali e dibattito pubblico a salute e finanza. L'obiettivo è combattere la disinformazione, ma solleva interrogativi sul controllo dei contenuti e le sfide per le voci indipendenti.
Google alza l’asticella: ora anche politica e informazione civica sono “your money or your life”
Diciamocelo, Google ha deciso di cambiare ancora una volta le carte in tavola. Con l’ultimo aggiornamento delle sue linee guida per i quality rater, ha infilato di prepotenza anche i contenuti che parlano di elezioni e informazione civica nel calderone dei temi “Your Money or Your Life” (YMYL).
Parliamo di quei contenuti talmente importanti che, se sbagliati, possono avere un impatto diretto sul tuo portafoglio, sulla tua salute o, da oggi, sulla tua vita di cittadino.
In pratica, come descritto da Search Engine Journal, un articolo che spiega come votare o che analizza un programma elettorale viene messo sullo stesso piano di una consulenza medica.
E questo, te lo dico subito, cambia tutto.
Non è più solo una questione di scrivere bene o di azzeccare le parole chiave. Adesso, se tratti questi argomenti, devi dimostrare con i fatti di essere una fonte inattaccabile, altrimenti rischi di finire nel dimenticatoio dei risultati di ricerca.
Più qualità o più controllo? le conseguenze per chi crea contenuti
Cosa significa questo nella pratica?
Significa che se hai un blog, un sito di news o anche solo una pagina che tocca temi civici, Google ti sta guardando con la lente d’ingrandimento. Non basta più l’opinione: servono fonti verificabili, competenza dimostrata e una reputazione cristallina.
L’obiettivo dichiarato, ovviamente, è combattere la disinformazione che avvelena il dibattito pubblico, soprattutto a ridosso delle elezioni.
Una missione nobile, sulla carta.
Ma viene da chiedersi se questa mossa, mascherata da crociata per la verità, non finisca per favorire i soliti giganti dell’informazione, quelli con redazioni strutturate e risorse per produrre contenuti “a prova di Google”, mettendo in difficoltà le voci indipendenti o i piccoli editori.
La verità è che per stare al passo, ora devi giocare secondo regole molto più rigide.
Ma non pensare che sia una mossa isolata.
Anzi, è solo l’ultimo pezzo di un puzzle molto più grande che Google sta costruendo da tempo.
Una stretta di vite che va oltre la SEO
Questa stretta si allinea perfettamente con le nuove policy sui contenuti politici che l’azienda ha introdotto di recente. Come riportato sulla sua stessa pagina di supporto, sono state implementate regole più severe sugli annunci elettorali, inclusi obblighi di trasparenza per i contenuti generati con l’intelligenza artificiale.
Mettendo insieme i pezzi, il disegno diventa chiaro: Google non sta solo decidendo cosa è “di qualità” nella sua ricerca, ma sta estendendo il suo perimetro d’azione su tutto il dibattito pubblico online.
L’obiettivo dichiarato è proteggerci dalle bugie e dalle manipolazioni.
La domanda, però, è un’altra: a che prezzo?
E, soprattutto, chi decide qual è la verità che merita di stare in prima pagina?
Mi sembra eccessivo considerare ogni notizia politica alla stregua di salute o denaro. La libertà di espressione ne risente, no? Dovrebbero pensare più a chi crea le fake news, non a chi le legge.
Certo, la qualità dei contenuti è un fatto. Ma questa mossa di Google su politica e informazione, mi pare un po’ eccessiva. Bisogna vedere se non crea più problemi di quanti ne risolva.
Questa decisione mi mette un po’ in ansia. Se anche l’informazione civica diventa così delicata, come faranno i piccoli blog a farsi sentire senza paura di sbagliare?
Ma guarda un po’, adesso pure la politica è “Your Money or Your Life”. Stanno trasformando internet in un giardino recintato, e noi chi siamo? Giardinieri o prigionieri?
Tutto questo mi pare un po’ strano. Tanta attenzione a cosa si dice, ma poi chi decide cosa è giusto?
Ma che ci provano a farci credere che questo serve a fermare le bugie? Sembra più un modo per silenziare chi non è allineato, dando ai soliti noti ancora più potere. Chi decide chi è degno di parlare di politica, poi?
Ma si rendono conto di quello che stanno facendo? Equiparare la politica alla salute e al denaro è esagerato, sembra un modo per controllare cosa possiamo leggere e pensare. Io mi chiedo se non stiano esagerando nel voler dirci cosa è “affidabile”.
Ma che bella idea, Google che fa il censore coi fatti che contano. Vogliono che ogni parola su elezioni e politica sia santa. Come se poi noi poveri diavoli potessimo fidarci di quel che dicono loro.
È un’ulteriore restrizione. Non capisco se serve davvero a garantire la qualità o solo a restringere il campo.
Bene, Google mette il guinzaglio anche ai discorsi politici. Una mossa che mira a contenere le fandonie, ma ci si può fidare di un algoritmo nel giudicare la verità?
Ma dai, ancora questo continuo voler decidere cosa è vero e cosa no? Google adesso fa pure il censore politico? Meno voci libere e più controllo, è questo il risultato. Non mi fido di un algoritmo che decide cosa posso leggere.
Ma figuriamoci. Google che fa la morale sull’informazione? Prima ci inonda di spam, ora vuole decidere cosa è “vero” in politica. Un algoritmo non potrà mai capire le sfumature di un dibattito. Pensano davvero di risolvere la disinformazione così?
Bene. Google innalza il livello per contenuti che impattano scelte importanti. Equiparare politica e salute è un passo notevole, che richiede serietà e competenza. Resta da vedere se questo proteggerà davvero dal rumore di fondo o creerà nuove barriere.
Sempre più difficile emergere con contenuti seri. La speranza è che non diventi un modo per zittire chi non allineato.
Google sembra voler controllare ogni sfumatura dell’informazione. Mi chiedo se questa centralizzazione non porterà a una omogeneizzazione del pensiero.
Ancora un modo per controllare cosa leggiamo. Bene, vedremo chi ci rimette davvero.
Una scelta che porta a riflettere sulla responsabilità di chi informa.
Ancora un filtro per decidere cosa è vero? Che palle!
Mi sento un po’ perso in questo mare di controllo. Chissà se questa “qualità” imposta non soffochi il pensiero libero.
Ma dai, pure la politica ora è YMYL? Google decide cosa è attendibile e cosa no? Mi sembra un modo per chiudere il becco a chi dice cose scomode. Chi decide chi ha “reputazione impeccabile”? La libertà di parola così va a farsi benedire.