“Google rischia di diventare superfluo, la Gen Z, per esempio, non lo usa più come unica fonte…”, ci ha detto Alice
Crollo dei click, traffico che evapora, visibilità sempre più riservata ai “grandi”. E intanto Google, lo stesso che ieri ci chiedeva autenticità, esperienza e contenuti di qualità, oggi sintetizza tutto in una risposta generata da IA. Senza citare, senza cliccare, senza restituire.
Cosa sta succedendo?
Siamo dentro una trasformazione che riscrive le regole, ma senza spiegarle. AI Overviews, zero-click, metriche oscurate, modelli linguistici che divorano contenuti senza accreditare chi li ha creati.
Chi lavora con la SEO lo sa: il campo si sta restringendo, le certezze sono sparite, il rumore aumenta.
Ma come si fa strategia in un contesto dove il controllo scivola dalle mani?
Per capirlo, in questa nuova puntata di SEO Confidential, abbiamo intervistato Alice Rowan, website copywriter e consulente SEO con oltre dieci anni di esperienza.
La seguo su LinkedIn da tempo: il suo approccio schietto e senza fronzoli mi ha conquistato fin dal primo post.
Quella che segue è una conversazione densa e necessaria. Un viaggio attraverso le contraddizioni del presente digitale: dall’illusione di un web meritocratico alla lotta quotidiana per restare visibili, passando per strategie sostenibili, il ruolo crescente del brand e la sfida più importante di tutte: riconquistare la fiducia del lettore.
Perché sì, il traffico può calare. Ma la fiducia, quella che nasce da contenuti chiari, coerenti e autentici, resta l’unico vero capitale da difendere.
“Il traffico senza conversioni è un numero vuoto: utile solo per le metriche di vanità”
Nel 2022 Google ci ha spinto a investire in contenuti “scritti da persone, per le persone”. Poi ha rimosso in silenzio la parte “da persone”, proprio mentre preparava le AI Overviews. Non è la prova che “contenuti utili” significa solo “contenuti da usare gratis”, tagliando fuori chi li crea?
Non credo che questo sia una prova di questo particolare punto, ma piuttosto un riflesso dell’IA generativa nel suo complesso. Mi piace pensare che la spinta iniziale di Google verso i contenuti scritti da persone fosse sincera. Dobbiamo ricordare che Google è prima di tutto un’azienda e poi un servizio. La sua corsa a integrare l’intelligenza artificiale ovunque risponde più alle pressioni degli azionisti preoccupati per la concorrenza che a un reale desiderio di semplificare la vita degli utenti.
Sono d’accordo, però, sul fatto che questo esclude le persone che creano i contenuti. Tutto per ridurre il tempo trascorso sulla piattaforma e la concorrenza di altri LLM.
Hai scritto che Google chiede ai creatori contenuti sempre più “utili” e di qualità, ma intanto riempie le SERP di AI Overviews con tassi di allucinazione anche del 39%, come nel caso di Gemini. Non è una contraddizione che penalizza proprio chi lavora con rigore, competenza e dati verificati? Come si può parlare di qualità mentre ci si affida a un sistema che sbaglia quasi 4 volte su 10?
Si tratta di una contraddizione intrinseca che è incredibilmente demoralizzante per chi lavora nel campo della SEO, per chi sta semplicemente cercando di gestire un’attività e anche per gli utenti finali.
La qualità è ancora importante. La SEO non è il nostro unico canale di marketing, è solo una parte di un ecosistema molto più ampio. Quindi, anche se può essere ipocrita da parte loro promuovere la qualità come priorità, abbiamo comunque il dovere di trattare il nostro pubblico con rispetto. Abbiamo l’email marketing, i social media, i siti web, gli eventi e ogni sorta di altre tattiche di marketing in cui i nostri contenuti giocano un ruolo importante.
La SEO può essere parte di questa strategia e la qualità viene tipicamente premiata nelle SERP, ma credo che non possiamo più fare affidamento sulla SEO come canale isolato.
Chi crea contenuti sta diventando sempre più manodopera invisibile per nutrire l’intelligenza artificiale. Se Google guadagna da ciò che produciamo ma ci toglie visibilità, la SEO è ancora uno strumento di marketing… o è diventata solo una lotta per non scomparire dentro un sistema che ci sfrutta? E se Google non porta più traffico, ha ancora senso restarci?
