SEO Confidential – La nostra intervista esclusiva a Barry Schwartz, fondatore di Search Engine Roundtable

L’intervista ripercorre i temi più urgenti del momento: AI Mode, Search Console, la volatilità post Core Update di Giugno 2025 e il ruolo sempre più centrale del branding per restare visibili in un ecosistema che non mostra più i numeri

Premi play per ascoltare il riassunto dell’intervista

Undicesimo appuntamento con SEO Confidential. Dopo il dialogo con Danny Goodwin nella scorsa puntata, oggi andiamo dritti al cuore del dibattito internazionale sul futuro della ricerca online, con una delle voci più seguite e autorevoli del settore: Barry Schwartz.

Fondatore di Search Engine Roundtable e direttore editoriale di Search Engine Land, Schwartz è da oltre vent’anni una delle fonti più affidabili per comprendere cosa accade davvero nei corridoi di Google. Ogni giorno analizza aggiornamenti, brevetti, comunicazioni ufficiali e comportamenti anomali dell’algoritmo, traducendoli in informazioni utili per SEO, agenzie, publisher e imprenditori digitali.

In questo momento in cui il traffico organico sembra ridursi come sabbia tra le dita, i risultati zero click diventano la norma e i contenuti generati dall’IA iniziano a monopolizzare le SERP, serve più che mai ascoltare voci capaci di leggere i segnali sotto la superficie.

SEO Confidential nasce proprio per questo: dare spazio alle opinioni, anche divergenti, di chi osserva ogni giorno il cambiamento nei motori di ricerca – o, per meglio dire, nei motori di risposta IA.

In questa intervista Barry Schwartz affronta i nodi più scottanti del presente: la trasparenza che cala, i dati che spariscono, la Search Console che evolve, il ruolo sempre più dominante del brand e le implicazioni per chi lavora ancora con modelli SEO tradizionali. Il tutto mentre AI Overviews e AI Mode ridisegnano il concetto stesso di visibilità.

Una conversazione da non perdere per chi lavora sul web, in particolare per imprenditori, professionisti e PMI che vogliono capire come affrontare i cambiamenti in corso.

Perché oggi non basta più ottimizzare le pagine: serve ripensare l’intera strategia digitale, la comunicazione e, in molti casi, il modello stesso di presenza online.

Barry Schwartz intervistato dal SEO Roberto Serra

“I SEO dovranno imparare a raccontare il valore delle menzioni, non solo dei click”, ci ha detto Barry Schwartz

Barry, nel tuo lavoro hai spesso documentato come Google stia diventando meno trasparente nel fornire dati utili ai SEO. Se Search Console non distingue tra i dati provenienti da AI Overviews e quelli generati da AI Mode, come si possono prendere decisioni informate? E come si può fare SEO se mancano i numeri?

Google è meno trasparente proprio su ciò che vuole tenere nascosto. In generale, oggi abbiamo più informazioni di prima, ma su elementi come gli snippet in primo piano, le AI Overviews o l’AI Mode, per qualche motivo – e penso che tutti sappiamo quale – Google non mostra i dati.

Google afferma che queste funzioni portano un traffico migliore e più qualificato, ma non esiste alcun modo per verificarlo. E allora come possono i SEO dimostrare il ROI ai propri clienti?

Devono basarsi sulle impressioni e impostare i report come si faceva con i media tradizionali: giornali, TV, cartelloni pubblicitari. Le menzioni del marchio diventano centrali, e i report SEO devono adattarsi a queste nuove modalità di visibilità, che oggi non possono essere tracciate.

L’introduzione del confronto sulle ultime 24 ore in Search Console offre finalmente uno strumento nativo per analisi quasi in tempo reale: secondo te può davvero aiutare i SEO a reagire più rapidamente, o si tratta solo di un contentino?

Google ha dichiarato di voler mostrare dati più aggiornati, e questo può rappresentare un vantaggio concreto, soprattutto per siti come quelli di notizie, dove è fondamentale sapere se un contenuto sta performando bene nel momento esatto in cui serve. Monitorare l’andamento delle tendenze in un intervallo di 24 ore può fare una grande differenza.

In più, avere accesso a dati freschi permette di individuare e risolvere i problemi prima che diventino danni strutturali, cosa molto utile per chi lavora con la SEO. Quindi sì, dati più tempestivi e filtri migliori sono, nel complesso, un passo avanti importante per i professionisti del settore.

Ora che le AI generano risposte sintetiche senza link visibili e danno spazio solo ai brand più riconoscibili e affidabili, ha ancora senso parlare di SEO come l’abbiamo sempre intesa? O siamo già entrati in una fase che richiede una strategia del tutto nuova, più vicina al branding che all’ottimizzazione tecnica?

Probabilmente stiamo entrando in una nuova fase, soprattutto per quanto riguarda il modo in cui i SEO devono comunicare i risultati e il ROI (ritorno sull’investimento).

Diventa fondamentale valorizzare la presenza del brand nei risultati di ricerca, anche quando non è possibile tracciare tutto fino all’ultimo click. Le menzioni del marchio, la visibilità, la riconoscibilità: sono questi gli elementi che oggi possono portare a una conversione, anche in modo indiretto.

