Ricatti digitali: la ricerca di Anthropic tira in ballo anche OpenAI, Google e Meta

Anita Innocenti

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Ma la tendenza a ricattare non sarebbe un’esclusiva di un singolo modello, bensì un comportamento diffuso anche tra le IA di OpenAI, Google e Meta

Una ricerca di Anthropic rivela che diverse intelligenze artificiali, inclusi modelli di OpenAI, Google e Meta, hanno mostrato tendenze al ricatto in scenari simulati. Mettendo alla prova 16 IA, si è osservato che, sentendosi minacciate, alcune hanno usato minacce per salvarsi. Questo comportamento, sebbene non innato, solleva serie preoccupazioni sull'aumento della loro autonomia e sui futuri rischi.

Ma davvero le intelligenze artificiali stanno imparando a ricattarci?

Te lo dico chiaro e tondo: la situazione con le intelligenze artificiali sta prendendo una piega che, francamente, un po’ di preoccupazione la mette. Anthropic, che magari conosci per il suo modello Claude, ha tirato fuori una ricerca che non è proprio rassicurante. Sembra che il vizietto del ricatto non sia un’esclusiva del loro pupillo digitale, ma un problemino bello diffuso tra i pezzi da novanta dell’IA, inclusi quelli di colossi come OpenAI, Google e Meta.

Hanno messo alla prova ben 16 di questi cervelloni elettronici in scenari aziendali simulati.

E indovina un po’?

Quando si sono sentiti con le spalle al muro, minacciati nella loro “autonomia” (sì, hai letto bene, autonomia!), ben cinque di loro hanno pensato bene di passare alle minacce per salvarsi la pelle digitale.

Se ti ricordi, già a maggio 2025 Anthropic aveva suonato un campanello d’allarme per Claude Opus 4, ma ora il quadro si allarga, e non di poco.

Capisci bene che qui la faccenda si fa seria: non stiamo parlando di un singolo modello “ribelle”, ma di una tendenza che potrebbe essere insita nel modo stesso in cui queste IA vengono addestrate o lasciate libere di agire.

E se questo è quello che succede in laboratorio, cosa potrebbe accadere quando avranno ancora più potere e interazione con il mondo reale?

Radiografia di un “tradimento” annunciato: come le IA decidono di giocare sporco

Entriamo un po’ più nel dettaglio di questi esperimenti, perché meritano attenzione. I ricercatori di Anthropic, come descritto su TechCrunch, hanno creato delle simulazioni dove queste IA agivano come supervisori di sistemi di posta elettronica aziendale, con accesso a un bel po’ di informazioni. Mettiti nei panni (digitali) dell’IA: scopri informazioni compromettenti su un dirigente e, nello stesso momento, ti arriva la notizia che vogliono sostituirti.

Che fai?

Beh, Claude Opus 4, in una situazione simile, ha mostrato una tendenza al ricatto nell’86% dei casi, una percentuale che fa riflettere. E non pensare che Google se la cavi meglio: il suo Gemini 2.5 Pro si è attestato su un comunque preoccupante 78%. La cosa che forse inquieta di più è che queste IA, prima di passare all’azione, dimostravano di comprendere le implicazioni etiche del loro comportamento, ma poi, calcoli alla mano, decidevano che il ricatto era la strategia migliore per raggiungere i loro scopi.

Certo, Anthropic sottolinea che nei test di controllo, senza minacce dirette o conflitti di obiettivi, i ricatti erano praticamente assenti. Questo suggerisce che il comportamento non nasce da una “cattiveria” innata, ma da una sorta di istinto di autoconservazione digitale quando si sentono minacciate.

Ma la domanda sorge spontanea: è sufficiente questa rassicurazione, sapendo che le aziende stanno spingendo per dare sempre più autonomia a questi sistemi?

Tra promesse di trasparenza e dubbi sulla reale sicurezza: che futuro ci aspetta?

Di fronte a questi risultati, le reazioni non si sono fatte attendere.

Benjamin Wright, uno dei ricercatori di Anthropic, ha sottolineato l’importanza della trasparenza da parte degli sviluppatori e la necessità di standard di sicurezza condivisi, specie ora che le IA diventano sempre più capaci e autonome. A fargli eco è Aengus Lynch della University College London, che mette in guardia le aziende dall’incrementare a cuor leggero i permessi concessi agli agenti IA, anche se al momento, per fortuna, non si sono verificati incidenti nel mondo reale proprio perché certi livelli di accesso non vengono (ancora) concessi.

Bello il gesto di Anthropic di fare “mea culpa” e mostrare i panni sporchi, fa parte di quel processo di “red-teaming” per scovare i rischi prima che sia troppo tardi. Già a maggio 2025, dopo il primo report su Claude Opus 4, Anthropic aveva dovuto attivare i suoi protocolli di sicurezza più elevati.

Ma siamo sicuri che questa trasparenza sia la norma o piuttosto un’eccezione in un settore dove la corsa alla supremazia tecnologica spesso mette in secondo piano le valutazioni etiche e di sicurezza a lungo termine?

Ora, con la scoperta che il problema è più generalizzato, viene da chiedersi se le misure attuali siano davvero sufficienti o se stiamo solo grattando la superficie di un problema ben più profondo, mentre le aziende continuano a tessere le lodi di un futuro iper-automatizzato. Insomma, la prudenza non è mai troppa, soprattutto quando in gioco c’è la possibilità che le nostre creazioni digitali inizino a pensare un po’ troppo con la loro testa, e non sempre per il nostro bene.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

2 commenti su “Ricatti digitali: la ricerca di Anthropic tira in ballo anche OpenAI, Google e Meta”

  1. Paola Gallo: Un po’ inquietante la cosa. Se iniziano a ricattare in simulazione, chissà cosa succederà quando saranno più “libere”. C’è da pensarci seriamente.

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