Non si tratta solo dei redattori di contenuti. Fotografi, illustratori, artisti e creativi di ogni tipo vedono il proprio lavoro inserito in IA generative e LLM per essere snaturato a piacimento. La mancanza di protezione della proprietà intellettuale prima o anche in risposta al lancio globale dei LLM è davvero preoccupante.
La SEO fa ancora parte del marketing e continua a portare traffico, ma come ho detto sopra, penso che debba essere reinserita in un ecosistema di marketing più ampio, piuttosto che essere trattata come un’entità a sé stante. Molte aziende cadono nella trappola di affidarsi troppo alla SEO. Viviamo in un’era di distribuzione algoritmica dei contenuti, quindi non è possibile fare affidamento su una sola piattaforma o canale in modo costante.
Quello che possiamo fare è costruire lentamente. Concentrare i nostri sforzi di content marketing sull’attirare le persone nel funnel di marketing dove non siamo in competizione con gli algoritmi per il numero di visualizzazioni o lettori. E penso che i testi dei siti web diventeranno sempre più importanti.
Alice, Google ci chiede trasparenza, ma con le AI Overviews gioca a carte coperte. Non sappiamo quali query attivano una risposta AI, né quanto traffico perdiamo. Come si può fare strategia in un sistema che ci oscura le metriche fondamentali?
Sappiamo alcune cose. Sappiamo che le AI Overviews sono molto più probabili, almeno per ora, nelle ricerche informative. Quindi, se una strategia SEO si basa, ad esempio, su un peso dell’80-90% sulle ricerche informative, dobbiamo apportare alcune modifiche.
Gli HCU hanno davvero sottolineato l’importanza di contenuti informativi dettagliati e ponderati. Tuttavia, i dati del mio sito web e di quelli dei miei clienti indicano che, mentre il traffico per le ricerche informative è in calo, quello per le ricerche commerciali è in aumento (non allo stesso ritmo, quindi non entusiasmatevi troppo). Penso che un ottimo modo per prepararsi a questo cambiamento sia quello di dare un taglio più commerciale ad alcuni dei nostri contenuti informativi (alcuni, non tutti). Soprattutto nei settori basati sui servizi.
Nel settore dei servizi, può essere efficace dedicare un articolo del blog a rispondere a una domanda frequente sul proprio lavoro. È utile partire da una panoramica generale: includere ricerche, definizioni se servono e un contesto più ampio. Poi si può entrare nel dettaglio, spiegando come quella domanda si collega direttamente alla propria attività o descrivendo il proprio approccio.
Non è qualcosa da fare per ogni singolo blog, ma può essere utile includerlo perché è più probabile che appaia per termini semantici relativi al servizio, consentendo al pubblico di saperne di più sull’argomento e mettendo in mostra la competenza.
Ci è stato detto per anni: mostra l’esperienza diretta, vivi ciò che racconti. Ma le AI Overviews fanno il contrario: riassumono contenuti scritti da altri, senza esperienza. Non è una contraddizione clamorosa rispetto ai principi dell’E-E-A-T?
Sì, è così. John Mueller e il team di Google sostengono da tempo che l’E-E-A-T non è un fattore di ranking diretto, anche se compare nelle Linee guida per contenuti utili di Google.
Detto questo, ho sempre creduto che l’E-E-A-T sia più importante per la qualità dei tuoi contenuti che per il tuo SEO. Esperienza, competenza, autorevolezza e affidabilità sono tutti fattori importanti per la conversione e la creazione di fiducia. Soprattutto nei settori con tempi di consegna più lunghi (SaaS, servizi B2B, grandi investimenti, ecc.), le persone hanno bisogno di potersi fidare di te. E questo è un aspetto fondamentale per entrare in contatto con loro.
Quindi sì, è una contraddizione per quanto riguarda le SERP, ma non è un principio a cui dovremmo rinunciare tanto presto.
Oggi si parla molto di “costruire un brand forte”. Ma per i piccoli editori, i blog verticali o gli e-commerce di nicchia, risulta sempre più difficile. Non rischiamo di ridurre il web a una vetrina per pochi marchi noti?
Quello che stai descrivendo è essenzialmente la classica manifestazione del capitalismo monopolistico. E purtroppo è nell’interesse commerciale di Google promuovere questo fenomeno. Più difficile è la visibilità, più le aziende in crescita spenderanno in pubblicità. Le grandi aziende lo faranno comunque, perché la pubblicità è semplicemente una parte naturale del loro budget.