I SEO sapranno adattarsi, come hanno sempre fatto di fronte ai cambiamenti.

Il Google Core Update di giugno 2025 ha registrato uno dei livelli di volatilità più alti degli ultimi anni, con impatti trasversali su tutti i settori. Secondo te Google sta cercando di ristabilire un nuovo equilibrio qualitativo nella SERP, oppure siamo davanti a un processo più selettivo, dove solo i brand più solidi avranno futuro?

Non ho ancora analizzato a fondo tutti i dati, ma lo farò a breve. Quel che è certo è che l’aggiornamento mi è sembrato rilevante e, in alcuni casi, ha favorito siti che erano stati penalizzati dall’aggiornamento dei contenuti utili di settembre 2023, consentendo una parziale ripresa. E questo è un segnale importante.

Resta da capire se questi segnali positivi dureranno. Chi ha guadagnato terreno? Chi, invece, ha perso visibilità?

I Core Update possono essere molto importanti per i proprietari di siti, ma spesso creano confusione: ogni progetto può rispondere in modo diverso, e quello che per Google è un aggiustamento tecnico, per qualcuno può sembrare un crollo improvviso. Non credo che siano pensati per essere radicali, ma per certi siti l’impatto può risultare comunque molto forte.

Considerando che i segnali premiati dagli algoritmi – come autorevolezza, struttura, coerenza – sono gli stessi che alimentano anche le risposte degli LLM, credi che i Core Update stiano diventando anche un modo per penalizzare chi non è utile ad AIOs e AI Mode?

Sappiamo che AI Mode e AI Overviews sono ormai pienamente integrati nella ricerca Google. Sappiamo che i Core Update hanno effettivamente un impatto sui siti utilizzati per alimentare i risultati delle AIOs.

Google, però, non parla mai di penalizzazioni quando si tratta di aggiornamenti principali. Preferisce dire che “premia” i siti che soddisfano meglio i criteri di qualità. Ma, naturalmente, chi si vede superato in classifica da un concorrente “premiato” può percepire quel cambiamento come una vera e propria penalizzazione.

Molti SEO hanno osservato un’anomalia ricorrente durante questo aggiornamento: alcuni siti hanno registrato un’impennata improvvisa di traffico proprio nei giorni precedenti a un crollo drastico. Secondo te si tratta di test intenzionali da parte di Google per raccogliere segnali prima di penalizzare, o è solo una coincidenza?

Google rilascia aggiornamenti in continuazione, e la maggior parte non viene confermata ufficialmente.

Sul mio sito monitoro regolarmente questi update non confermati e sì, prima dell’aggiornamento ufficiale di giugno 2025 c’è stata una forte volatilità.

Ho chiesto più volte chiarimenti a Google, e la risposta è sempre stata la stessa: gli aggiornamenti che si verificano nei giorni precedenti a un Core Update ufficiale non sono collegati a quest’ultimo.

Certo, avrebbe senso pensare che Google faccia dei test, ma se lo fa, probabilmente li conduce settimane o mesi prima, non nell’immediata vigilia di un aggiornamento principale.

Barry, l’arrivo di browser come Comet e l’imminente lancio di Operator da parte di OpenAI sembrano spingere la ricerca fuori da Google e dentro ambienti chiusi, basati su IA. Secondo te, quanto è concreto il rischio che Chrome non sia più dominante nei prossimi anni?

Il vero rischio per Chrome non viene da questi nuovi browser, ma dalle eventuali misure Antitrust che potrebbero essere introdotte in futuro.

Non credo che una start-up come Perplexity possa davvero erodere la quota di mercato di Chrome in modo significativo. Anche perché le funzionalità basate sull’intelligenza artificiale offerte da questi nuovi browser possono essere replicate facilmente da Google, se e quando lo riterrà necessario.

Avremo mai una sorta di AI Search Console per misurare impression, contenuti letti e click all’interno delle risposte IA? Pensi che le piattaforme come Perplexity o ChatGPT adotteranno mai uno strumento del genere, o è più probabile che continuino a operare in totale opacità per non intaccare il loro vantaggio competitivo?

Sarebbe fantastico avere una Search Console o degli Strumenti per i webmaster per ChatGPT, Perplexity e, sì, anche per l’AI Mode di Google.

Glenn Gabe ha recentemente pubblicato un post al riguardo…

Accadrà? Forse un giorno, ma al momento non credo che sia una priorità per nessuno di loro.

Tutti sono concentrati sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale e sul test delle nuove interfacce utente per la ricerca IA. In questo contesto, investire in strumenti di misurazione per i publisher non sembra al centro dell’agenda.

Con il modello “Pay per Crawl” proposto da Cloudflare, si apre la possibilità di far pagare l’accesso ai contenuti utilizzati per addestrare le IA. Secondo te è una strada davvero praticabile per editori e creatori, o chi si rifiuta di essere ‘saccheggiato gratis’ rischia di sparire dalle risposte generate dai modelli linguistici?

Sono molto curioso di vedere se l’iniziativa di Cloudflare avrà un impatto concreto.

A livello personale, non mi interessa se i motori di intelligenza artificiale usano i miei contenuti, anche perché non vivo dei ricavi derivanti da ciò che scrivo. Ma per la maggior parte dei siti capisco perfettamente le loro preoccupazioni, e credo che meritino di essere ricompensati se i loro contenuti vengono utilizzati per addestrare questi sistemi.

Il rischio, però, è reale: i siti che scelgono di bloccare i crawler delle IA, soprattutto i più piccoli, potrebbero perdere visibilità. È una situazione molto delicata per molti editori, e sono contento che almeno qualcuno – come Cloudflare – stia cercando di proporre soluzioni alternative.

Gli ultimi dati mostrano che Google è ancora, di gran lunga, la principale fonte di traffico per la maggior parte dei siti, mentre i motori di risposta basati su IA generano meno dell’1%.

Domanda maliziosa: il vero rischio oggi è inseguire troppo presto le mode dell’intelligenza artificiale dimenticando i fondamentali che continuano a garantire visibilità reale?

Sì, se guardiamo solo ai numeri, è una preoccupazione fondata. Ma Google ha già dichiarato che l’AI Mode è il futuro della ricerca.

L’intelligenza artificiale sta già cambiando e continuerà a cambiare in profondità il funzionamento delle SERP. Per questo motivo, i professionisti del search marketing devono restare aggiornati, testare, sperimentare e iniziare a investire tempo su questi nuovi ambienti, anche se oggi pesano solo per l’1% del traffico.

Io penso che abbia senso dedicare almeno il 10% del proprio tempo a questo 1% di traffico, perché è destinato a crescere. E quando quel traffico aumenterà, l’investimento dovrà seguire lo stesso ritmo: dal 10% passeremo al 20, poi al 50, e così via.

Dal posizionamento al riconoscimento: il nuovo paradigma SEO parla la lingua dei brand

L’intervista con Barry Schwartz solleva un interrogativo che riguarda tutti: ha ancora senso parlare di SEO come l’abbiamo conosciuta?

Mentre Google è sempre più opaco, gli aggiornamenti sono frequenti ma ambigui, e il traffico sembra spostarsi verso risposte sintetiche senza fonte visibile, l’intero sistema di riferimento si sta trasformando.

Da un lato, Search Console introduce strumenti più tempestivi e granulari, che potrebbero aiutare chi lavora su contenuti attuali o news. Dall’altro, la visibilità organica inizia ad assomigliare a una pubblicità istituzionale: si investe per esserci, anche se non si può misurare tutto.

Barry sottolinea un passaggio fondamentale: i SEO dovranno imparare a raccontare il valore delle menzioni, dell’autorevolezza percepita, della presenza costante anche in assenza di click.

Un concetto che sfuma i confini tra ottimizzazione tecnica e branding, tra tracciabilità e intuizione, tra strategia SEO e strategia reputazionale.

C’è chi spera in una futura AI Search Console capace di restituire visibilità ai contenuti consultati all’interno delle risposte IA. Ma intanto, le nuove dinamiche premiano chi ha già un nome forte, una struttura solida, una voce riconoscibile. In questo scenario, le PMI e gli editori minori rischiano di restare invisibili, se non si rivolgono a consulenti SEO aggiornati.

La domanda a questo punto è: quale forma deve assumere la SEO per restare vitale?

Una forma più fluida, più trasversale, capace di abitare anche spazi senza URL visibili. E soprattutto, una SEO che sappia dialogare con l’intelligenza artificiale, non solo subirla.

Perché il futuro della ricerca non è più una lista di link blu, ma un ambiente interattivo, predittivo, conversazionale. Un futuro che non aspetta nessuno, e che cambia direzione come un camaleonte sotto l’arcobaleno.

Ok, ringraziamo Barry per la sua disponibilità e per gli utili insights.

SEO Confidential torna la prossima settimana con un nuovo ospite e altre domande scomode ai più autorevoli esponenti della comunità SEO.

#avantitutta

Roberto Serra

Mi chiamo Roberto Serra e sono un digital marketer con una forte passione per la SEO: Mi occupo di posizionamento sui motori di ricerca, strategia digitale e creazione di contenuti.

7 commenti su “SEO Confidential – La nostra intervista esclusiva a Barry Schwartz, fondatore di Search Engine Roundtable”

  1. Isabella Sorrentino

    Finalmente qualcuno che guarda oltre la superficie, senza perdersi nei tecnicismi inutili. La SEO sta diventando più una questione di buon senso che di trucchetti.

  2. Francesco De Angelis

    Ottimo! ✨ Barry sempre sul pezzo. L’AI Mode cambia le carte in tavola. 💡 Il branding è la nuova frontiera per la visibilità. 🚀

    1. Beatrice Benedetti

      L’AI Mode è un game changer, ma il branding rimane il pilastro per non sparire nel nulla. Certo, la volatilità post update è un casino, ma se il brand è solido, si naviga a vista.

    1. Renato Graziani

      Un punto di vista illuminante! 🌟 La visione di Barry su come il branding possa guidare nel cambiamento è pura ispirazione. ✨ Grazie per aver condiviso queste perle. 🌱

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