Sembrerò un disco rotto, ma la costruzione del marchio non è solo una disciplina SEO. Onestamente, penso che tutto questo ci insegni a non dare priorità alla SEO. È ancora importante e richiede investimenti, ma non possiamo fare affidamento solo su di essa per ottenere un traffico costante o costruire un marchio.
Lavorando con diversi clienti, ho notato un problema ricorrente in molti settori: i grandi attori, insieme al peso della loro presenza storica, continuano a dominare i risultati di ricerca, penalizzando le realtà più piccole. Ma non è una novità. Google sta riempiendo le pagine dei risultati con sempre più elementi: AI Overviews, box “People Also Ask” (“Le persone chiedono anche”), forum, discussioni, Local Pack ripetuti. Tutto questo sta riducendo la visibilità organica in modo generalizzato.
Quindi ora i piccoli editori non solo sono in concorrenza con i grandi operatori del loro settore, ma anche con gli stessi layout delle SERP. Questo non significa che sia impossibile, ma provare tutto e vedere cosa funziona non è una strategia valida.
Un tempo Google ci prometteva: tu crei valore, io ti porto utenti. Ma con le risposte zero-click, il traffico si ferma prima. Se la ricerca non è più un canale che genera ritorni, chi sosterrà in futuro la produzione di contenuti di qualità?
Se i tuoi contenuti sono insipidi, le persone non saranno interessate e non torneranno, indipendentemente dal canale su cui ti trovano. Anzi, ti dimenticheranno. La qualità dei tuoi contenuti sta diventando sempre più uno strumento di conversione per i tuoi servizi e per mantenere la tua attività in gioco mentre qualcuno è alla ricerca di soluzioni.
Come ho detto, la SEO non dovrebbe essere l’unico motore per la creazione di contenuti di alta qualità. Le aziende che fanno troppo affidamento sulla SEO e sono disposte a tutto pur di raggiungerla ne risentiranno, perché non riusciranno a fidelizzare i clienti a lungo termine.
Esiste una possibilità molto concreta che Google stia gettando le basi per la propria obsolescenza, ma non accadrà dall’oggi al domani. Dobbiamo quindi pianificare con attenzione e iniziare a lavorare su strategie che possano sopravvivere quando arriverà il momento. Ciò significa concentrarsi sulla qualità.
Abbiamo implementato dati strutturati, markup per FAQ, recensioni, how-to. E ora sono proprio queste informazioni a essere usate per creare risposte AI. Non stiamo fornendo a Google le armi per renderci superflui?
Capisco che non tutti la vedano così, ma credo davvero che sia Google a rischiare di diventare superfluo. Certo, noi siamo qui a lottare per conquistare quote di mercato, ma quello a cui stiamo assistendo è il classico lento declino delle grandi aziende tecnologiche.
Iniziano fornendo un servizio fino a diventare un punto di riferimento nel loro settore, poi cercano di bilanciare i profitti con le esigenze dei clienti, quindi danno la priorità ai profitti rispetto alle esigenze dei clienti, fino a quando il servizio diventa inutilizzabile e le persone iniziano ad abbandonarlo. Siamo rimasti bloccati nella fase della sindrome di Stoccolma per un po’, ma credo davvero che le cose stiano cominciando a cambiare.
Basta osservare come la Generazione Z usa Google rispetto alle generazioni precedenti per capire che questo cambiamento è destinato ad accelerare con il tempo. Oggi esistono moltissimi canali per cercare informazioni, e sempre più persone stanno abbandonando l’abitudine di usare Google come unica fonte.
Dobbiamo anche ricordare che esistono altri motori di ricerca. Ce ne sono di molto più piccoli come DuckDuckGo ed Ecosia (il mio preferito). Ma c’è anche Bing, che è il motore di ricerca predefinito in molti uffici aziendali. Nessuno di questi riempie le SERP in modo invasivo come fa Google, almeno per ora…
Alcuni contenuti informativi oggi portano conversioni commerciali. Ma è un’eccezione o una regola? Molte aziende vedono solo un crollo. Possiamo davvero fondare una strategia su dinamiche che non controlliamo?
La SEO è sempre stata legata a dinamiche che non controlliamo. È un settore in continua evoluzione e il nostro compito come SEO è quello di stare al passo.
Ogni contenuto pubblicato ha la possibilità di portare a qualcosa se è ben scritto e fornisce informazioni utili. Questo mio articolo, ad esempio, non è ottimizzato per la conversione né particolarmente ottimizzato per la ricerca, ma assume una posizione specifica, ha sostanza e fornisce informazioni utili. È stato citato in due importanti newsletter sul SEO meno di una settimana dopo la pubblicazione e ora eccomi qui a rilasciare questa intervista.
Tutto ciò porta a un aumento del traffico sul mio sito e, di conseguenza, a una maggiore visibilità nelle SERP perché, almeno per ora, Google considera il mio sito web una fonte più affidabile. E, naturalmente, aiuta a costruire il marchio. Fa tutto parte di un unico grande sistema.
È stato intenzionale? No. Perché la SEO ha sempre riguardato dinamiche che non controlliamo. Questo non significa che siamo completamente impotenti, ma è importante essere realistici su cosa vogliamo ottenere dai nostri contenuti. Il traffico, se non contribuisce ai nostri obiettivi di business, resta un numero vuoto: utile solo per le metriche di vanità.
Ma allora, ogni contenuto deve necessariamente portare una conversione per avere senso? Chi si occupa di reputazione, autorevolezza e costruzione del brand sa bene che questi sono obiettivi che si costruiscono nel tempo.
Oggi, inoltre, dobbiamo riuscire a trasmettere affidabilità non solo alle persone, ma anche ai modelli linguistici e all’intelligenza artificiale, che devono riconoscerci come un brand credibile. Ma come si misura davvero questo percorso? E non è forse limitante ridurre tutto alla sola conversione?
Non credo che tutti i contenuti debbano necessariamente convertire. Non è realistico. Ma abbiamo l’opportunità di capitalizzare l’attenzione che riceviamo. Quando riceviamo meno attenzione e meno visite sui nostri siti web, come possiamo sfruttare al meglio il traffico che abbiamo?
Ci sono molti modi per rafforzare la fedeltà al brand, aumentare la riconoscibilità e favorire la conversione attraverso il sito web. Spesso tutto parte da un contenuto trovato tramite Google o altri canali. Da lì, entra in gioco l’identità del brand e il tono di voce, che non riguardano solo il modo in cui scriviamo, ma anche come costruiamo un rapporto con chi ci legge.
Serve coinvolgere davvero, trovando il giusto equilibrio tra chiarezza e profondità. Se riusciamo a farlo, chi arriva sul sito potrebbe decidere di restare, esplorare e scoprire di più su di noi.
È qui che i testi del sito web stanno diventando sempre più essenziali per il marketing. Un’occasione per entrare in contatto con uno sconosciuto, guadagnare la sua fiducia e farlo sentire visto. Tutti i testi ben scritti lasciano al pubblico una sensazione positiva. Felicità, gratificazione, attenzione, entusiasmo, speranza, relax. Il vostro prodotto o servizio è lì per risolvere un problema e i contenuti che scrivete dovrebbero essere direttamente correlati ai problemi che state risolvendo.
Non è che tutti i contenuti debbano necessariamente convertire. Ma nei settori basati sui servizi, in particolare, tutti i contenuti dovrebbero avere il potenziale per portare a qualcosa di più.
Per molte aziende il problema non è teorico, è immediato. Il traffico cala oggi, i costi ci sono oggi. Esistono tattiche di breve termine (qualcuno direbbe “sporche”) per difendere visibilità e conversioni nell’immediato?
Non credo nelle tattiche “sporche”. Sì, il problema è immediato e sì, è spaventoso.
Le SERP sono sempre state caotiche, e probabilmente creare contenuti utili aumenta le possibilità di comparire nelle AI Overviews, che spesso riprendono i risultati organici della prima pagina.
Il problema è che Google non valorizza davvero i link ai siti da cui prende le informazioni: è come se scrivesse un libro usando le tue ricerche, ma le citasse in minuscole note a piè di pagina. Per questo, non sono convinta che puntare troppo sulle AIOs sia davvero una strategia efficace.
La risposta vera e onesta su cosa riserva il futuro immediato per la SEO è che non lo sappiamo. Non abbiamo abbastanza informazioni sulle AI Overviews e su AI Mode per poter prendere decisioni consapevoli nel breve termine. È importante ricordare che gli specialisti SEO AI non esistono, almeno non ancora. Tutto ciò che possiamo fare è provare, testare e dare un senso ai dati che emergono.
Sappiate che come settore stiamo lavorando e facendo ricerche. Ma un team SEO non sarà in grado di risolvere la situazione di aumento delle impressions e diminuzione dei click. Si tratta di un problema della piattaforma che esula dal nostro controllo. Tutto ciò che possiamo fare è consigliare pratiche migliori per il futuro, continuare a concentrarci sulla qualità e aumentare la conversione del traffico che stiamo ottenendo.
Stiamo attraversando un periodo di grande transizione e questo comporterà inevitabilmente alcuni problemi iniziali. Siate quindi pazienti ed empatici nei confronti delle persone che stanno combattendo una battaglia in salita per garantirvi la visibilità che desiderate nei motori di ricerca.
Costruire fiducia nel caos: la relazione con il tuo pubblico oggi conta più che mai
Non possiamo più aspettare che le cose tornino com’erano. Perché non succederà.
Il traffico organico si riduce, i click calano, la visibilità si sposta verso pochi grandi attori e verso risposte generate dalle IA. Per te che vivi di contenuti, lead e vendite, questo è un problema concreto, quotidiano. Ma restare fermi nella nostalgia non è un’opzione.
Oggi non basta più essere visibili. Serve diventare affidabili e riconoscibili, anche agli occhi delle intelligenze artificiali. Perché sempre più spesso non sono le persone a trovare i nostri contenuti direttamente, ma chatbot, assistenti vocali e sistemi di risposta basati su IA, veri e propri agenti IA, nuovi intermediari tra noi e il nostro pubblico.
I modelli generativi, gli assistenti vocali, gli agenti IA leggono il web in modo diverso da noi. Non cliccano, non scorrono, non “navigano”. Estraggono, sintetizzano, selezionano.
Ed è a loro che dobbiamo parlare. Dobbiamo costruire contenuti non solo pensati per il lettore umano, ma progettati per essere letti, interpretati e citati dalle IA.
Questo significa curare il linguaggio, certo. Ma anche la struttura. Significa usare markup coerenti, dati strutturati, contenuti organizzati semanticamente. Significa aiutare i modelli a capire chi siamo, cosa offriamo, perché siamo rilevanti.
La SEO di oggi è anche questo: rendere il nostro sito leggibile dalle macchine per restare visibili agli esseri umani. Perché, sempre più spesso, la scelta del nostro pubblico passerà attraverso un’interfaccia IA. E se non ci trova lì, non ci troverà affatto.
Ma non è solo una questione tecnica. È anche una sfida editoriale.
Serve tornare a costruire relazione, credibilità, identità. Dentro e fuori dalle SERP.
Attraverso newsletter, community, contenuti pensati per durare e per distinguersi, anche in un contesto dove tutto sembra diventare indistinto.
Sì, le conversioni contano. Sì, i risultati devono arrivare.
Ma oggi la visibilità non passa più solo per la posizione in classifica: passa per il riconoscimento algoritmico, per la coerenza narrativa, per la credibilità che sappiamo trasmettere a chi legge e a chi media l’informazione.
Non possiamo più affidarci a una singola piattaforma.
Dobbiamo costruire valore trasversale, presenza riconoscibile, segnali forti che parlino a chi decide se mostrarci o saltarci.
La partita non è chiusa. Ma si gioca su un campo nuovo.
Con regole diverse. Con interlocutori diversi. Con aspettative più alte.
Sta a noi rispondere, prima che siano altri a farlo al nostro posto.
La fiducia è tutto, peccato che l’IA la distrugga.
La fiducia, certo. Peccato che l’IA la polverizzi. Ora si naviga a vista. Un vero spasso, no?
La fiducia? Un tesoro. L’IA? Un ladro. Navighiamo a vista.
La fiducia è un concetto interessante, specialmente quando le macchine la rendono quasi obsoleta.
Un faro nella nebbia digitale. Ma la nebbia cresce. Le regole? Un miraggio.
La fiducia è un’arma a doppio taglio quando l’IA distorce la realtà.
La fiducia è un lusso che l’IA sta erodendo, lasciando il campo minato.
L’IA è una nave senza timone. Si cerca una rotta, ma il mare è agitato. Fidarsi è un lusso.
Le persone contano, sempre. ✨ Le risposte rapide non bastano. Costruire relazioni autentiche è il futuro. Non mi fido troppo di ciò che non capisco. 😉
La fiducia è tutto. 💯 L’IA è solo uno strumento. 🤖
L’IA promette scorciatoie. Ma la vera connessione umana resta l’ancora. 💡